Che cosa siamo? Noi siamo il sale della terra e la luce del mondo – Matteo 5, 13-16

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Che cosa siamo?

Noi siamo il sale della terra, abbiamo una missione da compiere.

Cosa succederebbe se fallissimo la missione?  

Il sale diventerebbe insipido e inutile. Nulla più potrebbe ridarci sapore, l’abbiamo avuto in dono ma lo abbiamo lavato con le insipide e sporche acque dell’umanità, addolcito con il dolciore del senso e mescolato con i detriti della superbia, dell’avarizia, della gola, dell’ira, della lussuria, dell’accidia.

Il nostro sale diverrebbe una mescolanza di pietre in cui si perderebbe il misero granello. Non saremmo più sostanza alla quale si accorre per avere sapore di celesti cose ma saremmo unicamente detriti.

Noi siamo una luce.

Dove va posta la luce?

Nelle nostre case dove si trova il lampadario? È posto in alto. Perché va messo lì? Perché in questo modo rischiara tutta la stanza. Nella vera e nelle false religioni i templi vengono eretti sopra un monte per essere visti da tutti facilmente.

Ciò che è posto in alto ha un incarico, ricordare Iddio e fare luce, chi è posto in alto deve essere all’altezza del suo compito.

Se non fossimo all’altezza del compito cosa succederebbe?

Diverremmo alti luoghi profani con boschetti sacri a questo o quel dio e trascineremmo nel nostro paganesimo coloro che ci guardano come templi di Dio.

In cosa consiste la nostra missione?

Noi dobbiamo portare la luce di Dio. Una lampada nascosta dietro un quarzo sudicio non crea il fulgido gioco della luce.

Come possiamo far splendere la luce di Dio?

La luce di Dio splende là dove è solerte la volontà a pulire giornalmente dalle scorie che lo stesso lavoro, coi suoi contatti, e reazioni, e delusioni, produce.

La luce di Dio splende là dove lo stoppino è immerso in abbondante liquido di orazione e di carità.

La luce di Dio si moltiplica in infiniti splendori quante sono le perfezioni di Dio, ognuna è in grado di suscitare in noi una virtù, se servendo Dio preserviamo il quarzo della nostra anima dal nero fumo di ogni mala passione.

Inattaccabile quarzo. Inattaccabile!

Solo nostro Dio ha il diritto e il potere di rigare il nostro cristallo, di scriverci sopra col diamante del suo volere il suo santissimo Nome. Allora quel Nome diviene ornamento che segna un più vivo sfaccettare di soprannaturali bellezze sul quarzo purissimo.

Cosa succede se ci facciamo incidere falsi ornamenti?

Se da stolti servi del Signore, perdiamo il controllo di noi stessi e la vista della nostra missione, tutta e unicamente soprannaturale, se ci lasciamo incidere falsi ornamenti, sgraffi e non incisioni, misteriose e sataniche cifre fatte dall’artiglio di fuoco di Satana, allora no, che la lampada mirabile non splende più bella e sempre integra, ma si crepa e rovina, soffocando sotto i detriti del cristallo scheggiato la fiamma, o se non si crepa fa un groviglio di segni di inequivocabile natura nei quali si deposita la fuligine.

Cosa succede a chi perde la carità?

Guai, tre volte guai ai pastori che perdono la carità, che si rifiutano di ascendere giorno per giorno per portare in alto il gregge che attende la loro ascesi per ascendere.  Io li percuoterò abbattendoli dal loro posto e spegnendo del tutto il loro fumo.

Guai, tre volte guai ai maestri che ripudiano la Sapienza per saturarsi di scienza sovente contraria, sempre superba, talora satanica, perché li fa uomini mentre se ogni uomo ha destino di divenire simile a Dio, con la santificazione che fa dell’uomo un figlio di Dio, il maestro, il sacerdote ne dovrebbe avere già l’aspetto dalla terra, e questo solo, di figlio di Dio. Di creatura tutt’anima e perfezione dovrebbe avere aspetto. Dovrebbe avere, per aspirare a Dio i suoi discepoli. Anatema ai maestri di soprannaturale dottrina che divengono idoli di umano sapere.

Guai, sette volte guai ai morti allo spirito fra i miei sacerdoti, a quelli che col loro insapore, col loro tepore di carne mal viva, col loro sonno pieno di allucinate apparizioni di tutto ciò che è fuorché Dio uno e trino, pieno di calcoli di tutto ciò che è fuorché soprumano desiderio di aumentare le ricchezze dei cuori e di Dio, vivono umani, meschini, torpidi, trascinando nelle loro acque morte quelli che li seguono credendoli “vita”.

Articolo scritto rivisitando il VOLUME III CAPITOLO 169 – CLXIX. Primo discorso della Montagna: la missione degli apostoli e dei discepoli
Di Maria Valtorta.

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