Orazioni di Santa Brigida da recitare prima di entrare in chiesa

ORAZIONI IN CHIESA

Da dirsi nell’atto in cui si entra in chiesa

Entro, Signore, nel Santuario e Casa Tua, Casa di Orazione, nella quale si santificano le anime. Ti prego, pertanto, di allontanare da me tutti i vani pensieri e le umane distrazioni per cercare sempre te solo, per partecipare poi del merito del tuo santissimo e preziosissimo Sangue e adorarti nel Tempio del Paradiso per tutta l’eternità.

Prendendo l’acqua benedetta

Purificami, o mio Dio, da ogni peccato, fà che quest’acqua benedetta rinnovi in me la memoria del Sangue che hai sparso e delle lacrime che debbo spargere:
(Asperges me Domine). Aspergimi, Signore!

Prima della Santa Messa

Eterno e misericordioso Dio, ti prego con tutto l’affetto del cuore, di ammettermi alla partecipazione di questo sacrosanto ed incruento Sacrificio, in cui per me e per il genere umano si offre il Corpo, l’Anima e la Divinità del Verbo incarnato.
Questo sacrificio mi sciolga dai lacci di tutti i miei peccati, perchè possa diventare degno di entrare nella tua gloria per sempre lodarti e benedirti. Amen

Offerta di sé prima della celebrazione della Santa Messa

O Signore, offro tutto me stesso a te, da cui procede ogni mio bene. Tuoi sono la mia anima e il mio corpo, ed ora, a te solo, devono essere diretti i miei pensieri, le mie parole e le mie opere.
Dègnati, mio Dio, di tenermi lontano dalle insidie del nemico infernale, affinchè in questo Santo Sacrificio possa contemplare la tua amara Passione e ricevere la tua santa grazia.

Fonte: libretto “Orazioni di S. Brigida”, della Shalom.

Ciclo di Messe Gregoriane

Questa antica pratica onora i defunti per 30 giorni consecutivi

Nel VI secolo c’era un monaco di nome Giusto che morì nel monastero di Sant’Andrea a Roma, fondato da San Gregorio Magno. Gregorio racconta un evento miracoloso collegato a questo monaco nel suo libro intitolato Dialoghi.

San Gregorio iniziò a pensare a un modo per aiutare il monaco defunto affrettando il suo viaggio verso il Paradiso.

[Dopo la morte di Giusto] iniziai ad avere compassione di lui e [pensai] a cosa potesse aiutarlo. Chiamai quindi nuovamente Prezioso, priore del mio monastero, e con cuore pesante gli dissi: ‘È ormai passato un bel po’ di tempo da quando il nostro fratello defunto si trova nei tormenti del [Purgatorio], e quindi dobbiamo mostrare un po’ di carità nei suoi confronti e fare ciò che possiamo per liberarlo: assicurati quindi che per trenta giorni consecutivi [il sacrificio della Messa] venga offerto per lui.

Poi San Gregorio riferisce una visione che uno dei monaci ebbe di Giusto.

Essendo la mia mente impegnata in altre questioni, non ho fatto attenzione ai giorni che passavano. Una sera, il monaco defunto apparve al fratello Copioso, che vedendolo gli domandò del suo suo stato dicendo: ‘Cosa c’è, fratello? Come stai?’, al che questi rispose: ‘Finora sono stato in una situazione spiacevole, ma ora sto bene, perché oggi ho ricevuto la comunione [con Dio]”.

I monaci tornarono e contarono i giorni. Risultò che Giusto era apparso proprio dopo la celebrazione della 30ma Messa. Sulla base di questa storia si è diffusa una tradizione che consisteva nel celebrare 30 Messe consecutive per liberare un’anima in particolare dal Purgatorio.

Questa pratica è oggi chiamata delle “Messe gregoriane”, richiamando la sua origine nella vita di San Gregorio Magno. Se la maggior parte delle parrocchie non riesce a soddisfare queste richieste, vari monasteri e seminari del mondo riescono ad offrire 30 Messe consecutive.

È una splendida pratica, che onora i defunti con la più grande preghiera di tutti i tempi.

Un gruppo che riesce a offrire le Messe gregoriane è Aiuto alla Chiesa che Soffre. La donazione che permette ai sacerdoti di concentrarsi sulla vostra persona cara per 30 giorni consecutivi permette anche a questa organizzazione pontificia di servire la Chiesa perseguitata o quella in zone rurali e poco servite.

Ricordiamo che il ciclo di 30 messe non è garanzia di liberazione dalle pene del Purgatorio ma è senza dubbio la cosa più efficace che possiamo fare per aiutare il defunto. Se non sapete a chi rivolgervi per far dire un ciclo di messe gregoriane o per qualsiasi altra informazione potete scrivere a gruppo@iorestocongesu.it

Giaculatorie della moltiplicazione

La giaculatoria è una breve preghiera che si recita solitamente a memoria, a voce o mentalmente. La recita delle giaculatorie è una pratica tipica della devozione popolare; esse hanno generalmente un contenuto semplice e chiaro. Spesso sono composte in rima per facilitarne la memorizzazione.

Anna Shaffer raccontava che la loro recita alleggerisce non poco le pene sofferte dalle anime del Purgatorio. Eccone alcune e le circostanze in cui vanno recitate.

Padre Zazzara affermava che il Santo Filippo Neri lodava molto le giaculatorie ed in diversi tempi dell’anno gliele insegnava e gliene faceva dire ogni giorno, quando una e quando un’altra, per tenere vivo il pensiero della divina presenza ed eccitare la confidenza in Dio. Chi le usa, ne ricaverà frutto incredibile con poca fatica. Alcune di queste giaculatorie sono riportate in seguito.

GIACULATORIE

PREGHIERE DELLA MOLTIPLICAZIONE 
(o Novene delle Giaculatorie)

Sono 33 giaculatorie da pregare ognuna per 33 volte in onore dei 33 anni di vita del Signore. Come Gesù, nella sua Misericordia , quando ci fu bisogno di pane, moltiplicò il pane, ora, che c’è bisogno di preghiera, perché il male dilaga, moltiplicherà anche la potenza della preghiera, se fatta con fede. Le novene di giaculatorie si sono rivelate particolarmente efficaci per ottenere qualsiasi grazia, purché conveniente per l’anima.

NOVENA DI GIACULATORIE

Si recitano inizialmente il Credo, il Padre Nostro, l’ Ave Maria e un Gloria.

Si sceglie una giaculatoria e si ripete 33 volte. ( per nove giorni consecutivi)

Si possono fare novene con più giaculatorie fino ad arrivare a pregarle tutte e 33 per 33 volte.

 (sempre per nove giorni consecutivi)

Le 33 Preghiere della Moltiplicazione sono le seguenti :

  • Maria concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te.
  • Cuore Immacolato di Maria, prega per noi adesso e nell’ora della nostra morte.
  • Santa Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, salvaci.
  • Sacri Cuori di Gesù e di Maria, proteggeteci.
  • Fa splendere su di noi o Signore, la luce del Tuo Volto.
  • Resta con noi Signore.
  • Madre mia, fiducia e speranza, in Te mi affido e abbandono.
  • Gesù, Maria, Vi amo! Salvate tutte le anime.
  • La Croce sia la mia luce.
  • San Giuseppe, patrono della Chiesa Universale, custodisci le nostre famiglie.
  • Vieni, Signore Gesù.
  • Gesù Bambino perdonami, Gesù Bambino benedicimi.
  • Santissima Provvidenza di Dio, provvedici nelle presenti necessità.
  • Sangue e Acqua che scaturisci dal Cuore di Gesù, come sorgente di misericordia per noi, io confido in Te.
  • Mio Dio, io Ti amo e Ti ringrazio.
  • O Gesù, Re di tutte le Nazioni, il Tuo Regno sia riconosciuto sulla terra.
  • S. Michele Arcangelo, protettore del Regno di Cristo sulla terra, proteggici.
  • Pietà di me, Signore pietà di me.
  • Sia lodato e ringraziato ogni momento Gesù nel Santissimo Sacramento.
  • Vieni, Spirito Santo e rinnova la faccia della terra.
  • Santi e Sante di Dio, indicateci la via del Vangelo.
  • Anime Sante del Purgatorio, intercedete per noi.
  • Signore, riversa sul mondo intero i tesori della Tua infinita Misericordia.
  • Ti adoro, Signore Gesù e Ti benedico, perché per mezzo della Tua Santa Croce hai redento il mondo intero.
  • Padre mio, Padre buono, a Te mi offro, a Te mi dono.
  • O Gesù salvami, per amore delle Lacrime della Tua Santa Madre.
  • Venga il Tuo Regno, Signore e sia fatta la Tua Volontà.
  • O Dio, Salvatore Crocifisso, infiammami d’amore, di fede e di coraggio per la salvezza dei fratelli.
  • Dio, perdona i nostri peccati, guarisci le nostre ferite e rinnova i nostri cuori, affinché possiamo essere una sola cosa in Te.
  • Santi angeli custodi preservateci da tutte le insidie del maligno.
  • Sia gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
  • Il Dio di ogni consolazione disponga nella Sua pace i nostri giorni e ci conceda l’Amore dello Spirito Santo.
  • Eterno Padre, io ti offro il Sangue Preziosissimo di Gesù, in unione con tutte le Sante Messe celebrate oggi nel mondo, per tutte le anime Sante del Purgatorio, per i peccatori di tutto il mondo, della Chiesa Universale, della mia casa e della mia famiglia. Amen.

Potente preghiera di liberazione di Padre Amorth

Commento online: “Questa e la più potente Preghiera di Liberazione scritta e consigliata da Padre Gabriele Amorth”. La si può recitare, in privato, in qualsiasi luogo, da qualsiasi persona.

Signore, Dio Onnipotente e Misericordioso, Padre, Figlio e Spirito Santo, espelli da me, dai miei amici e familiari, da coloro che possono aiutarmi economicamente e spiritualmente, e dal mondo intero, ogni influsso diabolico di qualsiasi Spirito Maligno e di ogni Anima Dannata dell’intero Inferno, che ha su di me e su di loro, per il Preziosissimo Sangue del Tuo Figlio Gesù.

Fa che il Sangue Immacolato e Redentore rompa ogni legame sul mio corpo, sulla mia mente, sul mio lavoro, su quanti potrebbero offrire un lavoro e su tutte le cose mie ed altrui e le difficoltà dell’intera vita mia ed altrui.

Oh Santissima Vergine, Maria Immacolata, oh Nove Cori Angelici, oh San Michele Arcangelo, Santi tutti del Paradiso, mi consacro e consacro loro e Vi chiedo l’Intercessione di tutte le Anime del Purgatorio!

Intercedete per noi tutti e venite presto in nostro aiuto e spezzate, da subito, le “ultime zampate” di Lucifero contro i figli della Benedetta Madre, Maria Santissima e della Santissima Trinità.

Ordino, in questo preciso istante, che ogni Demonio ed Anima Dannata non possa avere nessuna influenza su di me, sulle categorie di persone che ho menzionato e sul mondo intero, affinché tutta l’Umanità sia liberata, in questo medesimo istante.

Per la Flagellazione, la Corona di Spine, la Croce, il Sangue e la Risurrezione di Gesù Cristo, per il Dio Vero, per il Dio Santo, per il Dio che tutto può, ordino ad ogni Demonio ed Anima Dannata che non possano avere influenza alcuna su me e sul mondo intero e che si possano spezzare, una volta per tutte e per sempre, tutte le catene create, che si sono verificate, fino ad ora, su di me e sul mondo intero.

Benedite e liberate il vostro servo o serva (si dica il Nome di Battesimo) e benedite questa Immagine (si alzi verso Dio un’Immagine benedetta), che Vi presento e fate sì che questa Immagine benedetta protegga me ed il mondo intero e ci protegga dai Satanisti, dai Massoni, dai Mafiosi, dai Politici corrotti e da ogni altra Infame categoria esistente sulla terra, e nel mondo intero.

Fate sì che, nella mia casa e nelle mie cose e da ogni altra categoria e nelle cose del mondo intero, il Demonio non possa, mai e poi mai, avere più alcuna influenza, anche infinitesimale, nel Nome di Gesù Cristo, Padrone della Storia, nostro Signore e Salvatore.
Così sia.

Recitare qualche preghiera, quale ringraziamento alla “Corte Celeste”.

Commento online: “Se recitata TUTTI i giorni con Fede, farà Miracoli!…

Fidiamoci di Gesù, affidiamo a Lui la nostra vita, andiamo a trovarLo mentre si trova rinchiuso nei Tabernacoli, visitiamo i nostri prossimi.

Primo mercoledì del mese in onore a San Giuseppe

I primi mercoledì del mese che dovranno essere ricordati come giorni di grazie speciali in cui San Giuseppe dirama torrenti fortissimi di grazie straordinarie su tutti coloro che ricorrono alla sua intercessione, onorando il suo Cuore Castissimo.

Gesù stesso ha promesso che questi stessi devoti avranno una grande gloria in Cielo, grazia che non sarà concessa a coloro che non lo onoreranno come egli ha chiesto.

I giovani dell’Associazione Regina del Rosario e della Pace di Itapiranga (A.R.R.P.I.) di tutto il mondo, per onorare il Cuore Castissimo di San Giuseppe, si ritrovano il primo mercoledì del mese a recitare il rosario di San Giuseppe dei sette dolori e gioie.

4 Giugno 1997 Brescia, Madonna:
Oggi è il primo mercoledì del mese. In questo mercoledì dovete avvicinarvi al Cuore Castissimo del mio sposo verginale S. Giuseppe, perché il mio Signore desidera darvi tutte le grazie e virtù tramite l’intercessione di S.Giuseppe.

16 Gennaio 1998 Manaus, Madonna:
Il Signore Dio conceda sempre il dono della pace, a voi e alle vostre famiglie. Cercate di vivere ogni primo venerdì, ogni primo sabato e ogni primo mercoledì del mese in vero spirito di preghiera, di riparazione e di intimità con Gesù, con me e con San Giuseppe perché possiate ricevere in abbondanza le nostre grazie.

4 Marzo 1998 Manaus, San Giuseppe:
Mio caro figlio, oggi è il primo mercoledì del mese. In ogni primo mercoledì del mese, il mio cuore castissimo dirama innumerevoli grazie sopra tutti coloro che ricorrono alla mia intercessione.
In questi mercoledì gli uomini non riceveranno una pioggia di grazie, ma torrenti fortissimi di grazie straordinarie, poiché condivido con tutti coloro che mi onorano e che ricorrono a me tutte le grazie, tutte le benedizioni, tutte le virtù e tutto l’amore che ho ricevuto dal mio divino Figlio Gesù e dalla mia Sposa Maria Santissima quando ancora vivevo in questo mondo e tutte le grazie che ora continuo a ricevere nella gloria del Paradiso.

22 Luglio 2010 Manaus, Madonna:
Desidero vedere che tutti digiunate con amore e con fede quando pregate le mille “Ave Maria”. Meglio di tutto sarebbe pregare le mille “Ave Maria” il primo venerdì del mese e le mille “Ave Giuseppe” il primo mercoledì del mese. Pregate molto: molte cose tristi stanno accadendo nel mondo e molte cose peggiori succederanno ancora.

Preghiera

Glorioso Padre mio San Giuseppe, tu sei eletto tra tutti i Santi; benedetto fra tutti i giusti nella tua anima, poiché fu santificata e piena di grazia più di quella di tutti i giusti, per essere degno Sposo di Maria, Madre di Dio e degno padre adottivo di Gesù.

Sia benedetto il tuo corpo verginale, che fu vivo altare della Divinità, e dove riposò l’Ostia immacolata che riscattò l’umanità.

Benedetti i tuoi occhi amorosi, che videro il Desiderato delle nazioni.

Benedette le tue purissime labbra, che baciarono con tenero affetto il volto del Dio Bambino, davanti al quale tremano i cieli e coprono il loro volto i Serafini.

Benedette le tue orecchie, che udirono dalla bocca di Gesù il dolce nome di padre.

Benedetta la tua lingua, che tante volte conversò familiarmente con l’eterna Sapienza.

Benedette le tue mani, che tanto lavorarono per sostentare il Creatore del cielo e della terra.

Benedetto il tuo volto, che tante volte si coprì di sudore per alimentare chi alimenta gli uccelli del cielo.

Benedetto il tuo collo, al quale tante volte si attaccò con le sue manine e si strinse il Bambino Gesù.

Benedetto il tuo petto, sul quale tante volte reclinò il capo e si riposò la Fortezza stessa.

Glorioso San Giuseppe, quanto mi rallegro di queste tue eccellenze e benedizioni! Ma ricordati, Santo mio, che queste grazie e benedizioni, le devi in gran parte ai poveri peccatori, poiché, se non avessimo peccato, Dio non si sarebbe fatto Bambino e non avrebbe patito per nostro amore, e per lo stesso motivo non lo avresti alimentato e conservato con tante fatiche e sudori.

Non si dica di Te, o eccelso Patriarca, che nell’esaltazione ti dimentichi dei tuoi fratelli compagni di sventura.

Dacci dunque, dal tuo eccelso trono di gloria, uno sguardo compassionevole.

Guardaci sempre con amorosa pietà.

Contempla le nostre anime tanto circondate da nemici e tanto desiderosa di Te e del tuo Figlio Gesù, che morì su una croce per salvarle: perfezionale, proteggile, benedicile, affinché noi tuoi devoti, viviamo in santità e giustizia, moriamo in grazia e godiamo della gloria eterna in tua compagnia.

Amen.

Ave Giuseppe

Ave Giuseppe, figlio di Davide,
uomo giusto e verginale, la Sapienza è con te,
tu sei benedetto fra tutti gli uomini e benedetto è Gesù,
il frutto di Maria tua sposa fedele.
San Giuseppe, degno Padre e protettore di Gesù Cristo e della Santa Chiesa,
prega per noi peccatori e ottienici da Dio la divina Sapienza,
adesso e nell’ora della nostra morte.
Amen!

Posizione della Chiesa sulle apparizioni

Il Vescovo di Itacoatiara (di cui fa parte il villaggio di Itapiranga, in Amazzonia) mons. Carillo Gritti, ha approvato ufficialmente il culto relativo alle apparizioni di Itapiranga (31 gennaio 2010) e ha riconosciuto in più di un’occasione l’origine soprannaturale delle stesse (soprattutto nella prefazione ad un libro di messaggi in cui lo stesso Vescovo concedeva l‘Imprimatur per la pubblicazione). Benchè non si possa parlare ancora di “approvazione ufficiale” in mancanza di un documento ufficiale della Diocesi che riconosca direttamente l’origine soprannaturale dei fatti (Lettera pastorale, ecc.), considerato il tenore dei pronunciamenti del vescovo, la pubblicazione del Decreto di culto (un atto ufficiale) e di una significativa lettera di encomio al veggente, ad essere onesti bisogna riconoscere che non c’è tanta differenza tra il grado di riconoscimento di un’approvazione ufficiale rispetto ai giudizi espressi e agli atti già emessi da mons. Gritti sulle apparizioni, sui messaggi e sui veggenti di Itapiranga.

Va precisato che le apparizioni prese in considerazione da mons. Carillo Gritti, sono quelle che ebbero luogo a Itapiranga (e anche le prime a Manaus) che iniziarono nel 1994 e terminarono il 2 maggio 1998, come aveva preannunciato la Vergine stessa. Queste sono propriamente approvate e i messaggi pubblicati con l’Imprimatur ecclesiastico sono quelli relative a queste ultime. Da allora le apparizioni e i messaggi della Vergine ad Edson Glauber, però, continuano fino al presente e non sono legate ad un luogo stabile ma alla sua persona. Ne riceve, di fatto, ovunque si trovi.

Trattandosi di un unico evento mariofanico (e non solo mariofanico dal momento che si manifestano anche Gesù e san Giuseppe) che trova la sua unità nel veggente Edson e avendo i messaggi un’unità tematica mirabile che continua ininterrotta sin dalle prime apparizioni fino a quelle più recenti; ed essendo inoltre gli eventi e i messaggi attuali sotto la supervisione e il controllo della medesima autorità competente che riconobbe l’origine soprannaturale degli eventi di Itapiranga e la bontà dei relativi messaggi e che non ravvisa in essi alcuna eterodossia o elemento problematico, ritengo personalmente degni di fiducia anche i successi messaggi celesti ricevuti e trasmessi da Edson nel corso dei decenni dopo il maggio del 1998.

Note:

1) Positivissime sono le testimonianze di chi ha conosciuto la personalità di questo giovane amazzone, eletto dalla Santa Vergine come veggente e referente delle sue visite e dei suoi messaggi. R. Laurentin afferma: « È un vero e proprio amazzoniano e tutto il suo essere riflette questa cosa con una modestia e una luce di pace, un sorriso umano e spirituale, veramente molto impressionante per chi è in grado di notarlo. Ci sono dei gradi di trasparenza che non permettono di sbagliarsi […]. Edson è un tipo stabile, calmo, che riflette un equilibrio veramente notevole » [R. Laurentin, Itapiranga, in R. Laurentin – P. Sbalchiero, Dizionario delle « apparizioni » della Vergine Maria, pp. 950-951 (950-951)].

Approfondimento sulla posizione della Chiesa

Atto di Consacrazione al Cuore immacolato di Maria

(Formula indulgenziate, n. 390 e 391)

O pietosissimo Cuore Immacolato di Maria, eccomi con la mia famiglia ai tuoi piedi. Con l’autorità che mi viene da Dio e in soddi-sfazione dei tuoi desideri ripetutamente manifestati a Fatima e alla tua prediletta Suor Lucia, voglio consacrare me, la mia famiglia e tutto quanto mi appartiene al tuo misericordiosissimo Cuore Immacolato. O Maria, Vergine potente e Madre di Misericordia, Regina del Cielo e Rifugio dei peccatori, noi interamente ci consacriamo al tuo Cuore Immacolato. Ti consacriamo tutto il nostro essere e tutta la nostra vita: tutto ciò che abbiamo, tutto ciò che amiamo, tutto ciò che siamo: i nostri corpi, i nostri cuori, le nostre anime. A Te consacria-mo il nostro focolare, la nostra casa, i nostri averi. Noi vogliamo che tutto ciò che é in noi e attorno a noi ti appartenga e desideriamo che partecipi ai benefici delle tue benedizioni materne.

E affinché questa consacrazione sia davvero efficace e duratura, rinnoviamo oggi ai tuoi piedi, o Maria, le promesse del nostro Battesimo e della nostra prima Comunione. Noi ci impegniamo a professare sempre coraggiosamente le verità della Fede; a vivere da veri cattolici, pienamente sottomessi a tutte le direttive del Papa e dei Vescovi in comunione con lui. Noi ci impegniamo a osservare i Comandamenti di Dio e della Chiesa, ed in particolare la santificazio-ne delle feste. Noi ci impegniamo inoltre a far entrare nella nostra vita, per quanto ci sarà possibile, le consolanti pratiche della Religione cri-stiana, specialmente quelle del S. Rosario quotidiano, della santa Confessione e della santa Comunione.

Noi ti promettiamo infine, o gloriosa Madre di Dio e tenera Madre degli uomini, di mettere tutto il nostro cuore al servizio del tuo culto benedetto, al fine di affrettare e di assicurare, per mezzo del Regno del tuo Cuore Immacolato, il Regno del Cuore del tuo adora-bile Figlio nelle anime nostre ed in quelle di tutti gli uomini, nel nostro caro Paese e in tutto l’universo, sulla terra come in Cielo.

O dolce Madre nostra, così come ebbe a dirti il tuo devoto Papa Pio XII, in quest’ora grave della storia umana, ci affidiamo e ci con-sacriamo al tuo Cuore Immacolato.

Ti commuovano tante rovine materiali e morali, tanti dolori, tante angosce, tante anime torturate, tante in pericolo di perdersi eterna-mente!

Regina della pace, prega per noi e da’ al mondo la pace nella veri-tà, nella giustizia, nella carità di Cristo; riconduci all’unico ovile di Gesù, sotto l’unico e vero Pastore, i popoli separati per l’errore e per la discordia; difendi la Santa Chiesa di Dio dai suoi nemici; arresta il diluvio dilagante dell’immoralità; suscita nei fedeli l’amore alla purezza, la pratica della vita cristiana e lo zelo apostolico.

Noi in perpetuo ci consacriamo a te, al tuo Cuore Immacolato, o Madre nostra e Regina del mondo, affinché tutte le genti, pacificate con Dio e tra loro, ti proclamino Beata e con te intonino, da un’estremità all’altra della terra, l’eterno “Magnificat” di gloria, di amore e di rico-noscenza al Cuore di Gesù, nel quale solo possono trovare la Verità, la Vita e la Pace. Amen.

Preghiera al tuo angelo custode

Preghiamo il nostro angelo custode

O sollecito protettore, datomi da Dio a causa della mia fragilità! O Santo Angelo Custode, mia guida e consolatore, mio maestro e consigliere, Ti ringrazio per la Tua dedizione e per il Tuo amore e Ti prego di stare sempre al mio fianco, di essere sempre mio amico e sostenitore.

Veglia su di me quando dormo, guida i miei passi quando son desto, consolami quando piango, salvami quando corro pericolo, consigliami quando dubito, proteggimi dal peccato quando vacillo. Caro Angelo, guidami a fare il bene, conservami nello stato di grazia, preservami da una brutta morte, illumina la mia strada nel buio di questo mondo. Insegnami nella mia ignoranza, avvertimi quando il nemico mi assale, proteggimi dal maligno, prega per le mie intenzioni.

Accompagna, nell’ora della mia morte, la mia anima, verso la sua dimora celeste, perché possa essere rapita, insieme a Te, nella beata Adorazione dell’Onnipotente ed infinitamente buono Padre Celeste.
Amen.

Ascolta la preghiera sul nostro canale Youtube

Novena a San Michele Arcangelo dal 29 aprile al 7 maggio

In preparazione alla festa di S. Michele Arcangelo (8 maggio).

La novena a San Michele Arcangelo dal 29 aprile al 7 maggio fu chiesta dalla madonna ad Ischia per proteggere l’Italia dai terremoti e da altre insidie che l’attendono. 

– Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
O Dio vieni a salvarmi. O Signore vieni presto in mio aiuto.

– Gloria al Padre: Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, come era nel principio, ora e sempre nei secoli, nei secoli. Amen.

– Invocazione allo Spirito Santo: Vieni, Spirito Santo, manda a noi dal Cielo un raggio della tua luce. Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuori. Consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo. Nella fatica, riposo; nella calura, riparo; nel pianto, conforto. O luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli. Senza la tua forza nulla è nell’uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato. Dona ai tuoi fedeli, che solo in te confidano, i tuoi santi doni. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna. Amen.

– Credo. Credo in Dio Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto. Discese agli inferi, il terzo giorno è resuscitato secondo le Scritture. E’ salito al cielo, siede alla destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la Santa chiesa Cattolica, la Comunione dei Santi, la remissione dei peccati, la resurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

-Inno della Chiesa a San Michele Arcangelo – O Gesù, splendore e potenza del Padre, o Gesù, vita dei nostri cuori, noi ti lodiamo in unione con gli angeli, i quali, attenti agli ordini delle tue labbra, si velano con le loro ali. Migliaia e migliaia di principi celesti circondano il tuo Trono, combattono per te; ma san Michele inalberato il Vessillo della Salvezza, spiega vincitore lo stendardo della Croce. E’ lui che precipita nel fondo dell’inferno l’orgogliosa testa del dragone e fulmina, cacciandoli dal cielo, i ribelli e i loro capi. Seguiamo questo Principe invicibile contro il capo dell’orgoglio, affinchè l’Agnello ricompensi la vittoria del popolo fedele con la corona della gloria eterna.Al Padre, al Figlio che ci ha redenti e a Te, O Spirito Santo, come era in principio, sia una stessa gloria ed una stessa lode per tutti i secoli dei secoli. Amen. 

PRIMA GRAZIA. Primo giorno.
Ti domandiamo, o Arcangelo San Michele, insieme coi principe del primo Coro dei Serafini, che Tu voglia accendere il nostro cuore con le fiamme del santo amore e che per mezzo tuo, possiamo allontanare i lusinghieri inganni dei piaceri del mondo.
Padre nostro – Ave Maria – gloria
San Michele Arcangelo, difendici nella lotta, sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del maligno. Salvaci dalla perdizione eterna. 

SECONDA GRAZIA. Secondo giorno.
Ti chiediamo umilmente, o principe della celeste Gerusalemme, insieme col capo dei Cherubini, di ricordarti di noi, specialmente quando saremo assaliti dalle suggestioni del nemico infernale. Col tuo aiuto, siamo, infatti, divenuti vincitori di Satana e offriamo noi stessi a Dio nostro Signore, come intero olocausto.
Padre nostro – Ave Maria – gloria
San Michele Arcangelo, difendici nella lotta, sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del maligno. Salvaci dalla perdizione eterna.

TERZA GRAZIA. Terzo giorno.
Devotamente ti supplichiamo, o invincibile difensore del Paradiso, affinché insieme col principe del terzo Coro, cioè dei Troni, non permetti che spiriti infernali o infermità ci opprimano.
Padre nostro – Ave Maria – gloria
San Michele Arcangelo, difendici nella lotta, sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del maligno. Salvaci dalla perdizione eterna.

QUARTA GRAZIA. Quarto giorno.
Umilmente prostrati in terra, ti preghiamo, o nostro primo ministro della Corte dell’Empireo, insieme col principe dei quarto Coro, cioè delle Dominazioni, di difendere il Cristianesimo, in ogni sua necessità, ed in particolare il Sommo Pontefice, aumentandolo di felicità e grazia in questa vita e gloria nell’altra.
Padre nostro – Ave Maria – gloria
San Michele Arcangelo, difendici nella lotta, sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del maligno. Salvaci dalla perdizione eterna.

QUINTA GRAZIA. quinto giorno
Ti preghiamo, o santo arcangelo che, insieme col principe delle Virtù, tu voglia liberare noi, tuoi servi, dalle mani dei nostri nemici visibili e invisibili; liberaci dai falsi testimoni, libera dalle discordie questa nazione ed in particolare questa città dalla fame, dall’odio e dalla guerra,; liberaci anche da folgori, tuoni, terremoti e tempeste, che il drago dell’inferno è solito provocare a nostro danno.
Padre nostro – Ave Maria – gloria
San Michele Arcangelo, difendici nella lotta, sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del maligno. Salvaci dalla perdizione eterna.

SESTA GRAZIA. Sesto giorno.
Ti scongiuriamo, o conduttore delle angeliche squadre, e insieme col principe, che tiene il primo luogo fra le Potestà, le quali costituiscono il sesto Coro, di voler provvedere alle necessità di noi tuoi servi, di questa Nazione, ed in particolare di questa città, con il dare alla terra la fecondità desiderata e la pace e la concordia fra i governanti cristiani.
Padre nostro – Ave Maria – gloria
San Michele Arcangelo, difendici nella lotta, sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del maligno. Salvaci dalla perdizione eterna.

SETTIMA GRAZIA. Settimo giorno.
Ti chiediamo, o principe degli angeli Michele, che insieme col capo dei Principati del settimo Coro, tu voglia liberare noi, tuoi servi, tutta questa Nazione ed in particolare questa città dalle infermità fisiche e, molto Più da quelle spirituali.
Padre nostro – Ave Maria – gloria
San Michele Arcangelo, difendici nella lotta, sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del maligno. Salvaci dalla perdizione eterna.

OTTAVA GRAZIA. Ottavo giorno.
Ti supplichiamo, o santo arcangelo, che insieme col principe degli arcangeli dell’ottavo Coro e con tutti i nove Cori, tu abbia cura di noi in questa vita presente e nell’ora della nostra morte. Assisti la nostra agonia affinché, quando staremo per esalare l’anima, rimanendo sotto la tua protezione, vincitori di Satana, giungiamo a godere la divina Bontà con Te, nel Santo Paradiso. 
Padre nostro – Ave Maria -gloria
San Michele Arcangelo, difendici nella lotta, sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del maligno. Salvaci dalla perdizione eterna.

NONA GRAZIA. Nono giorno.
Ti preghiamo finalmente, o glorioso principe e difensore della Chiesa militante e trionfante, che tu voglia, in compagnia del capo degli angeli del nono Coro, custodire sostenere i tuoi devoti. Assisti noi, i nostri familiari e tutti quelli che si sono raccomandati alle nostre preghiere, affinché con la tua protezione, vivendo in modo santo, possiamo godere Dio insieme con te per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Padre nostro – Ave Maria – gloria
San Michele Arcangelo, difendici nella lotta, sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del maligno. Salvaci dalla perdizione eterna.

1 Padre Nostro a San Michele
1 Padre Nostro a San Gabriele
1 Padre Nostro a San Raffaele
1 Padre Nostro all’Angelo Custode

Prega per noi Arcangelo San Michele Gesù Cristo Nostro Signore e saremo degni delle sue promesse.

PREGHIAMO
Onnipotente ed Eterno Dio, che nella tua somma Bontà assegnasti in modo mirabile l’Arcangelo Michele come gloriosissimo principe della Chiesa per la salvezza degli uomini, concedi che, con il suo salvifico aiuto, meritiamo di essere efficacemente difesi di fronte a tutti i nemici in modo che, al momento della nostra morte, possiamo essere liberati dal peccato e presentarci alla tua eccelsa e beatissima Maestà. Per Cristo nostro Signore. Amen. 

CONSACRAZIONE A SAN MICHELE ARCANGELO.
Principe nobilissimo delle Gerarchie angeliche, valoroso guerriero dell’Altissimo, amatore zelante della gloria del Signore, terrore degli angeli ribelli, amore e delizia di tutti gli angeli giusti, mio dilettissimo Arcangelo San Michele, poiché io desidero di essere contato nel numero dei devoti e dei tuoi servi, oggi io come tale mi offro, mi dono e mi consacro a te, e pongo me stesso, la mia famiglia e quanto mi appartiene sotto la tua potentissima protezione. E’ piccola l’offerta della mia servitù, poiché sono un miserabile, peccatore. Ma tu gradisci l’affetto del mio cuore. Ricordati inoltre che se da oggi in avanti sono sotto il tuo patrocinio, tu devi assistermi in tutta la mia vita e procurarmi il perdono dei miei molti e gravi peccati, la grazia di amare di cuore il mio Dio, il mio caro Salvatore Gesù e la mia dolce Madre Maria, ed impetrarmi quegli aiuti che mi sono necessari per arrivare alla corona della gloria. Difendimi sempre dai nemici dell’anima mia specialmente nel punto estremo della mia vita. Vieni, allora, o Principe gloriosissimo, ed assistimi nell’ultima lotta. Con la tua arma potente respingi lontano da me nell’abisso dell’inferno quell’angelo prevaricatore e superbo che un giorno hai prostrato nel combattimento in cielo. Amen.

Preghiera all’angelo custode

Ecco una possibile preghiera all’angelo custode

Angelo benignissimo, mio custode, tutore e maestro, mia guida e difesa, mio sapientissimo consigliere e amico fedelissimo, a te io sono stato raccomandato, per la bontà del Signore, dal giorno in cui nacqui fino all’ultima ora della mia vita. Quanta riverenza ti debbo, sapendo che mi sei dovunque e sempre vicino! Con quanta riconoscenza ti devo ringraziare per l’amore che nutri per me, quale e quanta confidenza per saperti il mio assistente e difensore! Insegnami, Angelo Santo, correggimi, proteggimi, custodiscimi e guidami per il diritto e sicuro cammino alla Santa Città di Dio. Non permettere che io faccia cose che offendano la tua santità e la tua purezza. Presenta i miei desideri al Signore, offrigli le mie orazioni, mostragli le mie miserie e impetrami il rimedio di esse dalla sua infinita bontà e dalla materna intercessione di Maria Santissima, tua Regina. Vigila quando dormo, sostienimi quando sono stanco, sorreggimi quando sto per cadere, alzami quando sono caduto, indicami la via quando sono smarrito, rincuorami quando mi perdo d’animo, illuminami quando non vedo, difendimi quando sono combattuto e specialmente nell’ultimo giorno della mia vita, siimi scudo contro il demonio. In grazia della tua difesa e della tua guida, ottienimi infine di entrare nella tua gloriosa dimora, dove per tutta l’eternità io possa esprimerti la mia gratitudine e glorificare assieme a te il Signore e la Vergine Maria, tua e mia Regina. Amen.

Preghiera finale

O Dio, che nella Tua misteriosa Provvidenza, mandi dal cielo i Tuoi angeli a nostra custodia e protezione, fa che nel cammino della vita siamo sempre sorretti dal loro aiuto per pervenire con loro alla gioia eterna. Per Cristo Nostro Signore.

Vangelo Lc 18, 9-14: “chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato”

Liturgia Novus Ordo: Lc 18, 9-14

Vangelo Lc 18, 9-14
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Maria Valtorta: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’
Paralleli Vetus Ordo 

   Cap. CDXCIV. La donna adultera e l’ipocrisia dei suoi accusatori. Vari insegnamenti.

   20 marzo 1944.

   494.1Vedo l’interno del recinto del Tempio, ossia uno dei tanti cortili contornati da porticati. E vedo anche Gesù, il quale, molto ammantellato nel suo manto che lo fascia sopra la veste, non bianca ma rosso cupo (sembra una stoffa di lana pesante), parla a della folla che lo circonda.
   Direi che è una giornata invernale, perché vedo che tutti sono molto ammantellati, e che faccia piuttosto freddo, perché invece di star fermi tutti camminano alla svelta come per scaldarsi. Vi è del vento che smuove i mantelli e solleva la polvere dei cortili.
   Il gruppo che si stringe intorno a Gesù, l’unico che stia fermo mentre tutti gli altri, intorno a questo o a quel maestro, vanno avanti e indietro, si fende per lasciar passare un drappello di scribi e farisei gesticolanti e più che mai velenosi. Sprizzano veleno dallo sguardo, dal colore del volto, dalla bocca. Che vipere! Più che condurre, trascinano una donna sui trent’anni, scapigliata, disordinata nelle vesti come chi è stata malmenata, e piangente. La buttano ai piedi di Gesù come fosse un mucchio di cenci o una spoglia morta. E lei resta là, rannicchiata su se stessa, col volto appoggiato alle due braccia, nascosto da esse che le fanno cuscino fra il volto e il suolo.
   «Maestro, costei è stata colta in flagrante adulterio. Suo marito l’amava, nulla le faceva mancare. Ella era regina nella sua casa. E lei lo ha tradito perché è una peccatrice, una viziosa, un’ingrata, una profanatrice. Adultera è, e come tale va lapidata. Mosé l’ha detto. Nella sua legge lo comanda che queste tali siano lapidate come bestie immonde. E immonde sono. Perché tradiscono la fede e l’uomo che le ama e le cura, perché come terra mai sazia sempre sono affamate di lussuria. Peggio delle meretrici sono, perché senza morso di bisogno danno se stesse per dare cibo alla loro impudicizia. Corrotte sono. Contaminatrici sono. A morte devono esser condannate. Mosè l’ha detto. E Tu, Maestro, che ne dici?».

   494.2Gesù, che aveva interrotto di parlare all’arrivo tumultuoso dei farisei e che aveva guardato la muta astiosa con sguardo penetrante e poi aveva chinato lo sguardo sulla donna avvilita, gettata ai suoi piedi, tace. Si è curvato, restando seduto, e con un dito scrive sulle pietre del portico, che la polvere sollevata dal vento copre di terriccio. Quelli parlano e Lui scrive.
   «Maestro? Parliamo a Te. Ascoltaci. Rispondici. Non hai capito? Questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Nella sua casa. Nel letto dell’uomo suo. Ella lo ha sporcato con la sua libidine».
   Gesù scrive.
   «Ma è stolto quest’uomo! Non vedete che non capisce nulla e traccia dei segni sulla polvere come un povero folle?».
   «Maestro, per il tuo buon nome, parla. La tua sapienza risponda al nostro interrogare. Ti ripetiamo: questa donna non mancava di nulla. Aveva vesti, cibo, amore. E ha tradito».
   Gesù scrive.
   «Ha mentito all’uomo che aveva fiducia in lei. Con bocca mendace l’ha salutato e col sorriso l’ha accompagnato alla porta, e poi ha aperto la porta segreta e ha ammesso il suo amante. E mentre il suo uomo era assente per lavorare per lei, essa, come una bestia immonda, s’è avvoltolata nella sua lussuria».
   «Maestro, è una profanatrice della Legge oltre che del talamo. Una ribelle, una sacrilega, una bestemmiatrice».
   Gesù scrive. Scrive e cancella lo scritto col piede calzato dal sandalo e scrive più là, girandosi piano su Se stesso per trovare altro spazio. Sembra un bambino che giuochi. Ma quello che scrive non è parola di giuoco. Ha scritto successivamente: «Usuraio», «Falso», «Figlio irriverente», «Fornicatore», «Assassino», «Profanatore della Legge», «Ladro», «Libidinoso», «Usurpatore», «Marito e padre indegno», «Bestemmiatore», «Ribelle a Dio», «Adultero». Scritto e riscritto mentre sempre nuovi accusatori parlano.
   «Ma insomma, Maestro! Il tuo giudizio. La donna va giudicata. Non può col suo peso contaminare la terra. Il suo fiato è veleno che turba i cuori».

   494.3Gesù si alza. Misericordia! Che viso! È un balenare di lampi che si avventano sugli accusatori. Sembra ancor più alto, tanto tiene la testa eretta. Sembra un re sul suo trono, tanto è severo e solenne. Il manto gli è caduto da una spalla e fa un lieve strascico dietro a Lui. Ma Egli non se ne cura. Con volto chiuso e senza la più lontana traccia di sorriso sulla bocca e negli occhi, pianta questi occhi in volto alla folla, che arretra come davanti a due lame ben pontute. Fissa uno per uno. Con una intensità di indagine che fa paura. I fissati cercano di arretrare nella folla e di nascondersi in essa. Il cerchio così si allarga e sgretola come minato da una forza occulta.
   Infine parla. «Chi di voi è senza peccato scagli sulla donna la prima pietra». E la voce è un tuono accompagnato da un ancor più vivo lampeggiare di sguardi. Gesù ha conserto le braccia sul petto e sta così, ritto come un giudice, in attesa. Il suo sguardo non dà pace. Fruga, penetra, accusa.
   Prima uno, poi due, poi cinque, poi a gruppi, i presenti si allontanano a capo basso. Non solo gli scribi e i farisei, ma anche quelli che erano prima intorno a Gesù ed altri che si erano accostati per sentire il giudizio e la condanna e che, tanto quelli che questi, si erano uniti per insolentire la colpevole e chiedere la lapidazione.
   Gesù resta solo con Pietro e Giovanni. Non vedo gli altri apostoli.
   Gesù si è rimesso a scrivere, mentre la fuga degli accusatori avviene, e ora scrive: «Farisei», «Vipere», «Sepolcri di marciume», «Menzogneri», «Traditori», «Nemici di Dio», «Insultatori del suo Verbo»…

   494.4Quando tutto il cortile si è svuotato e un gran silenzio si è fatto, non rimanendo che il fruscio del vento e quello di una fontanella in un angolo, Gesù alza il capo e guarda. Ora il volto si è placato. È mesto, ma non più irato. Dà un’occhiata a Pietro, che si è lievemente allontanato appoggiandosi ad una colonna, ed una a Giovanni che, quasi dietro a Gesù, lo guarda col suo sguardo innamorato. Gesù ha un’ombra di sorriso guardando Pietro e un più vivo sorriso guardando Giovanni. Due sorrisi diversi.
   Poi guarda la donna, ancora prostrata e piangente ai suoi piedi. L’osserva. Si alza, si riaggiusta il manto come fosse in procinto di mettersi in cammino. Fa un cenno ai due apostoli di avviarsi verso l’uscita.
   Quando resta solo, chiama la donna. «Donna, ascoltami. Guardami». Ripete il comando, perché essa non osa alzare il viso. «Donna, siamo soli. Guardami».
   La disgraziata alza un viso su cui pianto e polvere fanno una maschera di avvilimento.
   «Dove sono, o donna, quelli che ti accusavano?». Gesù parla piano. Con serietà pietosa. Tiene il volto e il corpo lievemente piegati verso terra, verso quella miseria, e gli occhi sono pieni di una espressione indulgente e risanatrice. «Nessuno ti ha condannata?».
   La donna, fra un singulto e l’altro, risponde: «Nessuno, Mae­stro».
   «E neppure Io ti condannerò. Va’. E non peccare più. Va’ alla tua casa. E sappi farti perdonare. Da Dio e dall’offeso. Non abusare della benignità del Signore. Va’». E la aiuta a rialzarsi prendendola per una mano. Ma non la benedice e non le dà la pace. La guarda avviarsi, a capo chino e lievemente barcollante sotto la sua vergogna, e poi, quando è scomparsa, si avvia a sua volta coi due discepoli.

   494.5Dice Gesù:
   «Quello che mi feriva era la mancanza di carità e di sincerità negli accusatori. Non che mentissero nell’accusa. La donna era realmente colpevole. Ma erano insinceri facendosi scandalo di cosa da loro commessa le mille volte e che unicamente una maggior astuzia e una maggior fortuna avevano permesso rimanesse occulta. La donna, al suo primo peccato, era stata meno astuta e meno fortunata. Ma nessuno dei suoi accusatori ed accusatrici — perché anche le donne, se non alzavano la loro parola, la accusavano in fondo al cuore — erano scevri di colpa.
   Adultero è chi trascende all’atto e chi appetisce all’atto e lo desidera con tutte le sue forze. La lussuria è tanto in chi pecca che in chi desidera peccare. Ricordati, Maria, la prima parola[133] del tuo Maestro, quando ti ho chiamata dall’orlo del precipizio dove eri: “Il male non basta non farlo. Bisogna anche non desiderare di farlo”. Chi accarezza pensieri di senso, e suscita con letture e spettacoli cercati appositamente e con abitudini malsane sensazioni di senso, è ugualmente impuro come chi commette la colpa materialmente. Oso dire: è maggiormente colpevole. Perché va col pensiero contro natura, oltre che contro morale. Non parlo poi di chi trascende a veri atti contro natura. L’unica attenuante di costui è in una malattia organica o psichica. Chi non ha tale scusante è di dieci gradi inferiore alla bestia più lurida.
   Per condannare con giustizia occorrerebbe essere immuni da colpa. Vi rimando a dettati passati, quando parlo delle condizioni essenziali per esser giudice. A Me non erano ignoti i cuori di quei farisei e di quegli scribi, non quelli di coloro che si erano uniti ad essi nell’inveire contro la colpevole. Peccatori contro Dio e contro il prossimo, erano in loro colpe contro il culto, colpe contro i genitori, colpe contro il prossimo, colpe, soprattutto numerose, contro le mogli loro. Se per un miracolo avessi ordinato al loro sangue di scrivere sulla loro fronte il loro peccato, fra le molte accuse avrebbe imperato quella di “adulteri” di fatto o di desiderio.

   494.6Io ho detto[134]: “È quello che viene dal cuore che contamina l’uomo”. E, tolto il mio cuore, non vi era alcuno fra i giudici che avesse il cuore incontaminato. Senza sincerità e senza carità. Neppure l’esser simili a lei nella fame concupiscente li induceva a carità. Io ero che avevo carità per l’avvilita. Io, l’Unico che ne avrei dovuto aver schifo. Ma ricordatevi però questo: che quanto più uno è buono e più è pietoso verso i colpevoli. Non indulge alla colpa per se stessa. Questo no. Ma compatisce i deboli che alla colpa non hanno saputo resistere.
   L’uomo! Oh! più che canna fragile e vilucchio sottile è facile ad esser piegato dalla tentazione e portato ad avvinghiarsi là dove spera trovare un conforto. Perché molte volte la colpa avviene, specie nel sesso più debole, per questa ricerca di conforto. Perciò Io dico che chi manca di affetto per la sua donna, ed anche per la figlia sua propria, è per novanta parti su cento responsabile della colpa della sua donna o della sua creatura e ne risponderà per esse. Tanto l’affetto stolto, che è soltanto stupido schiavismo di un uomo ad una donna o di un genitore ad una figlia, quanto una trascuratezza d’affetti, o peggio una colpa di propria libidine che porta un marito ad altri amori e dei genitori ad altre cure che non siano i figli, sono fomite ad adulterio e prostituzione e, come tali, sono da Me condannati.
   Siete esseri dotati di ragione e guidati da una legge divina e da una legge morale. Avvilirsi perciò ad una condotta da selvaggi o da bruti dovrebbe fare orrore alla vostra grande superbia. Ma la superbia, che in questo caso sarebbe anche utile, voi l’avete per ben altre cose.

   494.7Ho guardato Pietro e Giovanni in diversa maniera, perché al primo, uomo, ho voluto dire: “Pietro, non mancare tu pure di carità e di sincerità”, e dirgli pure, come a futuro mio Pontefice: “Ricorda quest’ora e giudica come il tuo Maestro, in avvenire”; mentre al secondo, giovane dall’anima di bambino, ho voluto dire: “Tu puoi giudicare e non giudichi perché hai il mio stesso cuore. Grazie, amato, d’esser tanto mio da essere un secondo Me”.
   Ho allontanato i due prima di chiamare la donna per non aumentare la sua mortificazione con la presenza di due testimoni. Imparate, o uomini senza pietà. Per quanto uno sia colpevole, va sempre trattato con rispetto e carità. Non gioire del suo annichilimento, non accanircisi contro neppure con sguardi curiosi. Pietà, pietà per chi cade!
   Alla colpevole indico la via da seguirsi per redimersi. Tornare alla sua casa, umilmente chiedere perdono e ottenerlo con una vita retta. Non cedere più alla carne. Non abusare della bontà divina e della bontà umana per non scontare più duramente di ora la duplice o molteplice colpa. Dio perdona, e perdona perché è la Bontà. Ma l’uomo, per quanto Io abbia detto[135]:
   “Perdona al fratello tuo settanta volte sette”, non sa perdonare due volte.
   Non le do pace e benedizione perché non era in lei quella completa recisione dal suo peccato che è richiesta per esser perdonati. Nella sua carne, e purtroppo nel suo cuore, non era la nausea per il peccato. Maria di Magdala, sentito il sapore del mio Verbo, aveva avuto disgusto per il peccato ed era venuta a Me con la volontà totale di essere un’altra. In costei era ancora un ondeggiamento fra le voci della carne e dello spirito. Né ella, nel turbamento dell’ora, aveva ancora potuto mettere la scure contro il ceppo della carne e reciderla per andare mutilata del suo peso bramoso al Regno di Dio. Mutilata di ciò che era rovina, ma accresciuta di ciò che è salvezza.
   Vuoi sapere se si è poi salvata? Non a tutti fui Salvatore. Per tutti lo volli essere, ma non lo fui perché non tutti ebbero la volontà d’esser salvati. E questo è stato uno dei più penetranti strali della mia agonia del Getsemani.
   Va’ in pace tu, Maria di Maria, e non voler più peccare neppure nelle inezie. Sotto il manto di Maria non stanno che cose pure. Ricordalo.
   […]».


Maria Valtorta: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’
Paralleli Novus ordo

   Cap. DXXIII. A Gerico. La richiesta a Gesù di giudicare su una donna. La parabola del fariseo e del pubblicano dopo un paragone tra peccatori a malati.

  2 novembre 1946

 Gesù esce dalla casa di Zaccheo. È mattina inoltrata. È con Zaccheo, Pietro e Giacomo di Alfeo. Gli altri apostoli sono forse già sparsi per la campagna per annunciare che il Maestro è in città.
   Dietro al gruppo di Gesù con Zaccheo e gli apostoli ve ne è un altro, molto… variato per fisionomie, età, vesti. Non è difficile dichiarare con sicurezza che questi uomini appartengono a razze diverse, forse anche antagoniste fra di loro. Ma gli eventi della vita hanno portato questi in questa città palestinese e li hanno riuniti perché dal loro profondo risalissero verso la luce. Sono per lo più volti appassiti di chi ha usato e abusato della vita in più modi, occhi stanchi per la più parte; in altri, sguardi che la lunga abitudine ad occupazioni di… rapina fiscale o di comando brutale ha fatto rapaci o duri, e ogni tanto questo loro antico sguardo riaffiora da sotto un velo dimesso e pensoso che vi ha messo la nuova vita. E ciò avviene specialmente quando qualcuno di Gerico li guarda con sprezzo o borbotta qualche insolenza a loro carico. Poi l’occhio torna stanco, dimesso, e le teste si riabbassano avvilite.
   Gesù si volta per due volte ad osservarli e, vedendoli indietro, rallentanti il loro passo più si avvicinano al luogo prescelto per parlare, e già pieno di gente, rallenta il suo per attenderli, e infine dice loro: «Passatemi avanti e non temete. Avete sfidato il mondo quando facevate il male; non dovete temerlo ora che vi siete spogliati di esso. Ciò che avete usato per domarlo allora ? l’indifferenza al giudizio del mondo, unica arma per stancarlo di giudicare ? usatelo anche ora, ed esso si stancherà di occuparsi di voi, e vi assorbirà, seppure lentamente, annullandovi nella grande massa anonima che è questo misero mondo, al quale in verità si dà troppo peso».
   Gli uomini, quindici, ubbidiscono e passano avanti.

 «Maestro, là sono i malati della campagna», dice Giacomo di Zebedeo andando incontro a Gesù e indicando un angolo tiepido di sole.
   «Vengo. Gli altri dove sono?».
   «Fra la gente. Ma già ti hanno visto e stanno venendo. Con loro sono anche Salomon, Giuseppe di Emmaus, Giovanni d’Efeso, Filippo di Arbela. Sono diretti alla casa di quest’ultimo e vengono da Joppe, Lidda e Modin. Hanno seco loro uomini della costa del mare e donne. Ti cercavano, anzi, perché è discordia fra loro sul giudicare una donna. Ma parleranno con Te…».
   Gesù è infatti presto circondato dagli altri discepoli e salutato con venerazione. Dietro ad essi sono i nuovi attirati alla dottrina di Gesù. Ma non c’è Giovanni d’Efeso, e Gesù ne chiede la ragione.
   «Si è fermato con una donna e con i parenti della stessa in una casa lontana dalla gente. La donna non si sa se è indemoniata o profetessa. Dice cose meravigliose, a detta di quelli del suo paese. Ma gli scribi che l’hanno ascoltata l’hanno giudicato posseduta. I parenti hanno chiamato gli esorcisti più volte, ma essi non poterono cacciare il demonio parlante che la tiene. Però un di loro disse al padre della donna (è una vedova vergine rimasta in famiglia): “Per tua figlia ci vuole il Messia Gesù. Egli capirà le sue parole e saprà donde vengono. Io ho provato di imporre allo spirito che parla in lei di andarsene in nome di Gesù detto il Cristo. Sempre gli spiriti tenebrosi sono fuggiti quando ho usato questo Nome. Questa volta no. Da questo io dico che, o è lo stesso Belzebù che parla  e  riesce  a resistere anche a quel Nome detto da me, o è lo stesso Spirito di Dio, e perciò non teme essendo che è una cosa sola col Cristo. Io sono convinto più di questo che del primo caso. Ma, per esserne certi, solo il Cristo può giudicare. Egli conoscerà le parole e la loro origine”. E fu malmenato dagli scribi presenti, che lo dissero posseduto lui pure come la donna e come Te. Perdona se dobbiamo dirlo… E degli scribi non ci hanno più lasciati, e sono di guardia alla donna perché vogliono stabilire se può essere avvisata del tuo arrivo. Perché essa dice che conosce il tuo volto e la tua voce, e fra mille e mille ti riconoscerebbe, mentre è provato che essa mai è uscita dal paese, anzi, dalla sua casa da quando, quindici anni or sono, le morì lo sposo la vigilia della festa nuziale; ed è anche provato che mai Tu sei passato dal suo paese che è Betlechi. E gli scribi attendono questa ultima prova per dirla indemoniata. 

Vuoi vederla subito?».
   «No. Devo parlare alla gente. E sarebbe troppo chiassoso l’incontro qui, fra le turbe. Va’ a dire a Giovanni d’Efeso e ai parenti della donna, e anche agli scribi, che li attendo tutti all’inizio del tramonto nei boschi lungo il fiume, sul sentiero del guado. Va’».
   E Gesù, congedato Salomon, che ha parlato per tutti, va dai malati invocanti guarigione e li guarisce. Sono una donna anziana anchilosata dall’artrite, un paralitico, un giovanetto ebete, una fanciulla che direi etica e due malati agli occhi. La gente ha i suoi trillanti gridi di gioia.
   Ma non è finita ancora la serie dei malati. Una madre si avanza, sfigurata dal dolore, sorretta da due amiche o parenti, e si inginocchia dicendo: «Ho il figlio morente. Non può essere portato qui… Pietà di me!».
   «Puoi credere senza misura?».
   «Tutto, o mio Signore!».
   «E allora torna a casa tua».
   «A casa mia?… Senza Te?…». La donna lo guarda un momento con affanno, poi comprende. Il povero viso si trasfigura. Grida: «Vado, Signore. E benedetto Te e l’Altissimo che ti ha mandato!». E corre via, più svelta delle stesse sue compagne…
   Gesù si volge ad uno di Gerico, ad un dignitoso cittadino. «Quella donna è ebrea?».
   «No. Di nascita almeno, no. Viene da Mileto. Sposa però a uno di noi e da allora nella nostra fede».
   «Ha saputo credere meglio di molti ebrei», osserva Gesù.

 4 Poi, salendo sull’alto gradino di una casa, fa il gesto abituale, di aprire le braccia, che precede il suo parlare e serve ad imporre silenzio. Ottenutolo, raccoglie le pieghe del manto, apertosi sul petto nel gesto, e lo tiene fermo con la sinistra mentre abbassa la destra nell’atto di chi giura, dicendo:
   «Ascoltate, o cittadini di Gerico, le parabole del Signore, e ognuno poi le mediti nel suo cuore e  ne tragga la lezione per nutrire il suo spirito. Lo potete fare perché non da ieri, né dalla passata luna, e neppure dall’altro inverno, conoscete la Parola di Dio. Prima che Io fossi il Maestro, Giovanni, mio Precursore, vi aveva preparato al mio venire e, dopo che lo fui, i miei discepoli hanno arato questo suolo sette e sette volte per seminarvi ogni seme che Io avevo loro dato. Dunque potete capire la parola e la parabola.

 A che paragonerò Io coloro che, dopo essere stati peccatori, poi si convertono? Li paragonerò a malati che guariscono. A che paragonerò gli altri che non hanno pubblicamente peccato, o che, rari più di perle nere, non hanno fatto mai, neppur nel segreto, colpe gravi? Li paragonerò a delle persone sane. Il mondo è composto di queste due categorie. Sia nello spirito che nella carne e sangue. Ma, se uguali sono i paragoni, diverso è il modo del mondo di usare coi malati guariti, che erano malati nella carne, da quello che esso usa coi peccatori convertiti, ossia coi malati dello spirito che tornano in salute.
   Noi vediamo che quando anche un lebbroso, che è il malato più pericoloso e più isolato perché pericoloso, ottiene la grazia di guarigione, dopo essere stato osservato dal sacerdote e purificato, viene riammesso nel consorzio delle genti, e anzi quelli della sua città lo festeggiano perché guarito, perché risuscitato alla vita, alla famiglia, agli affari. Gran festa in famiglia e in città, quando uno che era lebbroso riesce ad ottenere grazia e a guarire! È una gara fra i famigliari e i cittadini a portargli questo e quello e, se è solo e senza casa o mobili, a offrirgli tetto o mobiglia, e tutti dicono: “È uno prediletto da Dio. Il suo dito lo ha sanato. Facciamogli dunque onore, e onoreremo Colui che lo ha creato e ricreato”. È giusto di fare così. E quando, sventuratamente invece, uno ha i primi segni di lebbra, con che amore angoscioso parenti e amici lo colmano di tenerezze, finché è possibile ancora farlo, quasi per dargli, tutto in una volta, il tesoro di affetti che gli avrebbero dato in molti anni, perché se lo porti seco nel suo sepolcro di vivo.
   Ma perché allora per gli altri malati non si fa così? Un uomo comincia a peccare, e famigliari e soprattutto concittadini lo vedono? Perché allora non cercano con amore di strapparlo al peccare? Una madre, un padre, una sposa, una sorella ancora lo fanno. Ma è già difficile che lo facciano i fratelli, e non dico poi che lo facciano i figli del fratello del padre o della madre. I concittadini, infine, non sanno che criticare, schernire, insolentire, scandalizzarsi, esagerare i peccati del peccatore, segnarselo a dito, tenerlo discosto come un lebbroso quelli che sono più giusti, farsi suoi complici, per godere alle sue spalle, quelli che giusti non sono. Ma non c’è che ben raramente una bocca, e soprattutto un cuore, che vada dall’infelice con pietà e fermezza, con pazienza e amore soprannaturale, e si affanni a frenarne la discesa nel peccato.
   E come? Non è forse più grave, veramente grave e mortale la malattia dello spirito? Non priva essa, e per sempre, del Regno di Dio? La prima delle carità verso Dio e verso il prossimo non deve essere questo lavoro di sanare un peccatore per il bene della sua anima e la gloria di Dio?
   E quando un peccatore si converte, perché quell’ostinatezza di giudizio su di lui, quel quasi rammaricarsi che egli sia tornato alla salute spirituale? Vedete smentiti i vostri pronostici di certa dannazione di un vostro concittadino? Ma dovreste esserne felici, perché Colui che vi smentisce è il misericordioso Iddio, che vi dà una misura della sua bontà a rincuorarvi nelle vostre colpe più o meno gravi.
   E perché quel persistere a voler vedere sporco, spregevole, degno di stare nell’isolamento, ciò che Dio e la buona volontà di un cuore hanno fatto netto, ammirevole, degno della stima dei fratelli, anzi della loro ammirazione?
   Ma ben giubilate anche se un vostro bue, un vostro asino o cammello, o la pecora del gregge, o il colombo preferito guariscono da una malattia! Ben giubilate se un estraneo, che appena ricordate a nome per averne sentito parlare al tempo in cui fu isolato perché lebbroso, torna guarito! E perché allora non giubilate per queste guarigioni di spirito, per queste vittorie di Dio? Il Cielo giubila quando un peccatore si converte. Il Cielo: Dio, gli angeli purissimi, quelli che non sanno cosa è peccare. E voi, voi uomini, volete essere più intransigenti di Dio?

 Fate, fate giusto il vostro cuore e riconoscete il Signore non soltanto come presente fra le nuvole d’incenso e i canti del Tempio, nel luogo dove solamente la santità del Signore, nel Sommo Sacerdote, deve entrare, e dovrebbe essere santa come il nome lo indica. Ma anche nel prodigio di questi spiriti risorti, di questi altari riconsacrati, sui quali l’Amore di Dio scende coi suoi fuochi ad accendere il sacrificio».
   Gesù viene interrotto dalla madre di prima, che con gridi di benedizione lo vuole adorare. Gesù la ascolta e benedice e la rimanda a casa, riprendendo il discorso interrotto.
   «E se da un peccatore, che un tempo vi ha dato spettacolo di scandalo, ricevete ora spettacoli di edificazione, non vogliate schernire ma imitare. Perché nessuno è mai tanto perfetto da essere impossibile che un altro lo ammaestri. E il Bene è sempre lezione che va accolta, anche se colui che lo pratica un tempo era oggetto di riprovazione. Imitate e aiutate. Perché, così facendo, glorificherete il Signore e dimostrerete che avete capito il suo Verbo. Non vogliate essere come quelli che in cuor vostro criticate perché le loro azioni non corrispondono alle loro parole. Ma fate che ogni vostra buona azione sia il coronamento di ogni vostra buona parola. E allora veramente sarete guardati e ascoltati benevolmente dall’Eterno.

 Udite quest’altra parabola, per comprendere quali sono le cose che hanno valore agli occhi di Dio. Essa vi insegnerà a correggervi da un pensiero non buono che è in molti cuori. I più degli uomini si giudicano da se stessi e, posto che solo un uomo su mille è veramente umile, così avviene che l’uomo si giudica perfetto, lui solo perfetto, mentre nel prossimo nota cento e cento peccati.
   Un giorno due uomini, andati a Gerusalemme per affari, salirono al Tempio, come si conviene ad ogni buon israelita ogni qualvolta pone piede nella Città Santa. Uno era un fariseo. L’altro un pubblicano. Il primo era venuto per riscuotere il fitto di alcuni empori e per fare i conti con i suoi fattori, che abitavano nelle vicinanze della città. L’altro per versare le imposte riscosse e per invocare pietà in nome di una vedova che non poteva pagare la tassazione della barca e delle reti, perché la pesca, fatta dal figlio maggiore, le era appena sufficiente per dare da mangiare ai molti altri figli.
   Il fariseo, prima di salire al Tempio, era passato dai tenutari degli empori e, gettato uno sguardo in essi empori, vistili pieni di merci e di compratori, si era compiaciuto in se stesso e poi aveva chiamato il tenutario del luogo e gli aveva detto: “Vedo che i tuoi commerci vanno bene”.
   “Sì, per grazia di Dio. Sono contento del mio lavoro. Ho potuto aumentare le merci e spero di farlo ancora di più. Ho migliorato il luogo, e l’anno veniente non avrò le spese dei banchi e scaffali, e perciò avrò più guadagno”.
   “Bene! Bene! Ne sono felice! Quanto paghi tu per questo luogo?”.
   “Cento didramme al mese. È caro, ma la posizione è buona…”.
   “Lo hai detto. La posizione è buona. Perciò io ti raddoppio il fitto’’.
   “Ma signore”, esclamò il negoziante. “In tal maniera tu mi levi ogni utile!”.
   “È giusto. Devo forse io arricchire te? E sul mio? Presto. O tu mi dai duemilaquattrocento didramme, e subito, o ti caccio fuori e mi tengo la merce. Il luogo è mio e ne faccio ciò che voglio” .
   Così al primo, così al secondo e al terzo dei suoi affittuari, ad ognuno raddoppiando il prezzo, sordo ad ogni preghiera. E perché il terzo, carico di figli, volle fare resistenza, chiamò le guardie e fece porre i sigilli di sequestro, cacciando fuori l’infelice.
   Poi, nel suo palazzo, esaminò i registri dei fattori, trovando di che punirli come fannulloni e sequestrando loro la parte che si erano tenuta di diritto.
   Uno aveva il figlio morente, e per le molte spese aveva venduto una parte del suo olio per pagare le medicine. Non aveva dunque che dare all’esoso padrone. “Abbi pietà di me, padrone. Il mio povero figlio sta per morire, e dopo farò dei lavori straordinari per rifonderti ciò che ti sembra giusto. Ma ora, tu lo comprendi, non posso”.
   “Non puoi? Io ti farò vedere se puoi o non puoi”. E, andato col povero fattore nel frantoio, lo privò anche di quel resto d’olio che l’uomo si era tenuto per il misero cibo e per alimentare la lampada che permetteva di vegliare il figlio nella notte.
   Il pubblicano invece, andato dal suo superiore e versate le imposte riscosse, si sentì dire: “Ma qui mancano trecentosettanta assi. Come mai ciò?”.
   “Ecco, ora ti dico. Nella città è una vedova con sette figli. Il primo solo è in età di lavorare. Ma non può andare lontano da riva con la barca, perché le sue braccia sono deboli ancora per il remo e la vela, e non può pagare un garzone di barca. Stando vicino a riva, poco pesca, e il pescato basta appena a sfamare quelle otto infelici persone. Non ho avuto cuore di esigere la tassa”.
   “Comprendo. Ma la legge è legge. Guai se si sapesse che essa è pietosa! Tutti troverebbero ragioni per non pagare. Il giovinetto cambi mestiere e venda la barca se non possono pagare” .
   “È il loro pane futuro… ed è il ricordo del padre”.
   “Comprendo. Ma non si può transigere”.
   “Va bene. Ma io non posso pensare otto infelici privati dell’unico bene. Pago io i trecentosettanta assi”.

 Fatte queste cose, i due salirono al Tempio e, passando presso il gazofilacio, il fariseo trasse con ostentazione una voluminosa borsa dal seno e la scosse sino all’ultimo picciolo nel Tesoro. In quella borsa erano le monete prese in più ai negozianti e il ricavato dell’olio levato al fattore e subito venduto ad un mercante. Il pubblicano invece gettò un pugnello di piccioli, dopo aver levato quanto gli era necessario al ritorno al suo luogo. L’uno a l’altro dettero perciò quanto avevano. Anzi, in apparenza, il più generoso fu il fariseo, perché dette fino all’ultimo dei piccioli che aveva seco. Però occorre riflettere che nel suo palazzo egli aveva altre monete e aveva crediti aperti presso dei ricchi cambiavalute.
   Indi andarono davanti al Signore. Il fariseo proprio avanti, presso il limite dell’atrio degli Ebrei, verso il Santo; il pubblicano in fondo, quasi sotto la volta che portava nel cortile delle Donne, e stava curvo, schiacciato dal pensiero della sua miseria rispetto alla Perfezione divina. E pregavano l’uno e l’altro.
   Il fariseo, ben ritto, quasi insolente, come fosse il padrone del luogo e fosse lui che si degnasse di ossequiare un visitatore, diceva: “Ecco che sono venuto a venerarti nella Casa che è la nostra gloria. Sono venuto benché senta che Tu sei in me, perché io sono giusto. So esserlo. Però, per quanto sappia che soltanto per mio merito sono tale, ti ringrazio, come è legge, di ciò che sono. Io non sono rapace, ingiusto, adultero, peccatore come quel pubblicano che ha gettato contemporaneamente a me un pugnello di piccioli nel Tesoro. Io, lo hai visto, ti ho dato tutto quanto avevo meco. Quell’esoso, invece, ha fatto due parti e a Te ha dato la minore. L’altra, certamente, la terrà per le gozzoviglie e le femmine. Ma io sono puro. Non mi contamino io. Io sono puro e giusto, digiuno due volte alla settimana, pago le decime di quanto possiedo. Sì. Sono puro, giusto e benedetto, perché santo. Ricòrdatelo, o Signore”.
   Il pubblicano, dal suo angolo remoto, senza osare di alzare lo sguardo verso le porte preziose dell’hecal, (luogo santo ed era la sala che nel Tempio di Gerusalemme precedeva il debir [sarà menzionato al capitolo 534] o Santo dei santi [menzionato spesso], dove era custodita l’Arca e dove poteva entrare soltanto il Sommo Sacerdote una volta all’anno), e battendosi il petto, pregava così: “Signore, io non son degno di stare in questo luogo. Ma Tu sei giusto e santo, e me lo concedi ancora perché sai che l’uomo è peccatore e, se non viene da Te, diviene un demonio. Oh! mio Signore! Vorrei onorarti notte e giorno, e devo per tante ore essere schiavo del mio lavoro. Lavoro rude che mi avvilisce, perché è dolore al mio prossimo più infelice. Ma devo ubbidire ai miei superiori, perché è il mio pane. Fa’, o mio Dio, che io sappia temperare il dovere verso i superiori con la carità verso i miei poveri fratelli, perché nel mio lavoro non trovi la mia condanna. Ogni lavoro è santo se operato con carità. Tieni la tua carità sempre presente al mio cuore perché io, miserabile qual sono, sappia compatire i miei soggetti, come Tu compatisci me, gran peccatore. Avrei voluto onorarti di più, o Signore. Tu lo sai. Ma ho pensato che levare il denaro destinato al Tempio per sollevare otto cuori infelici fosse cosa migliore che versarlo nel gazofilacio e poi far versare lacrime di desolazione a otto innocenti infelici. Però se ho sbagliato fammelo comprendere, o Signore, e io ti darò fino all’ultimo picciolo, e tornerò al paese a piedi mendicando un pane. Fammi capire la tua giustizia. Abbi pietà di me, o Signore, perché io sono un gran peccatore”.   

 Questa la parabola. In verità, in verità vi dico che, mentre il fariseo uscì dal Tempio con un nuovo peccato aggiunto a quelli già fatti avanti di salire al Moria, il pubblicano uscì di là giustificato, e la benedizione di Dio lo accompagnò a casa sua e restò in essa. Perché egli era stato umile e misericordioso, e le sue azioni erano state ancor più sante delle sue parole. Mentre il fariseo solo a parole e all’esterno era buono, mentre nel suo interno era e faceva opere da satana per superbia e durezza di cuore, e Dio lo odiava perciò.
   Chi si esalta sarà sempre, prima o poi, umiliato. Se non qui nell’altra vita. E chi si umilia sarà esaltato, specie lassù nel Cielo, ove si vedono le azioni degli uomini nella loro vera verità.
   Vieni, Zaccheo. Venite voi che siete con lui. E voi, miei apostoli e discepoli. Vi parlerò ancora in privato».
   E, avvolgendosi nel mantello, torna alla casa di Zaccheo.