San Giustino prega per noi – 1 giugno

Giustino nacque a Sichem, in Samaria, nel II secolo dopo Cristo, ma era probabilmente di origine romana. Giovane quieto, aveva cercato attraverso lo studio della filosofia la verità e con essa la felicità, senza peraltro raggiungerla. Si ritirò allora nel deserto, dove incontrò un vecchio saggio al quale confidò i suoi tormenti. “Leggi i profeti, leggi il Vangelo – gli suggerì il vecchio – e troverai quello che cerchi”.

Giustino li lesse e la grazia di Dio gli illuminò la mente e gli riscaldò il cuore. Giustino non rinnegò per questo la filosofia, anzi trasse da essa motivi per dimostrare la ragionevolezza de cristianesimo: lo fece scrivendo una celebre Apologia e sostenendo accesi dibattiti con i più filosofi del tempo. L’eco della sua attività giunse all’orecchio del prefetto di Roma, impegnato in una dura persecuzione contro i cristiani. Così Giustiniano venne processato. “Ho studiato tutte le scienze, ma solo nella dottrina dei cristiani religiosamente seguiti ho trovato la verità” rispose al prefetto che lo interrogava. E poiché non si scostò di un passo dalla professione di fede pronunciata, venne condannato a morte. Fu decapitato, dopo aver subito il tormento e l’ingiuria della flagellazione.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Giustino, martire, che, filosofo, seguì rettamente la vera Sapienza conosciuta nella verità di Cristo: la professò con la sua condotta di vita e quanto professato fece oggetto di insegnamento, lo difese nei suoi scritti e testimoniò con la morte avvenuta a Roma sotto l’imperatore Marco Aurelio Antonino. Infatti, dopo aver presentato all’imperatore la sua Apologia in difesa della religione cristiana, fu consegnato al prefetto Rustico e, dichiaratosi cristiano, fu condannato a morte.

Nome: San Giustino
Titolo: Martire
Nascita: II secolo, Sichem
Morte: II secolo, Roma
Ricorrenza: 1 giugno
Tipologia: Commemorazione
Patrono di: San Giustino, Valentano, Ponzone, Rocca Sinibalda
Protettore: filosofi

Visitazione di Maria – 31 maggio

Quando la Vergine seppe dall’Arcangelo Gabriele che era prossima a divenire madre del Precursore, fu stimolata interiormente dallo Spirito Santo a recarsi alla casa di sua cugina S. Elisabetta, in dolce attesa del Giovanni Battista, per apportarvi i primi frutti della redenzione. Il viaggio da Nazareth, dove abitava la SS. Vergine, fino alla città di Ebron dove stava Elisabetta era di 69 miglia circa. Le montagne e la cattiva stagione rendevano più incomodo tale percorso. Tuttavia la B. Vergine si pose in cammino con sollecitudine, come nota il Vangelo, spinta da quella grande carità che ardeva nel suo cuore. Ella incominciava allora la sua missione di dispensiera di tutte le grazie.

Giunta alla casa di Elisabetta, Maria fu la prima a porgere il saluto alla cugina, ed apportò in quella casa grazie straordinarie: S. Giovanni Battista fu liberato dal peccato originale, Zaccaria riebbe la parola, S. Elisabetta ricevette l’abbondanza dei doni dello Spirito Santo ed alla vista della Vergine esclamò: « Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto ».

Maria, in risposta, pronunciò lo stupendo cantico del Magnificat, la più degna lode che Dio ricevesse dalla bocca della sua santa Madre, e che la Chiesa fa recitare ogni giorno ai sacerdoti nell’Ufficio divino.

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore

perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. continua >>

Con questo cantico Maria loda Iddio di averla arricchita di tali privilegi; predice la sua gloria nell’avvenire: profetizza che il Salvatore del mondo umilierà i superbi ed esalterà gli umili e spanderà la sua misericordia in tutti i secoli fino alla fine del mondo.

Secondo il S. Vangelo, Maria si trattenne per tre mesi nella casa di S. Elisabetta. In questo tempo Ella prestò alla cugina tutti i più umili servizi, con una bontà che solo la madre di Dio poteva avere.

Come fu ripiena di grazia la famiglia di Elisabetta alla visita di Maria, così può chiamarsi beata l’anima devota di Maria. Maria non solo protegge i suoi devoti, ma, come dice un santo, li serve. Dove vi è l’amore a Maria vi è ogni bene, perchè Ella porta con sè Gesù, vera pace dell’anima.

PRATICA. Sull’esempio di Maria proponiamo di essere umili e caritatevoli verso il prossimo.

PREGHIERA. — Deh! Signore, accorda ai tuoi servi il dono della grazia celeste, affinchè come il parto della B. Vergine fu loro principio di salvezza, così la solennità della sua Visitazione aumenti la loro pace.

MARTIROLOGIO ROMANO. Visitazione della beata Vergine Maria ad Elisabetta.

Nome: Visitazione della Beata Vergine Maria
Titolo: Visita di Maria a Elisabetta
Ricorrenza: 31 maggio
Tipologia: Festa
Patrona di: Matera, Enna, Caronno Pertusella, Bagnolo Mella, Due Carrare, Subbiano, Vestone, Montello, Bressanvido, Castorano >>> altri comuni

Ss. Trinità prega per noi – 30 maggio

La Chiesa, dopo aver stabilite diverse feste che onorano le singole Persone della Santissima Trinità, ne fissò pure una in onore delle Tre Persone.

Questa festa fu istituita nei primi secoli del Medio Evo per opera specialmente dei monaci che cominciarono a celebrarla nei loro monasteri. Di qui si estese man mano alle singole diocesi e finalmente all’intera Chiesa Romana per opera di Papa Giovanni XXII che nel 1314 la dichiarava festa universale, fissandola la prima domenica dopo Pentecoste.

« Abbiamo visto, dice il Guéranger, gli Apostoli il di della Pentecoste ricevere lo Spirito Santo, e fedeli all’ordine del loro Divino Maestro, mettersi in viaggio per andare ad ammaestrare le nazioni nel nome della Santissima Trinità. Era dunque conveniente che la festa di Dio Uno e Trino seguisse immediatamente la Pentecoste cui si connette con misterioso vincolo ».

La festa della Trinità è una festa cara e gradita a tutti i cristiani perché ricorda il più grande mistero della nostra religione: « Un Dio solo in tre persone uguali e distinte »; questo dogma che è il grande oggetto della nostra adorazione in vita, sarà poi la nostra eterna felicità in cielo.

La Messa ed il Breviario sono un continuo sueccedersi di invocazioni alla Santissima Trinità.

Così tutti i Sacramenti portano la medesima invocazione. L’intenzione quindi della Chiesa nell’avere tutta impregnata la Sacra Liturgia del nome della Santissima Trinità è di far vivere nelle menti dei fedeli questo mistero e di far rinnovare in essi i sentimenti di una profonda adorazione, di una umile riconoscenza verso le Tre Persone.

Verso il Padre, come principio di tutto ciò che è, Padre di un Figlio eterno e con sostanziale a Lui, Padre che col Figlio è principio dello Spirito Santo.

Verso il Figlio, generato ab aeterno dal Padre, incarnatosi, morto sulla croce per la salvezza degli uomini.

Verso lo Spirito Santo, come amore eterno e sostanziale del Padre e del Figlio dai quali procede, e da Essi dato alla Chiesa, che santifica, vivifica, mediante la carità che si diffonde nei nostri cuori.

Nessun altro mistero è tanto ricordato nella Liturgia come questo. Nei Sacramenti che sono i principali mezzi della grazia si fa menzione della Santissima Trinità.

Nel Battesimo, il bambino viene battezzato nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo. Nella Cresima si ha la formula: « Ti segno col segno della croce, ti confermo col crisma della salute nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo ».

Dopo la distribuzione della Santissima Eucarestia il sacerdote benedice nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo.

Al confessionale il sacerdote comincia colla benedizione e dà l’assoluzione nel nome della Santissima Trinità.

Soventissimo invocato, nel Sacramento dell’Ordine.

Nel matrimonio il sacerdote congiunge gli sposi nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo.

In tutti gli inni, in tutti i salmi, in tutte le preghiere della Messa son ricordate le Tre Persone: è una lode perenne che si dà alla Santissima Trinità.

PRATICA. Facciamo sovente il segno della santa croce, recitiamo bene il Gloria al Padre e al Figliuolo e allo Spirito Santo.

PREGHIERA. Ci giovi alla salvezza dell’anima e del corpo, o Signore Dio nostro, la comunione di questo sacramento, la confessione della sempiterna e santa Trinità e della stessa individua unità.

MARTIROLOGIO ROMANO. Solennità della santissima e indivisa Trinità, in cui professiamo e veneriamo Dio uno e trino e la Trinità nell’unità.

Nome: Santissima Trinità
Titolo: Il Padre il Figlio e lo Spirito Santo
Ricorrenza: 30 maggio
Tipologia: Solennità
Patrono di: Novate Mezzola, Arquà Petrarca, Osasio, Argegno, Irma, Balme, Trinità d’Agultu e Vignola

San Paolo VI prega per noi – 29 maggio

Giovanni Battista Montini nacque a Concesio, presso Brescia, il 26 settembre 1897. da famiglia agiata. Suo padre era avvocato, redattore politico e deputato parlamentare; la madre, verso la quale il figlio nutriva molto affetto, aveva un profondo senso religioso. Timido e di salute delicata, ma amante dei libri, seguì gli studi presso il seminario diocesano; fu ordinato sacerdote il 29 maggio 1920 e prosegui gli studi universitari a Roma.

Dal 1922 ebbe incarichi nella segreteria di stato del Vaticano e per un breve periodo (maggio-novembre 1923) nella nunziatura di Varsavia, che fu poi costretto a lasciare per motivi di salute. Svolse un servizio intenso e costante presso la segreteria di stato dedicando le ore di libertà, dal 1924 al 1933, al movimento cattolico studentesco; dal 1931 insegnò storia diplomatica nell’accademia pontificia per coloro che erano avviati a tale carriera. L’8 luglio 1931 fu nominato prelato domestico di sua santità e il 13 dicembre 1937 sostituto alla segreteria di stato allora sotto la direzione del cardinale Eugenio Pacelli,

Quando questi salì al trono pontificio nel 1939, G.B. Montini continuò a lavorare in stretto contatto con lui e nel 1944 ricevette la direzione degli affari interni della chiesa. Divenuto prosegretario di stato nel novembre del 1952, il 1 novembre 1954 fu nominato arcivescovo di Milano, una diocesi molto vasta dove si agitavano innumerevoli problemi sociali. Questa nomina è stata interpretata come segno di non apprezzamento da parte del papa nei suoi confronti.

Considerandosi l’«arcivescovo dei lavoratori», sempre però accompagnato dalle sue ormai leggendarie novanta casse di libri, egli si gettò con instancabile energia nel nuovo campo di lavoro: desiderava far rifiorire la diocesi devastata dalla guerra e riconquistare le masse operaie che si erano allontanate dalla chiesa. Nel novembre del 1957 svolse per tre settimane un’intensa opera missionaria che mirava a raggiungere ciascuna parrocchia della città, ma il suo zelo nel settore missionario — e in quello diocesano — non ebbe il successo desiderato. Trovò anche il tempo di tentare nuove vie nel campo dell’unità cristiana, aprendo, per citare un esempio, un dialogo con un gruppo di anglicani nel 1956.

Il 5 dicembre 1958 Giovanni XXIII, nel suo primo concistoro, lo nominò cardinale: una nomina ovvia, e tuttavia sempre evitata da Pio XII nonostante ripetuti appelli da parte dei milanesi. Come confidente del papa ebbe una parte notevole nei preparativi per il concilio Vaticano II (19621965); il suo atteggiamento verso la prima sessione (11 ottobre – 8 dicembre 1962), nella quale parlò solo due volte, fu riservato, quasi critico.

Durante quegli anni viaggiò molto, visitando l’Ungheria (1938), gli Stati Uniti d’America (1951 e 1960), Dublino (1961) e l’Africa (1962). Nel conclave del giugno 1963, al quale parteciparono ottanta cardinali fino a quel momento il più grande conclave della storia, nel quinto scrutinio venne eletto successore di Giovanni. Scelse un nome che suggeriva una grande apertura apostolica.

Paolo, che aveva vissuto in profonda intimità di intenti con il suo predecessore, assicurò immediatamente (22 giugno) che avrebbe continuato il concilio Vaticano II, interrotto dalla morte di Giovanni XXIII; intendeva anche rivedere il diritto canonico, promuovere la giustizia nella vita civile, sociale e internazionale e lavorare inoltre per la pace e per l’unità dei cristiani tema che gli sarebbe divenuto sempre più caro.

Aprì la seconda sessione del concilio il 29 settembre 1963 introducendo importanti riforme procedurali tra l’altro l’ammissione di laici come uditori, la nomina di quattro moderatori e una più discreta formulazione delle norme di segretezza e la chiuse il 4 dicembre 1963 promulgando la Costituzione sulla sacra liturgia e il Decreto sui mezzi di comunicazione sociale.

Fra il 4 e il 6 gennaio 1964 fece un pellegrinaggio aereo senza precedenti in Terra Santa, incontrando a Gerusalemme il patriarca ecumenico Atenagora I. Dopo aver annunciato (6 settembre) che le donne, religiose o laiche, potevano partecipare al concilio come uditrici, aprì la terza sessione il 14 settembre 1964; la chiuse il 21 novembre promulgando la Costituzione sulla Chiesa (con l’aggiunta di una nota che spiegava la collegialità dei vescovi, cioè la dottrina secondo cui i vescovi formano un collegio che, agendo di comune accordo e non indipendentemente dal suo capo, il papa, ha la suprema autorità nella chiesa); promulgò pure il Decreto sull’Ecumenismo (di cui modificò di propria autorità alcuni passi) e il Decreto sulle chiese orientali cattoliche; inoltre proclamò la B.V. Maria «madre della chiesa», nonostante i padri non fossero tutti d’accordo. Durante l’intervallo tra le sessioni conciliari si recò in volo (25 dicembre 1964) a Bombay per il congresso eucaristico internazionale.

Nella quarta e ultima sessione del concilio (14 settembre8 dicembre 1965), durante la quale si recò in volo a New York (4 ottobre) a perorare per la pace davanti alle Nazioni Unite, Paolo si impegnò a costituire un sinodo permanente di vescovi con poteri tanto deliberativi quanto consultivi.

Prima della messa del 7 dicembre fu letta pubblicamente una dichiarazione comune del papa e del patriarca Atenagora I, che deplorava i reciproci anatemi pronunciati dai rappresentanti delle chiese d’Occidente e d’Oriente a Costantinopoli nel 1054 e lo scisma che ne era derivato; il giorno dopo, Paolo confermò solennemente tutti i decreti del concilio e proclamò un giubileo straordinario (1 gennaio29 maggio 1966) da dedicare alla riflessione e al rinnovamento nella luce delle dottrine conciliari.

Subito dopo, cominciò a mettere in opera le deliberazioni del concilio con grande coraggio e anche con un’acuta consapevolezza degli ostacoli che potevano frapporsi alla loro attuazione; torna a suo favore il fatto che riuscì a guidare la chiesa attraverso un periodo di cambiamenti rivoluzionari evitando uno scisma.

Istituì diverse commissioni post-conciliari (per esempio commissioni per la revisione del breviario, del lezionario, dell’ordo missae, della musica sacra e del diritto canonico) e approvò la sostituzione del latino con la lingua volgare con intrepida determinazione. Riorganizzò la curia e le finanze del Vaticano sia nell’amministrazione che negli investimenti e confermò i segretariati permanenti per la promozione dell’unità dei cristiani, per le religioni non-cristiane e per i non-credenti.

Mirando all’ecumenismo ebbe incontri con l’arcivescovo di Canterbury (Michael Ramsey) a Roma (24 marzo 1966) e con il patriarca ecumenico Atenagora I a Istanbul (25 luglio 1967) e a Roma (26 ottobre 1967). Nel maggio del 1974 raggiunse in aereo Fàtima in Portogallo per visitare il santuario della B.V. Maria su invito personale Suo, come affermò e pregare per la pace.

Fra le sue encicliche sono da ricordare la Mysterium fidei (3 settembre 1965), che preparava il terreno alla riforma liturgica e riconfermava la tradizionale dottrina eucaristica; la Populorum progressio (26 marzo 1967), chiara difesa della giustizia sociale; la Sacerdotalis eoelibatus (24 giugno 1967), che insisteva sulla necessità del celibato ecclesiastico; l’ Humanae vitae (25 luglio 1968), che condannava i metodi artificiali di controllo delle nascite, e la Matrimonia mixta (31 marzo 1970). Mentre quest’ultima permetteva modeste deroghe alle regole per i matrimoni misti, che però non soddisfecero molto i cristiani non romani, 1′ Humanae vitae non trovò l’accoglienza sperata; vi contribuì anche il fatto che la maggioranza della commissione pontificia, nominata nel 1963 per esaminare la questione, si era pronunciata in favore della contraccezione, in determinate circostanze.

Il 6 agosto 1968 la conferenza di Lambeth dei vescovi anglicani respinse l’enciclica; Paolo VI rimase decisamente convinto della giustezza della propria decisione, ma la critica reazione internazionale lo scosse profondamente. Dopo il 1968 alcuni avvertirono un’ombra sempre più cupa sul suo pontificato. Paolo VI parve ritirarsi in se stesso, preoccupato da fenomeni come il terrorismo internazionale e da tensioni all’interno della chiesa per esempio la crescente richiesta del matrimonio per i chierici, la provocante resistenza del vescovo Marcel Lefebvre e di altri alle riforme liturgiche, le lotte fra tradizionalisti e progressisti e anche i segni della comparsa di un nuovo tipo di modernismo.

Nel 1974 si parlò di una sua possibile rinuncia al papato; ma, pur essendo reale, il suo malessere interiore può essere stato sopravvalutato. In questi stessi anni si assistette ad alcuni dei più sensazionali viaggi internazionali del «papa pellegrino».

Nel giugno del 1969 Paolo andò a Ginevra per pronunziare un discorso all’Organizzazione internazionale del lavoro e al Consiglio mondiale delle chiese; in luglio visitò l’Uganda per onorare i martiri di quel paese; nell’aprile del 1970 si recò in Sardegna per onorare Nostra Signora di Bonaria, e fra il novembre e il dicembre del 1970 fu nell’estremo Oriente, dove, a Manila, sfuggì a un attentato.

Il 25 ottobre 1970 canonizzò, nonostante che all’inizio gli anglicani mossero proteste, quaranta martiri cattolici inglesi e gallesi del XVI e XVII secolo; inoltre proclamò dottori della chiesa Santa Teresa d’Avila (15151582) e Santa Caterina da Siena (13471380), le prime donne che ricevettero questo titolo.

Nel medesimo anno fissò l’età per le dimissioni dei preti e dei vescovi (settantacinque anni) e dichiarò che i cardinali ultraottantenni non potevano essere più ammessi al governo della curia.

Per promuovere la collegialità da lui sostenuta purché non violasse il primato del papa convocò sinodi episcopali internazionali nel 1971 (sul sacerdozio), nel 1974 (sull’evangelizzazione) e nel 1977 (sulla catechesi). Nell’aprile del 1972 Paolo VI e l’arcivescovo di Canterbury (Donald Coggan) emisero una dichiarazione comune che prometteva un lavoro concorde per la riunione delle chiese, ma non faceva menzione dell’intercomunione richiesta dall’arcivescovo.

Forse l’eredità più importante che Paolo VI lasciò alla chiesa, e che portò a compimento in questa fase conclusiva del suo pontificato, fu il costante ampliamento e l’internazionalizzazione del sacro collegio. Questo, al momento della sua elezione, contava circa ottanta membri, ma nel 1976 il numero era salito a centotrentotto; inoltre i membri italiani erano divenuti una piccola minoranza e vi erano molti rappresentanti del terzo mondo. Pur non riuscendo gradito a tutti, Paolo aveva un carisma per i gesti significativi; tuttavia non si può determinare con sicurezza l’orientamento complessivo dei suoi interventi: Giovanni XXIII lo aveva definito «un po’ come Amleto». Infatti vi fu in lui contrasto fra la visione progressista e la diffidenza verso ogni innovazione che potesse minare l’integrità e l’autorità della dottrina della chiesa.

Esaltò costantemente il mistero della fede e il distacco dal mondo terreno che essa implicava; ebbe anche timore di tutto ciò che potesse orientare il pensiero umano verso il naturalismo scientifico.

Una sua notevole iniziativa fu la riduzione della pompa e delle cerimonie papali; per soccorrere i poveri vendette anche la tiara che gli era stata donata al momento dell’elezione.

Nel suo ultimo anno di vita fu profondamente turbato dal rapimento e dall’assassinio (9 maggio 1978) dello statista democristiano Aldo Moro, suo grande e fedele amico; l’ultima volta che comparve in pubblico fu per presiedere al suo funerale in San Giovanni in Laterano. Ammalatosi poi di artrite e colpito da un attacco cardiaco mentre si celebrava la messa presso il suo capezzale, morì a castel Gandolfo il 6 agosto, festa della Trasfigurazione.

Venerabile dal 20 dicembre 2012, dopo che papa Benedetto XVI ne aveva riconosciuto le virtù eroiche, è stato beatificato il 19 ottobre 2014 e proclamato santo il 14 ottobre 2018 da papa Francesco.

Nome: San Paolo VI
Titolo: Papa
Nascita: 26 settembre 1897, Concesio, Brescia
Morte: 6 agosto 1978, Castel Gandolfo, Roma
Ricorrenza: 29 maggio
Tipologia: Commemorazione

San Germano di Parigi prega per noi – 28 maggio

Visse al tempo dei Merovingi. Ebbe come amico e biografo l’ultimo grande poeta di lingua latina, Venanzio Fortunato. Svolse un ruolo decisivo nel consolidamento della Chiesa e della monarchia in Francia.

Germano nacque ad Autun, in Borgogna, verso la fine del V secolo da famiglia agiata che gli garantì una buona formazione culturale e religiosa.

Ordinato diacono e sacerdote, nel 540 venne scelto dal vescovo Nettarlo come abate del monastero di San Sinforiano. Due i tratti caratteristici del suo governo monastico: una forte pratica ascetica nella vita quotidiana; e l’attenzione per i poveri, cui destinava parte dei beni del monastero, suscitando la protesta di alcuni monaci per l’eccessivo rigore.

Nel 555 venne nominato vescovo di Parigi dal re Chilperico. Tre anni dopo consacra la Chiesa costruita dal sovrano alle porte della città dedicandola al martire spagnolo san Vincenzo. Accanto alla Chiesa fonda un grande monastero facendovi venire dei monaci da San Sinforiano. Il sostegno del re gli consente di dare impulso alle opere di carità e di promuovere nuove fondazioni di chiese e monasteri. Venanzio parla di una nobile gara di generosità tra il re e il vescovo.

Nulla può, invece, nella sanguinosa falda che oppone i figli dopo la morte del re. il suo appello alla pace resta inascoltato. Muore in tarda età nel 576 ed è subito venerato come santo. Due secoli dopo, nel 756, Pipino il Breve fa solennemente traslare il suo corpo sotto l’altare maggiore della chiesa di San Vincenzo che da quel momento diventa Saint-Germain des-Prés, appena al di fuori della cinta muraria parigina. Sempre alle prese con i re, san Germano è ricordato soprattutto per il suo amore per i poveri.

PRATICA. Rispettiamo e veneriamo le immagini sacre.

PREGHIERA. Fa’, te ne preghiamo, Dio onnipotente, che la veneranda solennità del tuo confessore e Pontefice Germano ci accresca la devozione e ci assicuri la salvezza.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Parigi in Francia, san Germano, vescovo, che fu dapprima abate di San Sinforiano di Autun e, eletto poi alla sede di Parigi, mantenne uno stile di vita monastico, dedicandosi a una fruttuosa opera di cura delle anime.

Nome: San Germano di Parigi
Titolo: Vescovo
Nascita: fine del V secolo, Autun, Francia
Morte: 28 maggio 576, Parigi, Francia
Ricorrenza: 28 maggio
Tipologia: Commemorazione

Sant’ Agostino di Canterbury prega per noi – 27 maggio

Volgeva l’anno 596 quando i Sassoni, gli Angli e gli Juti, popoli germanici pagani, cacciati i Bretoni occuparono l’odierna Inghilterra. Angli sunt? Angeli fiant!, disse San Gregorio Magno. Non potendo andarvi lui stesso salito al Pontificato, scelse un gagliardo manipolo di suoi monaci benedettini e li inviò alla conquista dei conquistatori. Capo di questo eroico manipolo era Agostino, priore del monastero di SantAndrea. Giunti in Francia, atterriti dalle relazioni loro fatte, si arrestarono spaventati.

Il Papa, anima grande, li rincorò e quei missionari rianimati, con alcuni francesi per interpreti, approdavano nel 597 all’isola di Thanet in numero di quaranta.

Agostino notificò la sua venuta ad Etelberto, re di Kent, il più potente re dell’eptarchia. Questi andò a visitarli in quell’isola e dopo familiari conversazioni: « I vostri discorsi, disse, sono assai belli, lusimsbiere e magnifiche le promesse, ma sembrano un po’ incerte. Però non sarà permesso che siate molestati; predicate pure liberamente ai miei popoli ». Li condusse nella capitale Canterbury dove li provvide di tutto quanto abbisognavano.

Quegli ardenti figli di San Benedetto si erano preparati alla missione con veglie, austerità, digiuni e ferventi preghiere ed ora erano pronti a suggellare col sangue la loro fede. Alla loro infuocata parola, fecondata dallo Spirito Santo, le genti accorrevano in folla, abbandonavano le loro superstizioni e venivano battezzate. La conversione del re (che poi si fece santo) fu seguita da quella di un’innumerevole moltitudine di sudditi. Nel Natale del 597 diecimila furono i rigenerati alla grazia nelle acque battesimali del Tamigi.

Poco appresso Agostino, invitato dal Papa, passò in Francia per essere consacrato vescovo ad Arles. Nel 601, il Papa gli mandò il pallio e lo costituì metropolita d’Inghilterra.

Agostino scriveva spessissimo a Roma per informare il Papa e consigliarsi in ogni contingenza.

Favorito del dono dei miracoli, attirava le moltitudini alla croce, e la fede progrediva mirabilmente di giorno in giorno. Alla sua prima visita pastorale, fu accolto ovunque con entusiasmo.

Volle pure arrivare ai Bretoni, i quali cacciati dagli invasori, come dicemmo, si erano ritirati sulle montagne del Galles. Essi erano cristiani, però avevano degenerato. Agostino, giunto alla loro frontiera, chiamò a concilio i loro vescovi e sacerdoti: costoro con varie pretese vollero che si convocasse un Sinodo generale: Agostino acconsentì, ma essi si ostinarono nei loro errori, onde Agostino, piangendo, predisse il loro sterminio. Finalmente, estenuato dalle fatiche apostoliche, volava al cielo il 28 maggio del 607.

PRATICA. Tre quarti degli uomini sono ancora nelle tenebre dell’idolatria e della superstizione. Preghiamo e aiutiamo le opere missionarie.

PREGHIERA. O Signore, che con la predicazione e i miracoli del tuo beato confessore e vescovo Agostino, ti sei degnato illuminare della luce della vera fede la Nazione inglese, concedi, te ne preghiamo per la sua intercessione, che i cuori degli erranti ritornino all’unità della vera fede, e noi restiamo fedeli alla tua santa volontà.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Canterbury, in Inghiltérra, sant’Agostino Vescovo e Confessore, il quale, mandato là insieme con altri dal beato Gregório Papa, predicò agli Inglesi il santo Vangelo di Cristo, ed ivi, glorioso per virtù e per miracoli, si riposò nel Signore. La sua festa si celebra il ventotto di questo mese.

Nome: Sant’ Agostino di Canterbury
Titolo: Vescovo
Nascita: 13 novembre 534, Roma
Morte: 26 maggio 604, Canterbury, Inghilterra
Ricorrenza: 27 maggio
Tipologia: Commemorazione

San Filippo Neri prega per noi – 26 maggio

Nacque a Firenze da ricca famiglia nel 1515. Ebbe un carattere singolarmente mite, così da essere chiamato “Pippo il Buono”.

Studiata umanità, per poter farsi sacerdote rinunziò all’eredità dello zio e partì per Roma, ove fu accolto da un suo concittadino. Visse in questa famiglia vita illibata e mortificata, cautissimo nello stringere amicizie. Il demonio gli suscitava violenti moti della carne, che egli vinceva coll’orazione e coi digiuni, fin che il Signore in premio di tanta lotta gli concesse la grazia di esserne per sempre immune.

Finiti gli studi e fatto sacerdote, si diede con tutte le forze alla propria santificazione.

Favorito della più sublime contemplazione, le ineffabili dolcezze spirituali lo facevano esclamare: « Basta, Signore, basta! perchè questo mio cuore è sì piccolo per amare Voi così amabile! ».

Amava molto i poveri ed era di continuo a contatto con il popolo; visitava gli ammalati nelle loro case e negli ospedali, e li serviva di giorno e di notte. Però prediligeva i giovani, e la sua stanza era divenuta il loro ritrovo gradito. La sua parola era ricca di facezie e comunicava agli astanti l’allegria santa che traboccava dal suo cuore: i suoi detti ai giovani sono passati alla posterità come proverbi di grande sapienza.

Nella celebrazione della santa Messa era spesso rapito in dolci estasi, sollevato in aria e circonfuso da ogni parte di luce celestiale: un angelo in carne!

Al confessionale passava le intere giornate ed era tanta la sua abilità che non andava a lui peccatore, per ostinato che fosse, senza rimettersi sulla retta via; taluni appunto lo evitavano per non avere a convertirsi!

Il Signore lo visitò anche con prove e contrarietà gravissime: fino allo scherno sopra le sue opere di bene, fino alla calunnia più vile, fino alla ribellione di qualcuno dei suoi confratelli; prove che egli vinceva colla dolcezza e colla confidenza filiale in Dio.

A S. Maria della Vallicella fondò la Congregazione dell’Oratorio che di tanto aiuto fu ed è alla Chiesa nell’educazione della gioventù.

Filippo, semplice ed umile, rifuggì sempre gli onori e dignità ecclesiastiche, più volte offertegli. E Dio lo favorì col dono della profezia, dei miracoli e con frequenti visioni.

Morì il 26 maggio del 1595, in età di anni 80. I medici gli trovarono due costole adiacenti al cuore inarcate a causa dei violenti battiti di amor di Dio.

CITAZIONE. State buoni se potete.

PRATICA. « Paradiso! Paradiso! Attendete a vincervi nelle piccole cose, se volete vincervi nelle grandi » (S. Filippo Neri).

PREGHIERA. Signore, che sublimasti alla gloria dei tuoi Santi il tuo beato confessore Filippo, concedici, propizio, che mentre ci rallegriamo per la sua festa approfittiamo dell’esempio delle sue virtù.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma san Filippo Neri, Prete e Confessore, Fondatore della Congregazione dell’Oratorio, insigne per la verginità, per il dono della profezia e pei miracoli.

Nome: San Filippo Neri
Titolo: Sacerdote
Nascita: 21 luglio 1515, Firenze
Morte: 26 maggio 1595, Roma
Ricorrenza: 26maggio
Tipologia: Commemorazione
Patrono di: Roma, Napoli, Venezia, Manfredonia, Gioia del Colle, Guardia Sanframondi, Tursi, Piancastagnaio, Torri del Benaco, Sant’Eusanio del Sangro >>> altri comuni
Protettore: giovani

San Beda il Venerabile prega per noi – 25 maggio

Beda significa uomo che prega. Nacque l’anno 672 sui confini della Scozia.

A sette anni i genitori lo affidarono a S. Benedetto Biscopio, il quale ammirando le belle disposizioni del fanciullo, lo predilesse e lo formò nella pietà e nella scienza. A 12 anni fu vestito dell’abito benedettino. Nel 691 fu ordinato diacono ed alcuni anni dopo sacerdote.

La vita di questo grande fu tutta nascosta: la spese nell’osservanza monastica, nella preghiera, negli studi sacri, nell’insegnamento e nello scrivere libri. Dalla sua scuola uscirono uomini grandi, e dalla sua penna una cinquantina di opere in cui tratta di quasi tutto lo scibile umano sacro e profano.

Interpreta in modo ammirabile la Sacra Bibbia alla luce delle opere dei Padri della Chiesa che egli conosceva profondamente. I suoi scritti eran sì sodi, sì sapienti e di tanta autorità, che lui vivente, venivano letti pubblicamente nelle chiese. Il sapere di quest’uomo desta meraviglia!

Vi fu uno che geloso di tanta scienza lo accusò di eresia. Beda, amante della verità, compose uno scritto in sua difesa, mostrandosi però pronto ad abbandonare le sue idee, qualora apparissero erronee.

La moderazione, la dolcezza, l’umiltà e la chiarezza che traspaiono da quell’apologia dissiparono come per incanto la calunnia, e il Santo ebbe nuovi e più entusiasti ammiratori.

Gran numero di persone ricorrevano ai lumi dei suoi consigli, ed egli accoglieva tutti amorevolmente e soddisfaceva con somma carità tutti, dal più umile e rozzo al Più alto dignitario.

Praticando in tutta l’estensione il motto: ora et labora del suo padre, S. Benedetto, ravvivò lo studio col soffio della pietà più profonda e studiò non per sfoggio di erudizione, ma per conoscere e far conoscere sempre meglio le meraviglie di Dio, per sentire più profondamente nel cuore le verità della fede e per metterle in pratica con l’esercizio delle più sublimi virtù.

Fu perfetto monaco e perfetto studioso!

Anche nell’ultima sua dolorosa infermità, non diminuì punto la sua grande attività di scrittore.

Godeva tal fama di santità, che, ancora vivente, fu soprannominato Venerabile, soprannome che ancor oggi gli rimane.

Mentre colla faccia rivolta alla chiesa recitava con fervore e ad alta voce il Gloria Patri, il divino programma della sua vita, gli Angeli si presero la sua bell’anima e la portarono in Paradiso (a. 735), poichè: Qui fecerit et docuerit, magnus vocabitur in regno coelorum: «chi avrà praticato e insegnato, sarà grande nel regno dei cieli ».

PRATICA. — Aiutare e pregare per il più grande apostolato dei nostri tempi: l’Apostolato della Stampa.

PREGHIERA. O Signore, che illustri la tua Chiesa coll’erudizione del tuo beato confessore e dottore Beda, concedi propizio ai tuoi servi d’essere sempre illuminati dalla sua sapienza e aiutati dai suoi meriti.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Jarrow, in Inghiltérra, San Beda Venerabile, Prete, Confessore e Dottore della Chiesa, celeberrimo per santità e per dottrina.

Nome: San Beda il Venerabile
Titolo: Sacerdote e dottore della Chiesa
Nascita: 672, Scozia
Morte: 25 maggio 735, Jarrow, Inghiltérra
Ricorrenza: 25maggio
Tipologia: Commemorazione
Protettore: degli studiosi

Maria Ausiliatrice prega per noi – 24 maggio

Maggio è il mese dei fiori e la Chiesa lo dedica al fiore che non appassisce, alla « rosa di Gerico piantata sulle rive dei ruscelli »: Maria. Ed in questo mese la pioggia di rose delle più belle grazie cade dal cielo sui devoti di questa Madre di Misericordia.

Oggi la Chiesa festeggia il titolo suo dolcissimo e carissimo Aiuto dei Cristiani.

La mattina del 7 ottobre 1571, dopo sei ore di fiera mischia, nelle acque di Lepanto, i Cristiani inalberavano il vessillo della croce sulla nave ammiraglia turca, e il grido di vittoria risonava tra le file dell’esercito: Vittoria! Vittoria! I Turchi sgominati si diedero alla fuga: il bilancio della giornata per loro era stato terribile: 20.000 morti, 5.000 prigionieri, 107 galee arse o sommerse. Tutta la cristianità veniva così liberata dalla diabolica ferocia della mezzaluna. Chi diede la vittoria?

Il mondo cristiano recitava la corona del Rosario in unione col papa S. Pio V, il quale mentre parlava nel Concistoro ai cardinali, nel momento culminante della battaglia, aprì una finestra e rapito in estasi esclamò: Vittoria! Abbiamo vinto! Andiamo a ringraziare la Madonna! Ed a perpetua riconoscenza a Maria aggiungeva nelle Litanie lauretane l’invocazione: Auxilium Christíanorum, ora pro nobis! e stabiliva che nella prima domenica di ottobre si celebrasse la tanto cara festa del S. Rosario.

Un altro Papa è strettamente legato alla storia di questo titolo: Pio VII. Condotto da Napoleone prigioniero a Fontainebleau, gemeva nell’umiliazione, e la Chiesa orbata del suo Capo visibile, alzava più strazianti le sue grida di dolore a Dio, quando il santo Pontefice fece un voto a Maria, e l’Ausiliatrice gli concedeva il 24 maggio 1814 di rientrare libero e trionfante in Roma. Il 10 maggio dell’anno seguente si recava a Savona per soddisfare il suo voto, incoronando solennissimamente la Madonna della Misericordia; e verso la fine di quell’anno con un breve, a testimonianza della sua gratitudine a Maria, istituiva la festa di Maria Ausiliatrice da celebrarsi il 24 maggio, anniversario del suo ritorno alla sede romana.

D’allora in poi chiese e confraternite sorsero in diversi luoghi ad onorarla sotto questo titolo, finchè Maria richiese un grande santuario a S. Giovanni Bosco, al quale mostrando più volte il luogo ove dovevasi fabbricare, gli soggiunse: Hic domus mea, inde gloria mea! E di qui davvero l’Ausiliatrice profonde a piene mani i suoi tesori celesti, temporali e spirituali: qui rifulge la sua gloria.

Papa Benedetto XV esclamava: « Non a caso la Chiesa pone l’invocazione di Maria Ausiliatrice dei Cristiani in fine delle Litanie, perchè dopo aver invocato Maria con tanti appellativi, vuole con questo riassumerli tutti. Dopo averla proclamata Salute degli infermi, Rifugio dei peccatori, salutata Consolatrice degli afflitti, quasi a compendiare queste dolci prerogative la invoca Auxiiium Christianorum. Pare dunque a noi che questo titolo apra ancor più il nostro cuore alla confidenza e racchiuda in sè la forza dell’espressione di tutti gli altri ».

PRATICA. Siamo infermi? Siamo peccatori? Siamo afflitti? Ricorriamo a Maria: Auxilium Christianorum, ora pro nobis!

PREGHIERA. Onnipotente e misericordioso Signore, che a perpetua difesa del popolo cristiano, hai costituita la stessa SS. Vergine tua Madre, concedi a noi propizio, che muniti d’un tal presidio, combattendo in vita possiamo riportare in morte la vittoria sul nemico infernale.

Nome: Santa Maria Ausiliatrice
Titolo: L’aiuto dei Cristiani
Ricorrenza: 24 maggio
Tipologia: Commemorazione
Patrona di: Cassina de’ Pecchi, Bentivoglio, Aidomaggiore

Santa Rita da Cascia prega per noi – 22 maggio

Nacque Rita a Rocca Porena, paesello nei pressi di Cascia nell’Umbria, l’anno 1381.

Sotto la vigile cura dei genitori la bimba cresceva giudiziosa e pia, come un fiore di serra, con particolar tendenza alla solitudine ed alla preghiera.

Era suo vivo desiderio di consacrare a Dio la sua verginità, ma i genitori vollero che si sposasse. Lo sposo era burbero e collerico, ma Rita, armata di pazienza, tutto seppe sopportare, ricambiando bene per male, senza che in diciott’anni di matrimonio la concordia venisse infranta in quella casa.

Uomini pessimi le trucidarono il ‘consorte. Ella, anzichè pensare a farne vendetta, pregava Dio per quegli infelici, non solo, ma si studiava di istillare nei suoi due figliuoli l’eroismo del perdono cristiano. Scorgendo che crescevano tuttavia bramosi della vendetta pregò istantemente il Signore che li volesse prendere in cielo prima che avessero tempo a macchiarsi di sangue. Dio l’esaudì.

Libera da ogni cura di famiglia, pregò di essere accolta nel monastero delle Agostiniane. Per ben due volte ricevette un brusco diniego, finché il Signore volle appagare il suo desiderio con un prodigio.

Stando nel cuore della notte in orazione, le comparvero S. Giovanni Battista, S. Agostino e S. Nicola da Tolentino, che le rivolsero parole di conforto, la invitarono a seguirli e miracolosamente la introdussero nel monastero. Quelle vergini, ammirate e commosse, non esitarono più a riceverla per loro consorella.

Non tardò molto la buona vedova a divenire lo specchio di ogni virtù. Ubbidiva colla semplicità di una fanciulla; la Superiora le ordinò un giorno di innaffiare un legno secco ed ella non esitò un istante a farlo.

Rita era l’innamorata del Crocifisso. La passione di Gesù era la sua meditazione prediletta e ne rimaneva così infiammata da versar abbondanti lacrime.

Un giorno, mentre pregava con più intenso fervore e supplicava l’amato Gesù ad associarla alla sua passione, un raggio di luce partì dal Crocifisso, si riflettè sul capo di Rita, poi una spina si staccò dal capo adorabile di Gesù e venne a trafiggere la sua fronte; vi produsse una profonda ferita seguita da un’insanabile piaga, che rimase fino alla morte; piaga che oltre ad acuti dolori esalava un grande fetore, per cui ella per non infastidire le sorelle amava restare solitaria e conversare con Dio.

Gesù la faceva davvero patire a sua imitazione. L’ultima sua malattia durò quattro anni: anni di acuto e lento martirio, che fornirono la misura della sua eroica pazienza e insaziabile brama di patire. Gesù, con un miracolo, mostrò quanto gli fosse caro il suo patire.

Era un rigidissimo inverno; il gelo e la neve erano abbondanti. Rita pregò una donna di Rocca Porena che andasse al suo antico orto e le portasse ciò che v’era di maturo e di fiorito. Si credette scherzasse: però, passando di là, quella signora scorse due freschi fichi ed una bella ed olezzante rosa era un regalo del suo Gesù.

Vicina a morire udì Gesù e la sua santa Madre che la invitavano alla celeste dimora, alla quale volò il 22 maggio del 1439.

I fedeli la chiamano la « Santa degli impossibili ».

PRATICA. Gesù comanda ad ogni cristiano di perdonare e pregare per i propri nemici: ecco il vero eroismo!

PREGHIERA. O Signore, che ti sei degnato di conferire a Rita tanta grazia da amare i suoi nemici e da portare nel cuore e in fronte i segni della tua carità e della tua passione, deh! concedici per l’intercessione e i meriti di lei di amare i nostri nemici e contemplare dolori della tua santa passione, così che conseguiamo il premio promesso agli amanti.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Càscia, in Umbria, santa Rita Vedova, Monaca dell’Ordine degli Eremiti di sant’Agostino, la quale, dopo le nozze del secolo, amò unicamente l’eterno sposo Cristo.

SUPPLICA A SANTA RITA

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

O’ eccelsa Taumaturga del mondo cattolico, o’ gloriosa S. Rita da Cascia, come sale bel la a te, dal nostro cuore, la preghiera in questo giorno, dedicato dalla Chiesa, alla tua solennità.

In quest’ora solenne in cui, mille e mille cuori, a te si rivolgono fidenti e pieni di santa speranza nella tua celeste protezione, anch’io unisco la mia umile preghiera perché dal Cuore Sacratissimo di Gesù, per i meriti della sua Madre Immacolata, mi ottenga le grazie di cui ho bisogno.

O gran Santa della Chiesa di Dio, non sarà possibile che la mia fiducia, nel tuo patrocinio, resti delusa! Non sei tu che i popoli chiamano la Santa degli impossibili, l’Avvocata dei casi disperati? Ed io appunto mi trovo in tante infelici condizioni per le mie colpe! Tu non vorrai allontanare da me il tuo sguardo: non sarà per me chiuso il tuo cuore; che anzi sono certo che sperimenterò la tua potente intercessione. Capisco, che ne sono indegno per i miei peccati; ebbene si rifulgerà la tua celeste carità, il tuo grande amore, ottienimi la salvezza dell’anima mia.

È questa la grazia che principalmente domando a Dio, per la tua intercessione in questo giorno sacro al tuo Natale in Paradiso; e con questa le altre grazie necessarie al mio stato.

O buona Santa Rita, appaga i miei voti, ascolta i miei gemiti, asciuga le mie lacrime, ed anche io proclamerò al mondo, che chi vuol grazia e la domanda a Dio, per mezzo di Santa Rita da Cascia, sicuramente sarà esaudito.

In questo giorno di gloria, in cui maggiore e più viva si ridesta la comune fiducia nel tuo patrocinio, ti prego di ottenere da Dio la benedizione, che imploro su me, sui presenti, sul Vicario di Gesù Cristo, sul cattolico Episcopato e Sacerdozio, sui tuoi Religiosi Confratelli e Consorelle, che formano l’eletta figliolanza del grande Sant’Agostino, sui benefattori del tuo Monastero di Cascia, sui promotori del tuo culto, sugli infermi, sui poveri, sui derelitti, sui peccatori, su tutti ed anche sulle Anime sante del Purgatorio.

O Santa Rita, Sposa amabilissima di Gesù Crocifisso, dal quale avesti in dono una delle spine della sua sacratissima corona, in questo giorno del tuo trionfo, aiutami e la tua protezione non mi venga mai meno nella vita e nel punto della mia morte. Amen.

Tre Padre nostro, Ave e Gloria.
D) Segnasti o Signore, la Tua serva Rita.
R) Col suggello della tua carità e della tua passione.

Orazione

O Dio, che Ti degnasti elargire a Santa Rita tanta grazia da amare i nemici, e da portare in cuore e in fronte i segni della Tua carità e passione, per l’intercessione ed i meriti di lei, Ti preghiamo concedici di perdonare i nostri nemici, e di meditare i dolori della Tua passione così che noi otteniamo il premio promesso ai miti e piangenti. Amen.

Nome: Santa Rita da Cascia
Titolo: Vedova e religiosa
Nascita: 1381, Roccaporena
Morte: 22 maggio 1457, Cascia
Ricorrenza: 22 maggio
Tipologia: Commemorazione
Patrona di: Cascia, Borgocarbonara
Protettrice:casi disperati e apparentemente impossibili, delle donne maritate infelicemente, serigrafi
Sito ufficiale:www.santaritadacascia.org