Vangelo Mt 9, 35-10, 1.6-8: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!».

Vangelo Novus Ordo Mt 9, 35-10,1.6-8
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.
Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
E li inviò ordinando loro: «Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

Oggi conserviamo nel nostro cuore queste Parole del Vangelo:
« Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».

Maria Valtorta: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’
Paralleli Novus ordo

   Cap. CLXV. L’elezione dei dodici ad apostoli.

   16 maggio 1945 

 1 Vi è un’alba che imbianca i monti e sembra ammorbidire questa selvaggia costa in cui ha voce solo il torrentello che spuma nel fondo, una voce che ripercossa dai monti, pieni di caverne, acquista un singolare rumore. Lì, nel posto dove hanno sostato i discepoli, non c’è che qualche cauto fruscìo fra le fronde e le erbe: dei primi uccelli che si destano, degli ultimi animali notturni che si rintanano. Un gruppo di lepri o di conigli selvatici, che sta rodendo un basso cespuglio di more, fugge spaurito per il precipitare di un sasso. Poi tornano cauti, muovendo le orecchie per raccogliere ogni suono e, visto che tutto è pace, tornano al loro cespuglio. La guazza lava tutte le fronde, tutte le pietre, e il bosco odora forte di musco, di mentucce e maggiorane.
   Un pettirosso scende fin sullo scrimolo di una caverna a cui fa da tetto uno scheggione sporgente e, muovendo il capino, ben ritto sulle zampine di seta, pronto a fuggire, guarda dentro, guarda per terra, mormora i suoi cip cip d’interrogazione e di… golosità per delle briciole di pane che sono al suolo, ma non si decide a scendere altro che quando si vede preceduto da un grosso merlo che avanza saltellando di sbieco, buffo nel suo fare da monello e nel suo profilo di vecchio notaio al quale mancano solo gli occhiali per essere compito. Allora scende anche il pettirosso e si mette in coda all’ardito messere, che ogni tanto ficca il becco giallo nella terra umida in ricerche di… archeologia cibareccia e poi va oltre dopo un ciop o dopo un fischio breve, proprio da monellaccio. Il pettirosso si ingozza delle mollichine e resta stupito quando vede che il merlo, penetrato sicuro nella caverna silenziosa, ne esce con una crosta di formaggio, che sbatte e risbatte su una pietra per sminuzzarla facendosene un lauto pasto. Poi torna dentro, sbircia e, non trovando più nulla, fa una bella fischiata di beffa e vola via per finire la cantata in cima ad un rovere, che tuffa la sua vetta nell’azzurro mattutino. Anche il pettirosso vola via, per un rumore che sente venire dall’interno della caverna… e resta su un rametto sottile che spenzola nel vuoto.

 2 Gesù si avanza sul limitare e sbriciola del pane chiamando piano piano gli uccellini, con un fischio modulato che ben imita il cinguettio di molti piccoli pennuti. Poi si scosta e va più su, immobilizzandosi contro una parete rocciosa per non spaventare i suoi amici che presto scendono: primo il pettirosso e poi molti altri di varie specie. L’immobilità di Gesù o anche il suo sguardo – io amo pensare così, perché ho l’esperienza che le bestie anche più diffidenti si avvicinano a coloro che per istinto sentono non nemici ma protettori – fanno sì che dopo poco, a pochi centimetri da Gesù, saltellano gli uccellini, e il pettirosso, ormai sazio, vola in alto del masso a cui è appoggiato Gesù e si aggrappa ad un esilissimo rametto di vitalba e si altalena sul capo di Gesù con una voglia di scendere sulla testa bionda o sulla spalla. Il pasto è finito.
   Il sole indora la cima del monte e poi i più alti rami della boscaglia, mentre a valle ancora tutto è nella luce pallida dell’alba. Gli uccellini volano, soddisfatti e sazi, al sole e cantano con tutte le loro piccole gole. 

 3 «Ed ora andiamo a svegliare questi altri miei figli» dice Gesù, e scende, perché la sua caverna è la più alta, entrando di volta in volta nelle grotte e chiamando a nome i dodici dormenti.
   Simone, Bartolomeo, Filippo, Giacomo, Andrea rispondono subito. Matteo, Pietro e Tommaso sono più tardi a rispondere. E mentre Giuda Taddeo si fa incontro a Gesù non appena lo vede farsi sulla soglia, già pronto e ben desto, l’altro cugino, e con lui l’Iscariota e Giovanni, dormono sodo, tanto che Gesù deve scuoterli sul loro letto di foglie perché si destino. Giovanni, ultimo chiamato, dorme così profondamente che non si raccapezza di chi lo chiama, e nelle nebbie del sonno per metà interrotto dice fra le labbra: 
   «Sì, mamma. Vengo subito…». Ma poi si gira di là. 
   Gesù sorride, si siede sul silvestre pagliericcio di fogliame raccolto nel bosco, si china e bacia sulla guancia il suo Giovanni, che apre gli occhi e resta di stucco nel vedere lì Gesù. 
   Si siede di scatto e dice: «Hai bisogno di me? Eccomi». 
   «No. Ti ho svegliato come tutti. Ma tu mi hai creduto tua mamma. E allora ti ho baciato, per fare quello che fanno le mamme». 
   Giovanni, seminudo nella sottoveste, perché si è messo il vestito e il mantello come coperta, si attacca al collo di Gesù e ci si rifugia col capo fra la spalla e la guancia dicendo: «Oh! sei ben più della mamma Tu! Lei l’ho lasciata per Te. Ma Tu, non ti lascerei per essa! Lei mi ha partorito alla terra. Ma Tu mi partorisci al Cielo. Oh! lo so!».

 4 «Che sai di più degli altri?». 
   «Quello che mi ha detto il Signore in questo speco. Vedi, io non sono mai venuto da Te e penso che i compagni abbiano detto che ciò era indifferenza e superbia. Ma di ciò che pensano non mi importa. So che Tu sai la verità. Io non venivo da Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato; ma ciò che Tu sei in seno del Fuoco che è l’Amore eterno della Trinità Ss., la sua Natura, la sua Essenza, la sua vera Essenza – oh! che non so dire tutto quanto ho pure capito in questa tetra grotta oscura che mi è divenuta così piena di luci, in questa fredda caverna in cui sono stato arso da un fuoco senza aspetto ma che mi è sceso nel profondo e lo ha acceso di un dolce martirio, in questo antro senza voce ma che mi ha cantato delle verità celesti – ma ciò che Tu sei, Seconda Persona dell’ineffabile Mistero che è Dio e che io penetro perché Dio a Sé mi ha aspirato, io l’ho avuto sempre con me. E tutti i miei desideri, tutti i miei pianti, tutte le mie domande, le ho versate sul tuo seno divino, Verbo di Dio. Né ci fu mai parola, fra le tante che da Te ho udite, vasta così come quella che mi dicesti qui, Tu, Dio Figlio; Tu, Dio come il Padre; Tu, Dio come lo Spirito Santo; Tu, Tu che sei il perno della Triade… oh! forse bestemmio! ma così mi pare perché se Tu non fossi, amore del Padre e amore al Padre, ecco che mancherebbe l’Amore, il divino Amore, e la Divinità più non sarebbe Trina, e mancherebbe ad Essa il più confacente attributo di Dio: il suo amore!
   Oh! ho tanto qui, ma è come dell’acqua che gorgoglia contro una chiusa e non può uscire… mi sembra di morirne tanto è violento e sublime il tumulto che mi è sceso in cuore da quando ti ho capito… ma per nulla al mondo vorrei esserne liberato… Fammi morire di questo amore, mio dolce Iddio!». Giovanni sorride e piange, affannato, acceso dal suo amore, abbandonato sul petto di Gesù, come se la fiamma lo spossasse. 
   E Gesù se lo carezza, ardendo di amore a sua volta.
   Giovanni si riprende sotto un’onda di umiltà che lo fa supplicare: «Non dire agli altri quanto io ti ho detto. Certo essi pure hanno saputo vivere di Dio come io vissi in questi giorni. Ma lascia sul mio segreto la pietra del silenzio». 
   «Sta’ sicuro, Giovanni. Nessuno saprà le tue nozze con l’Amore. Vestiti, vieni. Dobbiamo partire».

 5 Gesù esce sul sentiero dove già sono gli altri. I volti hanno un aspetto più venerabile, più raccolto. Gli anziani sembrano patriarchi, i giovani hanno un che di maturo, di dignitoso, che prima la gioventù nascondeva. L’Iscariota guarda Gesù con un timido sorriso sul volto segnato di pianto. Gesù lo carezza nel passare. Pietro… non parla. Ed è così strano in lui che stupisce più di ogni altro mutamento. Guarda attentamente Gesù, ma con una dignità nuova che pare fargli più spaziosa la fronte un poco stempiata e più severo l’occhio fino allora tutto un brillìo d’arguzie.
   Gesù se lo chiama vicino e se lo tiene vicino in attesa di Giovanni, che finalmente esce col volto non so se dire più pallido o più rosso, ma certo acceso da una fiamma che non muta il colore ma pure è palese. Tutti lo guardano. 
   «Vieni qui, Giovanni, presso a Me. E anche tu, Andrea, e tu Giacomo di Zebedeo. Poi tu Simone e tu Bartolomeo, Filippo e voi, fratelli miei, e Matteo. Giuda di Simone qui, di fronte a Me. Tommaso, vieni qui. Sedete. Vi devo parlare». 
   Si siedono quieti come bambini, tutti un poco assorti nel loro mondo interiore e pure attenti a Gesù come non furono mai.

 6 «Sapete che vi ho fatto? Tutti lo sapete. L’anima lo ha detto alla ragione. Ma l’anima, che in questi giorni fu regina, ha insegnato alla ragione due grandi virtù: l’umiltà e il silenzio, figlio dell’umiltà e della prudenza, le quali sono le figlie della carità.
   Solo otto giorni sono sareste venuti a proclamare, come bravi bambini che vogliono stupire e superare il rivale, le vostre bravure, le vostre nuove cognizioni. Ora tacete. Vi siete mutati da bambini in adolescenti e già sapete che questa proclamazione potrebbe mortificare il compagno forse meno beneficato da Dio, e non parlate.
   Siete inoltre come fanciulle non più impuberi. É nato in voi il santo pudore sulla metamorfosi che vi ha rivelato il mistero nuziale delle anime con Dio. Queste caverne il primo giorno vi parvero fredde, ostili, repellenti… ora le guardate come profumate e luminose camere nuziali. In esse avete conosciuto Dio. Prima sapevate di Lui. Ma non lo conoscevate nell’intimità che fa di due uno. Fra voi sono uomini che da anni sono sposati, altri che non ebbero che fallaci rapporti con donne, alcuni che per cause diverse sono casti. Ma i casti sanno ora cosa è l’amore perfetto così come lo sanno gli sposati. Anzi posso dire che nessuno come l’ignaro di ogni carnale appetito sa cosa è l’amore perfetto. Perché Dio si rivela ai vergini in tutta la sua pienezza, e per sua delizia di darsi a chi è puro, ritrovando parte di Sé, Purissimo, nella creatura monda di lussuria, e per compensarla di quanto essa si nega per amore di Lui.

 7 In verità vi dico che per l’amore che ho per voi e per la sapienza che posseggo, se non avessi il dovere di compiere l’opera del Padre, Io vorrei tenervi qui e stare con voi, isolati, certo che così farei di voi, e sollecitamente, dei grandi santi, senza più smarrimenti, senza defezioni, cadute, rallentamenti, ritorni.
   Ma non posso. Io devo andare. E voi dovete andare. Il mondo ci aspetta. Il profanato e profanatore mondo che ha bisogno di maestri e redentori. Io vi ho voluto fare conoscere Dio perché lo amaste ben più del mondo, che con tutti i suoi affetti non vale un solo sorriso di Dio. Ho voluto che poteste meditare su ciò che è il mondo e su ciò che è Dio per farvi anelanti del migliore. In questo momento voi non siete anelanti che di Dio. Oh! potessi fissarvi in quest’ora, in questo anelito! Ma il mondo ci aspetta. E noi andremo al mondo che aspetta.
   Per la santa Carità che, come ha mandato Me al mondo, così manda voi, per mio ordine, al mondo. Ma ve ne scongiuro! Come perla nello scrigno chiudetevi il tesoro di questi giorni – in cui vi siete guardati, curati, alzati, rivestiti, disposati a Dio – nel vostro cuore e, come le pietre della testimonianza elevate dai Patriarchi a ricordo delle alleanze con Dio, conservate e guardate questi preziosi ricordi nel vostro cuore.

 8 Da oggi non siete più i prediletti discepoli, ma gli apostoli, i capi della mia Chiesa. Da voi verranno, nei secoli dei secoli, tutte le gerarchie della stessa e maestri sarete detti, avendo a Maestro vostro Dio nella sua triplice potenza, sapienza, carità. Non ho scelto voi perché siete i più meritevoli. Ma per un complesso di cause che non necessita voi conosciate ora. Vi ho scelti al posto dei pastori che sono i miei discepoli da quando vagivo. Perché l’ho fatto? Perché così era bene di fare. Fra di voi sono galilei e giudei, dotti e indotti, ricchi e poveri. Questo per il mondo. Acciò non dica che ho preferito una sola categoria. Ma voi non bastereste a tutto quanto c’è da fare. Né ora, né poi.
   Non tutti avrete presente un punto del Libro. Ve lo ricordo. Nel II° dei Paralipomeni, al 29° capitolo, è narrato come Ezechia, re di Giuda, fece purificare il Tempio e, dopo che fu purificato, fece sacrificare per il peccato, per il regno, per il santuario e per Giuda, e poscia ebbe inizio l’offerta dei singoli. Ma non bastando alle immolazioni i sacerdoti, furono chiamati in aiuto i leviti, consacrati con rito più breve che i sacerdoti. Questo è quello che Io farò. Voi siete i sacerdoti, preparati con lunga cura da Me, Pontefice eterno. Ma non bastate al lavoro sempre più vasto di immolazione dei singoli al Signore Iddio loro. Onde Io vi associo i discepoli che tali restano, quelli che ci attendono ai piedi del monte, quelli che già stanno più su, quelli che sparsi sono per la terra d’Israele e che saranno poi sparsi per ogni punto della terra.
   A loro verranno dati compiti uguali, perché unica è la missione, ma diversa sarà la loro classifica agli occhi del mondo. Non agli occhi di Dio presso il quale è giustizia, di modo che l’oscuro discepolo, ignorato da apostoli e confratelli, che vivrà santamente portando a Dio anime, sarà più grande del conosciuto apostolo che di apostolo non ha che il nome e che abbassa la sua dignità di apostolo a scopi umani.
   Compito di apostoli e di discepoli sarà sempre quello dei sacerdoti e leviti di Ezechia: praticare il culto, abbattere le idolatrie, purificare i cuori e i luoghi, predicare il Signore e la sua Parola. Compito più santo non c’è sulla terra. Dignità più alta della vostra neppure. Ma è per questo che vi ho detto: “Ascoltatevi, esaminatevi”.

 9 Guai all’apostolo che cade! Seco trascina molti discepoli, ed essi trascinano un ancor più grande numero di fedeli, e la rovina sempre più cresce come valanga che cade o come cerchio che si estende sul lago per un susseguirsi di pietre lanciate nello stesso punto.
   Sarete tutti perfetti? No. Lo spirito di ora durerà? No. Il mondo lancerà i suoi tentacoli per strozzare la vostra anima. Vittoria del mondo, figlio di Satana per cinque parti, servo di Satana per altre tre, apatico verso Dio nelle altre due, quella di spegnere le luci dei cuori dei santi. Difendete voi stessi da voi stessi contro di voi, contro il mondo, la carne, il demonio. Ma soprattutto difendetevi di voi stessi. Sulle difese, o figli, contro la superbia, la sensualità, la doppiezza, la tiepidezza, il sopore spirituale, contro l’avarizia!
   Quando l’io inferiore parla e piagnucola sopra pretese crudeltà a suo danno, mettetelo a tacere dicendo: “Per un attimo di privazione che ti do, ti procuro, ed eternamente, il banchetto d’estasi avuto nella caverna montana al finire della luna di scebat”. 

 10 Andiamo. Andiamo incontro agli altri che in gran numero attendono la mia venuta. E poi Io andrò per poche ore a Tiberiade e voi, predicando di Me, mi andrete ad attendere ai piedi del monte che è sulla strada diretta da Tiberiade al mare. Io verrò là e salirò a predicare. Prendete borse e mantelli. La sosta è finita e l’elezione è avvenuta».

   17 maggio 1945

11 Dice Gesù: 
   
«Stai male e ti lascio quieta. Solo ti faccio osservare come può cambiare tutto una sola frase omessa o una parola male trascritta. E tu, scrivente, sei viva e puoi riparare subito. Pensa dunque e comprendi come venti secoli abbiano potuto privare di parti, non deleterie alla dottrina ma alla facilità di comprendere il Vangelo, il Vangelo apostolico. Questo, opera che se risaliamo alle origini scopriamo ancora fatica del Disordine, spiega tante cose e si presta ai figli del Disordine per tante altre cose. E tu vedi come è facile cadere in errore di trascrizione… Piccolo Giovanni, sta’ buono oggi. Sei un fiore spezzato. Passerò poi Io a ristorare il tuo stelo. Per oggi mi occorrono le lacrime della tua ferita. Dio è con te».

   Cap. CCXXXVII. La richiesta di operai per la messe e la parabola del tesoro nascosto nel campo. Maria di Magdala è andata da Maria Ss.

   29 luglio 1945.

 1 Gesù si trova sulla via che dal lago di Meron viene verso quello di Galilea. Sono con Lui lo Zelote e Bartolomeo, e pare attendano presso un torrente, ridotto a un filo d’acqua chè però nutre folte piante, gli altri che stanno giungendo da due parti diverse.
   La giornata è torrida, eppure molta gente ha seguito i tre gruppi che devono avere predicato per le campagne, convogliando i malati al gruppo di Gesù e riserbandosi di predicare di Lui ai sani. Molti miracolati fanno un gruppo felice, seduto fra le piante, e in loro la gioia è tale che non sentono neppure la stanchezza data dal calore, dalla polvere, dalla luce abbacinante, tutte cose che mortificano non poco tutti gli altri.
   Quando il gruppo capitanato da Giuda Taddeo giunge per primo presso a Gesù, appare evidente la stanchezza di tutti quelli che lo formano e che lo seguono. Ultimo viene il gruppo capitanato da Pietro, in cui sono molti di Corozim e di Betsaida.
   «Abbiamo fatto, Maestro. Ma bisognerebbe essere molti gruppi… Tu vedi. Camminare a lungo non si può, per il caldo. E allora come si fa? Sembra che il mondo si allarghi più noi si deve fare, per sparpagliare i paesi e accrescere le distanze. Non mi ero mai accorto che fosse così grande la Galilea. Siamo in un angolo di essa, proprio in un angolo, e non si riesce a evangelizzarla, tanto è vasta e tanto vasti sono i bisogni e i desideri di Te», sospira Pietro. 
   «Non è che il mondo cresca, Simone. É che cresce la conoscenza del Maestro nostro», risponde il Taddeo.
   «Sì, è vero. Guarda quanta gente. Ci seguono da questa mattina, taluni. Nelle ore calde ci siamo rifugiati in un bosco. Ma anche ora che si avvicina la sera è una pena camminare. E questi poveretti sono molto più lontani da casa di noi. Se sempre tutto cresce così non so come faremo…», dice Giacomo di Zebedeo.
   «In ottobre verranno anche i pastori», conforta Andrea.
   «Eh! sì! Pastori, discepoli, belle cose! Ma servono solo per dire: “Gesù è il Salvatore. É là”. Non di più», risponde Pietro. 
   «Ma almeno la gente saprà dove trovarlo. Ora invece! Noi si va qui e loro corrono qui; intanto che loro vengono qui noi si va là, e loro devono correrci dietro. E con bambini e malati non è molto comodo».

 2 Gesù parla: «Hai ragione, Simon-Pietro. Ho anche Io compassione di queste anime e di queste turbe. Per molti non trovarmi in un dato momento può essere causa irreparabile di sventura. Guardate come sono stanchi e smarriti quelli che ancora non possiedono la certezza della mia Verità, e come sono affamati quelli che già hanno gustato la mia parola e non sanno più starne senza, né nessuna altra parola li accontenta più. Sembrano pecore senza pastore che vaghino non trovando chi li guida e chi li pasce. Io provvederò. Ma voi dovete aiutarmi. Con tutte le vostre forze spirituali, morali e fisiche. Non più a gruppi numerosi, ma a coppie dovete sapere andare. E manderemo a coppie i discepoli migliori. Perché la messe è veramente grande. Oh! in questa estate vi preparerò a questa grande missione. Per tamuz saremo raggiunti da Isacco coi migliori discepoli. E vi preparerò. Non basterete ancora. Perché se la messe è veramente grande gli operai in compenso sono pochi.    Pregate dunque il Padrone della Terra che mandi molti operai alla sua messe». 
   «Sì, mio Signore. Ma non muterà molto la situazione di questi che ti cercano», dice Giacomo d’Alfeo. «Perché, fratello?».   
   «Perché essi cercano non solo dottrina e parola di Vita, ma anche guarigioni ai loro languori, alle loro malattie, ad ogni menomazione che la vita o Satana portino alla loro parte inferiore o superiore. E questo lo puoi fare Tu solo, perché in Te è il Potere».
   «Coloro che sono uni con Me giungeranno a fare ciò che Io faccio, e i poveri saranno soccorsi in tutte le loro miserie. Ma ancora non avete in voi quanto basti per fare questo. Sforzatevi a superare voi stessi, a calcare la vostra umanità per fare trionfare lo spirito. Assimilate non solo la mia parola, ma lo spirito di essa, ossia santificatevi per essa e poi tutto potrete. Ed ora andiamo a dire loro la mia parola, posto che non vogliono andarsene se Io non ho dato loro la parola di Dio. E poi ritorneremo a Cafarnao. Anche là ci sarà chi attende…».

 3 «Signore, ma è vero che Maria di Magdala ha chiesto perdono a Te, in casa del fariseo?». 
   «E’ vero, Tommaso».
   «E Tu glielo hai dato?», chiede Filippo.
   «Gliel’ho dato».
   «Ma hai fatto male!», esclama Bartolomeo. 
   «Perché? Era un pentimento sincero e meritava perdono».
   «Ma non dovevi darlo in quella casa, pubblicamente…», rimprovera l’Iscariota. 
   «Ma non vedo in che ho errato». 
   «In questo: Tu sai chi sono i farisei, quanti cavilli hanno nella testa, come ti sorvegliano, come ti calunniano, come ti odiano. Uno ne avevi a Cafarnao, di amico, ed era Simone. E Tu chiami in casa sua una prostituta per profanare la casa e dare scandalo all’amico Simone». 
   «Non l’ho chiamata Io. Vi è venuta. Non era una prostituta. Era una pentita. Ciò cambia molto. Se non si aveva schifo ad avvicinarla prima e a desiderarla sempre, anche in mia presenza, anche ora che ella non è più una carne ma un’anima, non si deve avere schifo di vederla entrare per inginocchiarsi ai miei piedi e piangere accusandosi, avvilendosi nella pubblica umile confessione che è tutta in quel pianto. Simone fariseo ha avuto la casa santificata da un miracolo grande: la risurrezione di un’anima. Sulla piazza di Cafarnao, or sono cinque giorni, mi chiedeva: “Hai fatto quello solo di miracolo?”, e rispondeva da se: No certo”, avendo molto desiderio di vederne uno. Gliel’ho dato. L’ho scelto per essere il testimone, il paraninfo di questo fidanzamento dell’anima con la Grazia. Deve esserne fiero». 
   «Invece ne è scandalizzato. Forse hai perduto un amico».
   «Ho trovato un’anima. Merita di perdere un uomo con la sua amicizia, la sua povera amicizia d’uomo, pur di rendere l’amicizia con Dio ad un’anima».
   «É inutile. Con Te non si può ottenere umana riflessione. Siamo sulla Terra, Maestro! Ricordatelo. E vigono le leggi e le idee della Terra. Tu agisci col metodo del Cielo, ti muovi nel tuo Cielo che hai in cuore, vedi tutto attraverso luci di Cielo.    Povero Maestro mio! Come sei divinamente inetto a vivere fra noi perversi!». Giuda Iscariota lo abbraccia, ammirato e desolato, finendo: «E me ne dolgo perché Tu ti crei, per troppa perfezione, tanti nemici». 
   «Non te ne dolere, Giuda. É scritto che così sia. Ma come sai che Simone è offeso?». 
   «Non ha detto che è offeso. Ma a me e Tommaso ha fatto capire che ciò non andava fatto. Non dovevi invitarla in casa sua, dove non entrano che persone oneste». 
   «Bene! Sull’onestà di chi va da Simone piantiamola lì», dice Pietro. 
   E Matteo: «Io potrei dire che il sudore delle prostitute è colato più volte sui pavimenti, sulle mense, e oltre, di Simone il fariseo». 
   «Ma non pubblicamente», ribatte l’Iscariota. 
   «No. Con ipocrisia intesa a celarlo». 
   «Vedi che allora cambia». 
   «Cambia anche l’entrata di una prostituta che entra per dire: “Lascio il mio peccato infame” da quella di una che entra per dire: “Eccomi a te per compiere il peccato insieme ».
   «Matteo ha ragione», dicono tutti. 
   «Sì. Ha ragione. Ma loro non pensano come noi. E bisogna venire a transazioni con loro, adattarsi a loro per averli amici».
   «Questo mai, Giuda. Nella verità, nell’onestà, nella condotta morale, non ci sono adattamenti e transazioni», tuona Gesù. E termina: «Del resto Io so di avere agito bene e per il bene. E basta. 

 4 Andiamo a congedare questi stanchi».
   E va da quelli che, sparsi sotto gli alberi, guardano nella sua direzione con ansia di udirlo.
   «La pace a voi tutti, che per stadi e solleoni siete venuti ad udire la Buona Novella. In verità vi dico che voi cominciate a comprendere realmente ciò che è il Regno di Dio, quanto sia prezioso il suo possesso e beato l’appartenervi. Ed ogni fatica perde per voi il valore che per altri conserva, perché l’animo comanda in voi e dice alla carne: “Giubila che io ti opprima. É per la tua beatitudine che lo faccio.    Quando sarai riunita a me, dopo la finale risurrezione, tu mi amerai per quanto ti ho conculcata e vedrai in me il tuo secondo salvatore”. Non dice così lo spirito vostro?    Ma sì che lo dice! Voi ora basate le vostre azioni sull’insegnamento delle mie parabole lontane. Ma ora Io vi do altre luci per sempre più farvi innamorati di questo Regno che vi aspetta e il cui valore non è misurabile.
   Udite: Un uomo, andato per caso in un campo per prendere terriccio per portarlo nel suo orticello, nello scavare faticosamente la terra dura trova, sotto qualche strato di terra, un filone di metallo prezioso. Che fa allora quell’uomo? Ricopre con la terra la scoperta fatta. Non gli importa di lavorare più ancora, perché la scoperta merita la fatica. E poi va a casa sua, raggranella tutte le sue ricchezze in denaro o in oggetti e queste ultime le vende per avere molto denaro. Poi va dal padrone del campo e gli dice: “Mi piace il tuo campo. Quanto vuoi per vendermelo?”. “Ma io non lo vendo”, dice l’altro. Ma l’uomo offre somme sempre più forti, sproporzionate al valore del campo, e finisce a sedurre il padrone di esso, il quale pensa: “Questo uomo è un pazzo! Ma, posto che lo è, io me ne avvantaggio. Prendo la somma che mi offre. Non è uno strozzinaggio perché è lui che me la vuole dare. Con essa mi comprerò almeno tre altri campi, e più belli”, e fa la vendita, convinto di avere fatto uno splendido affare. Ma invece è l’altro che fa l’affare splendido, perché si priva di oggetti che possono essere asportati dal ladro o perduti o consumati, e si procura un tesoro che per essere vero, naturale, è inesauribile. Merita dunque di sacrificare quanto ha per questo acquisto, rimanendo per qualche tempo col solo possesso del campo, ma in realtà possedendo per sempre il tesoro celato in esso.
   Voi questo lo avete capito e fate come l’uomo della parabola. Lasciate le effimere ricchezze per possedere il Regno dei Cieli. Le vendete agli stolti del mondo, le cedete ad essi, accettate di essere derisi per questo che agli occhi del mondo pare stolto modo di agire. Fate così, sempre così, e il Padre vostro che è nei Cieli, giubilando, vi darà un giorno il vostro posto nel Regno.
   Tornate alle vostre case prima che venga il sabato, e nel giorno del Signore pensate alla parabola del tesoro che è il Regno celeste. La pace sia con voi».

 5 La gente si sparge lentamente per le vie e i sentieri della campagna, mentre Gesù va alla volta di Cafarnao nella sera che scende.
   Vi giunge a notte fatta. Traversano in silenzio la città silenziosa sotto il lume della luna, che è l’unico lume esistente per le viette oscure e malselciate. Entrano pure in silenzio nell’orticello a fianco della casa, credendo che tutti siano a letto. Ma invece un lume arde nella cucina e tre ombre, rese mobili per il muoversi della fiammella, si proiettano sul muretto bianco del forno li vicino.
   «C’è gente che ti aspetta, Maestro. Ma così non può andare! Ora vado a dire che sei troppo stanco. Va’ sulla terrazza, intanto».
   «No, Simone. Vado in cucina. Se Tommaso ha trattenuto queste persone segno è che vi è un serio motivo». Ma intanto quelli di dentro hanno sentito il bisbiglio e Tommaso, padrone di casa, viene sulla soglia.
   «Maestro, vi è la solita dama. Ti attende da ieri al tramonto. É con un servo»; e poi, sottovoce: «É molto agitata. Piange senza sosta…».
   «Sta bene. Dille di venire di sopra. Dove ha dormito?». 
   «Non voleva dormire. Ma infine si è ritirata per qualche ora, verso l’alba, nella mia camera. Il servo l’ho fatto dormire in uno dei vostri letti».
   «Va bene. Dormirà anche questa notte. E tu dormirai nel mio». 
   «No, Maestro. Andrò sulla terrazza, su delle stuoie. Avrò buon sonno lo stesso».

 6 Gesù sale sul terrazzo. Ecco Marta che sale lei pure.
   «La pace a te, Marta». Un singhiozzo di risposta.
   «Piangi ancora? Ma non sei felice?». La testa di Marta fa cenno di no.
   «Ma perché mai?»… 
   Una lunga pausa piena di singhiozzi. Infine, in un gemito: «Da molte sere Maria non è più tornata. E non si trova. Non io, non Marcella, non la nutrice la troviamo… Era uscita ordinando il carro. Era tutta pomposa nelle vesti… Oh! non aveva voluto rimettere la mia!… Non era seminuda, ne ha anche di quelle, ma era molto procace in questa… E ori e profumi ha preso con se… e non è più tornata. Ha licenziato il servo alle prime case di Cafarnao dicendo: “Tornerò con altra compagnia”. Ma non è più tornata. Ci ha ingannati! Oppure si è sentita sola, forse tentata… o le è accaduto del male… Non è tornata più…».E Marta scivola in ginocchio, piangendo col capo reclinato sull’avambraccio messo su un mucchio di sacchi vuoti.
   Gesù la guarda e dice lento e sicuro, dominatore: «Non piangere. Maria è venuta da Me tre sere or sono. Mi ha imbalsamato i piedi, mi ha messo ai piedi tutti i suoi gioielli. Si è consacrata così, e per sempre, prendendo posto fra le mie discepole.    Non la denigrare nel tuo cuore. Ti ha superata».
   «Ma dove, dove è allora mia sorella?», grida Marta alzando un volto sconvolto.    «Perché non è tornata a casa? É stata forse assalita? Ha preso forse una barca e si è affogata? Oppure qualche amante respinto l’ha rapita? Oh! Maria! La mia Maria!    L’avevo ritrovata e subito l’ho perduta!». Marta è proprio fuori di sé. Non pensa più che quelli abbasso la possono sentire. Non pensa più che Gesù può dirle dove è la sorella. Si dispera senza riflettere a nulla.

 7 Gesù la prende per i polsi e la costringe a stare ferma, ad ascoltarlo, dominandola con la sua alta statura e col suo sguardo magnetico.
   «Basta! Voglio da te fede nelle mie parole. Voglio da te generosità. Hai capito?».
   Non la lascia andare altro che quando Marta si quieta un poco.
   «Tua sorella è andata a gustarsi la sua gioia, avvolgendosi di una solitudine santa perché è in lei il supersensibile pudore dei redenti. Te l’ho detto in anticipo. Non può sopportare lo sguardo dolce ma indagatore dei parenti sulla sua nuova veste di sposa della Grazia. E ciò che Io dico è sempre vero. Mi devi credere».
   «Si, Signore, si. Ma la mia Maria è troppo, troppo stata del demonio. Egli l’ha ripresa subito, egli…». 
   «Egli si vendica su te della preda perduta per sempre. Devo dunque vedere che tu, la forte, divieni sua preda per un folle sgomento senza ragione d’essere? Devo vedere che per lei, che ora crede in Me, tu perdi la tua bella fede che sempre ti ho conosciuta? Marta! Guardami bene. Ascolta Me. Non ascoltare Satana. Non sai che, quando è costretto ad abbandonare la preda per una vittoria di Dio su di lui, esso si dà subito da fare, questo instancabile torturatore degli esseri, questo instancabile ladro dei diritti di Dio, per trovare altre prede? Non sai che sono le torture di un terzo, che resiste agli assalti perché è buono e fedele, quelle che consolidano la guarigione di un altro spirito? Non sai che nulla è slegato di tutto quanto avviene ed esiste nel creato, ma tutto segue una legge eterna di dipendenze e di conseguenze, per cui l’atto di uno ha ripercussioni naturali e soprannaturali vastissime?

 8 Tu piangi qui, tu qui conosci il dubbio atroce, e resti fedele al tuo Cristo anche in quest’ora di tenebre. Là, in un punto vicino a te ignoto, Maria sente dissolversi l’ultimo dubbio sulla infinità del perdono avuto, e il suo pianto si muta in sorriso e le sue ombre in luce. É il tuo tormento che l’ha guidata là dove è pace, là dove si rigenerano le anime presso la Generatrice senza macchia, presso quella che è tanto Vita da avere ottenuto di avere dato al mondo il Cristo che è la Vita. Tua sorella è da mia Madre. Oh! non è la prima che raccoglie le vele in quel porto di pace dopo che il raggio soave della viva Stella, Maria, l’ha chiamata a quel seno d’amore per amore, muto e attivo, del Figlio suo! Tua sorella è a Nazaret». 
   «Ma come vi è andata se non conosce tua Madre, la tua casa?… Sola… Di notte… Così… Senza mezzi… In quella veste… Tanta strada… Come?».
   «Come? Come va la rondine stanca al nido natio, traversando mari e monti, superando tempeste, nebbie e venti nemici. Come vanno le rondini nei luoghi di svernamento. Per istinto che le guida, per tepore che le invita, per sole che le chiama. Anche lei è corsa al raggio che chiama… alla Madre universale. E la vedremo tornare all’aurora, felice… uscita per sempre dalle tenebre, con una madre al fianco, la mia, e per non essere mai più orfana. Puoi credere questo?». 
   «Sì, mio Signore». Marta è come affascinata. Infatti Gesù è stato veramente dominatore. Alto, eretto, e pure lievemente curvato su Marta inginocchiata, ha parlato lentamente, ma incisivamente, quasi per trasfondere Se stesso nella discepola sconvolta. Poche volte l’ho visto potente così, per persuadere con la parola un suo ascoltatore. Ma alla fine che luce, che sorriso è sul suo volto! Marta lo riflette con un sorriso e una luce più pacata nel suo stesso volto..
   «E ora vai al riposo. Con pace».
   E Marta gli bacia le mani e scende rasserenata.
   […].

   Cap. CCLXV. Istruzioni ai dodici apostoli che iniziano il loro ministero.

   28 agosto 1945

 1 Gesù con gli apostoli — e ci sono tutti, segno che Giuda Iscariota, compita la sua opera, ha raggiunto i compagni — sono seduti a tavola nella casa di Cafarnao. È sera. La luce del giorno morente entra dalla porta e dalle finestre spalancate, e queste lasciano vedere il mutarsi della porpora del tramonto in un rosso paonazzo irreale, il quale agli orli si sfrangia in accartocciamenti di un color viola ardesia che finisce in grigio. Mi fa pensare ad un foglio di carta gettato sul fuoco, che si accende come il carbone sul quale è stato gettato, ma agli orli, dopo la vampa, si accartoccia e si spegne in un color piombo bluastro che finisce in un grigio perlaceo quasi bianco.
  «Caldo», sentenzia Pietro accennando il nuvolone che copre l’occidente di quei colori. «Caldo. Non acqua. Quella è nebbia, non nuvola. Io questa notte dormo nella barca per avere più fresco».
  «No. Questa notte andiamo fra gli uliveti. Ho bisogno di parlarvi. Ormai Giuda è tornato. È tempo di parlare. Conosco un posto ventilato. Vi staremo bene. Alzatevi e andiamo».
  «È lontano?», chiedono prendendo i mantelli.
  «No. Molto vicino. A un trar di frombola dall’ultima casa.
  Potete lasciare i mantelli. Però prendete esca e acciarino per vederci nel rientrare».
  Escono dalla stanza alta e scendono la scaletta dopo avere salutato il padrone e la moglie che frescheggiano sul terrazzo.
  Gesù volta risolutamente le spalle al lago e, traversato il paese, fa un duecento o trecento metri fra gli ulivi di una prima collinetta che è alle spalle del paese. Si ferma su un ciglio che, per la sua posizione sporgente e libera da ostacoli, gode di tutta l’aria possibile a godersi in quella notte d’afa.

 2 «Sediamo e prestatemi attenzione. È venuta l’ora della vostra evangelizzazione. Sono a metà circa della mia vita pubblica per preparare i cuori al mio Regno. Ora è tempo che anche i miei apostoli prendano parte alla preparazione di questo Regno. I re fanno così quando hanno deciso la conquista di un regno. Prima indagano e avvicinano persone per sentire le reazioni e lavorarle all’idea che perseguono. Poi estendono l’opera preparatoria con messi fidati, mandati nel paese da conquistare. E sempre più ne mandano finché tutto il paese è noto nelle sue particolarità geografiche e morali. Poi, fatto questo, il re porta a compimento l’opera proclamandosi re di quel luogo e incoronandosi tale. E sangue scorre per fare questo. Perché le vittorie costano sempre del sangue…».
  «Noi siamo pronti a combattere per Te e a versare il nostro sangue», promettono unanimemente gli apostoli.
  «Io non verserò altro sangue che quello del Santo e dei santi».
  «Vuoi iniziare dal Tempio la conquista, irrompendo nell’ora dei sacrifici?…».
  «Non divaghiamo, amici. Il futuro lo saprete a suo tempo. Ma non fremete d’orrore. Vi assicuro che non sconvolgerò le cerimonie con la violenza di una irruzione. Eppure saranno sconvolte e vi sarà una sera in cui il terrore impedirà la preghiera rituale. Il terrore dei peccatori. Ma Io, quella sera, sarò in pace. In pace con lo spirito mio e col mio corpo. Una pace totale, beata…».
  Gesù guarda uno per uno i suoi dodici, ed è come guardasse la stessa pagina per dodici volte e vi leggesse per dodici volte la parola che vi è scritta: incomprensione. Sorride e prosegue.

 3 «Dunque ho deciso di mandarvi per penetrare più avanti e più ampiamente di quanto possa fare Io da solo. Però fra il mio modo di evangelizzare e il vostro vi saranno differenze prudenziali che Io metto per non portarvi a difficoltà troppo forti, in pericoli troppo seri per la vostra anima e anche per il vostro corpo, e per non nuocere all’opera mia.
  Voi non siete ancora formati al punto di poter avvicinare chicchessia senza averne danno o senza fargli danno, e tanto meno siete eroici al punto di sfidare il mondo per l’Idea andando incontro alle vendette del mondo. Perciò, andando a predicarmi non andate fra i gentili e non entrate nelle città dei samaritani, ma andate dalle pecorelle sperdute della casa d’Israele. Vi è tanto da fare anche fra queste, perché in verità vi dico che le turbe, che vi paiono tante intorno a Me, sono la centesima parte di quelle che in Israele ancora attendono il Messia e non lo conoscono né sanno che è vivente. Portate a queste la fede e la conoscenza di Me.
  Nel vostro cammino predicate dicendo: “Il Regno dei Cieli è vicino”. Sia questo l’annuncio base. Su questo appoggiate tutta la vostra predicazione. Tanto avete sentito parlare del Regno da Me! Non avete che a ripetere ciò che Io vi ho detto. Ma l’uomo, per essere attirato e convinto sulle verità spirituali, ha bisogno di dolcezze materiali, come fosse un eterno bambino che non studia una lezione e non impara un mestiere se non è allettato da un dolce della mamma o un premio del maestro di scuola o del maestro del mestiere. Io, perché voi abbiate il mezzo per essere creduti e cercati, vi concedo il dono del miracolo…».
  Gli apostoli scattano in piedi, meno Giacomo d’Alfeo e Giovanni, urlando, protestando, esaltandosi, ognuno a seconda del temperamento. Veramente, che si pavoneggi nell’idea del miracolo da fare non c’è che l’Iscariota che, con quel po’ po’ di conto che ha sull’anima di una accusa falsa e interessata, esclama:
  «Era ora che noi pure si facesse questo per avere un minimo di autorità sulle turbe!».
  Gesù lo guarda ma non dice nulla. Pietro e lo Zelote, che stanno dicendo: «No, Signore! Noi non siamo degni di tanto! Ciò spetta ai santi», dànno sulla voce a Giuda, dicendo lo Zelote: «Come ti permetti di fare rimprovero al Maestro, uomo stolto e orgoglioso?», e Pietro: «Il minimo? E che vuoi fare più del miracolo? Diventare Dio tu pure? Hai lo stesso prurito di Lucifero?».
  «Silenzio!», intima Gesù.
  E prosegue: «Vi è una cosa che è ancor più del miracolo e che convince ugualmente le folle e con maggiore profondità e durata: una vita santa. Ma da questa voi siete ancora lontani, e tu, Giuda, più lontano degli altri. Ma lasciatemi parlare perché è una lunga istruzione.

 4 Andate perciò guarendo gli infermi, mondando i lebbrosi, risuscitando i morti del corpo o dello spirito, perché corpo e spirito possono essere ugualmente infermi, lebbrosi, morti. E voi anche sapete come si fa ad operare miracolo: con una vita di penitenza, una preghiera fervente, un sincero desiderio di far brillare la potenza di Dio, un’umiltà profonda, una viva carità, una accesa fede, una speranza che non si turba per difficoltà di sorta. In verità vi dico che tutto è possibile a chi ha in sé questi elementi. Anche i demoni fuggiranno di fronte al Nome del Signore detto da voi, avendo in voi quanto ho detto. Questo potere vi viene dato da Me e dal Padre nostro. Non si compera con nessuna moneta. Solo il nostro volere lo concede e solo la vita giusta lo mantiene. Ma, come vi è dato gratis, così gratuitamente datelo agli altri, ai bisognosi di esso. Guai a voi se avvilirete il dono di Dio facendolo servire per impinguare la vostra borsa. Non è vostra potenza, è potenza di Dio. Usatela, ma non ve ne appropriate dicendo: “È mia”. Come vi viene data, così vi può essere tolta.
  Simone di Giona poco fa ha detto a Giuda di Simone: “Hai tu lo stesso prurito di Lucifero?”. Ha detto una giusta defini zione. Dire: “Io faccio ciò che fa Dio perché io sono come Dio” è imitare Lucifero. E il suo castigo è noto. Come noto è ciò che avvenne ai due che nel paradiso terrestre mangiarono il frutto proibito, per istigazione dell’Invidioso, che voleva mettere altri infelici nel suo Inferno, oltre ai ribelli angelici che già vi erano, ma anche per prurito loro proprio di superbia perfetta.
  Unico frutto che vi è lecito prendere da ciò che fate sono le anime che col miracolo conquisterete al Signore e che al Signore vanno date. Ecco le vostre monete. Non altre. Nell’altra vita ne godrete il tesoro.

 5 Andate senza ricchezze. Non portate con voi né oro, né argento, né monete nelle vostre cinture, non sacca da viaggio con due o più vesti e doppi calzari, né bastone da pellegrino, né armi da uomo. Perché le vostre visite apostoliche per ora saranno corte, ed ogni vigilia del sabato ci ritroveremo e potrete deporre le vesti sudate senza avere bisogno di portarvi dietro il ricambio. Non occorre il bastone perché qui dolce è il cammino, e ciò che serve su colli e pianure è ben diverso da ciò che serve nei deserti e sui monti alti. Non occorrono armi. Queste sono buone per l’uomo che non conosce la santa povertà e ignora il divino perdono. Ma voi non avete tesori da tutelare e difendere dai ladroni. Unico da temere, unico ladrone per voi, è Satana. Ed esso si vince con la costanza e la preghiera, non con spade e pugnali.
  A chi vi offende perdonate. Se vi spogliassero del mantello, date anche la veste. Rimaneste anche nudi affatto per mitezza e distacco dalle ricchezze, non scandalizzerete gli angeli del Signore e neppure l’infinita Castità di Dio, perché la vostra carità vestirebbe di oro il vostro corpo nudo, e la mitezza vi farebbe ornata cintura, e il perdono verso il ladrone vi darebbe manto e corona regale. Sareste perciò vestiti meglio di un re. E non di stoffe corruttibili, ma di materie incorruttibili.
  Non abbiate preoccupazioni per il vostro nutrimento. Avrete sempre quanto è appropriato alla vostra condizione e al vostro ministero, perché l’operaio è degno del nutrimento che gli viene porto. Sempre. E se gli uomini non provvedessero, Dio provvederebbe al suo operaio. Già vi ho mostrato che per vivere e per predicare non è necessario avere i ventri colmi del cibo ingurgitato. Ciò serve agli animali immondi, la cui missione è quella di ingrassare, per essere uccisi per ingrassare gli uomini. Ma voi non dovete che impinguare lo spirito vostro e altrui di cibi sapienziali. E la Sapienza si illumina ad una mente che la crapula non rende ottusa e ad un cuore che si nutre di cose soprannaturali. Voi non siete mai stati tanto eloquenti come dopo il ritiro sul monte[61]. E allora mangiaste solo quanto era necessario per non morire. Eppure al termine del ritiro eravate forti e ilari come non mai. Non è forse vero?

 6 In qualunque città o luogo entrerete, informatevi che vi sia chi meriti di accogliervi. Non perché siete Simone, o Giuda, o Bartolomeo, o Giacomo, o Giovanni, e così via. Ma perché siete i messi del Signore. Foste anche stati dei rifiuti, degli assassini, dei ladri, dei pubblicani, pentiti ora e al mio servizio, meritate rispetto perché miei messi. Dico più ancora. Dico: guai a voi se avete l’apparenza di miei messi e nell’interno siete abbietti e insatanassati. Guai a voi! L’inferno è ancor poco per quello che meritate per il vostro inganno. Ma anche foste contemporaneamente messi di Dio in palese, e rifiuti, pubblicani, ladri, assassini in occulto, o anche un sospetto fosse nei cuori verso di voi, una quasi certezza, vi va dato ancora onore e rispetto perché siete miei messi. L’occhio dell’uomo deve sorpassare il mezzo e vedere il messo e il fine, vedere Dio e la sua opera al di là del mezzo troppo spesso manchevole. Solo in casi di colpa grave, ledente la fede dei cuori, Io per ora, poi chi mi succederà, provvederanno a recidere il membro guasto. Perché non è lecito che per un sacerdote demonio si perdano anime di fedeli. Non sarà mai lecito, per nascondere le piaghe nate nel corpo apostolico, permettere sopravvivenza in esso di corpi incancreniti che col loro aspetto ripugnante allontanano e col loro fetore demoniaco avvelenano.
 Voi dunque vi informerete quale è la famiglia di vita più retta, là dove le donne sanno stare ritirate e i costumi sono castigati. E là entrerete e dimorerete finché non partiate dal luogo. Non imitate i fuchi che, dopo aver succhiato un fiore, passano ad altro più nutriente. Voi, sia che siate capitati fra persone di buon letto e ricca mensa, o sia che siate capitati in umile famiglia ricca solo di virtù, rimanete dove siete. Non cercate mai il “meglio” per il corpo che perisce. Ma, anzi, date ad esso sempre il peggio, riserbando tutti i diritti allo spirito. E, ve lo dico perché è bene lo facciate, date, sol che lo possiate fare, la preferenza ai poveri per la vostra sosta. Per non umiliarli, per ricordo di Me che sono e resto povero e di esser povero me ne vanto, e anche perché i poveri sono sovente migliori dei ricchi. Troverete sempre poveri giusti, mentre raro sarà trovare un ricco senza ingiustizia. Non avete perciò la scusa di dire: “Non ho trovato bontà altro che nei ricchi” per giustificare la vostra smania di benessere.
  Nell’atto di entrare nella casa salutate col mio saluto, che è il più dolce che vi sia. Dite: “La pace sia con voi. La pace sia in questa casa”, oppure “la pace venga in questa casa”. Infatti voi, messi di Gesù e della Buona Novella, portate con voi la pace, e la vostra venuta in un luogo è far venire la pace in esso. Se la casa ne è degna, la pace verrà e permarrà in essa; se non ne è degna, la pace tornerà a voi. Però badate di essere voi pacifici onde avere Dio come vostro Padre. Un padre aiuta sempre. E voi, aiutati da Dio, farete tutto, e tutto bene.
  Può darsi anche, anzi certo avverrà, che vi sarà città o casa che non vi ricevono e non vogliono ascoltare le vostre parole cacciandovi o deridendovi, o anche inseguendovi a colpi di pietra come profeti noiosi. E qui avrete più che mai bisogno di esser pacifici, umili, miti per abito di vita. Perché altrimenti l’ira prenderà il sopravvento e voi peccherete scandalizzando e aumentando l’incredulità dei convertendi. Mentre, se riceverete l’offesa di esser cacciati, derisi, inseguiti, con pace, voi convertirete con la predica più bella: quella silenziosa della virtù vera. Ritroverete un giorno i nemici di oggi sul vostro cammino e vi diranno: “Vi abbiamo cercato perché il vostro modo di agire ci ha fatti persuasi della Verità che annunciate. Vogliate perdonarci e accoglierci per discepoli. Perché noi non vi conoscevamo, ma ora vi conosciamo per santi. Perciò, se santi siete, dovete essere i messi di un santo, e noi crediamo ora in Lui”. Ma, nell’uscire dalla città o casa dove non siete stati accolti, scuotete da voi anche la polvere dei vostri calzari, acciò la superbia e la durezza di quel luogo non si apprenda neppure alle vostre suole. In verità vi dico: nel giorno del Giudizio, Sodoma e Gomorra saranno trattate meno duramente di quella città.

 7 Ecco: Io vi mando come pecore fra i lupi. Siate dunque prudenti come le serpi e semplici come le colombe.  Perché voi sapete come il mondo, che in verità è più di lupi che di pecore, usa anche con Me che sono il Cristo. Io posso difendermi col mio potere e lo farò finché non è l’ora del trionfo temporaneo del mondo. Ma voi non avete questo potere e vi necessita maggior prudenza e semplicità. Maggiore accortezza, perciò, per evitare per ora carceri e flagellazioni.
  In verità voi, per ora, nonostante le vostre proteste di volere dare il sangue per Me, non sopportate neppure uno sguardo ironico o iracondo. Poi verrà un tempo in cui sarete forti come eroi contro tutte le persecuzioni, forti più di eroi, di un eroismo inconcepibile secondo il mondo, inspiegabile, e verrà detto “follia”. No, che follia non sarà! Sarà l’immedesimazione per forza di amore dell’uomo con l’Uomo Dio, e voi saprete fare ciò che Io avrò già fatto. Per capire questo eroismo occorrerà vederlo, studiarlo e giudicarlo da piani ultraterreni. Perché è cosa soprannaturale che esula da tutte le restrizioni della natura umana. I re, i re dello spirito saranno i miei eroi, in eterno re ed eroi…
  In quel tempo vi arresteranno mettendovi le mani addosso, trascinandovi davanti ai tribunali, davanti ai presidi e ai re, onde vi giudichino e vi condannino per il grande peccato, agli occhi del mondo, di essere i servi di Dio, i ministri e tutori del Bene, i maestri delle virtù. E per essere questo sarete flagellati e in mille guise puniti, fino ad essere uccisi. E voi renderete testimonianza di Me ai re, ai presidi, alle nazioni, confessando col sangue che voi amate Cristo, il Figlio vero di Dio vero.
  Quando sarete nelle loro mani, non vi mettete in pena su ciò che avete a rispondere e di quanto avrete a dire. Nessuna pena abbiate allora che non sia quella dell’afflizione verso i giudici e gli accusatori che Satana travia al punto da renderli ciechi alla Verità. Le parole da dire vi saranno date in quel momento. Il Padre vostro ve le metterà sulle labbra, perché allora non sarete voi che parlerete per convertire alla Fede e professare la Verità, ma sarà lo Spirito del Padre vostro quello che parlerà in voi.

 8 Allora il fratello darà la morte al fratello, il padre al figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. No, non tramortite e non vi scandalizzate! Rispondete a Me. Per voi è più grande delitto uccidere un padre, un fratello, un figlio, o Dio stesso?».
  «Dio non si può uccidere», dice secco Giuda Iscariota.
  «È vero. È Spirito imprendibile», conferma Bartolomeo. E gli altri, pur tacendo, sono dello stesso parere.
  «Io sono Dio, e Carne sono», dice calmo Gesù.
  «Nessuno pensa ad ucciderti», ribatte l’Iscariota.
  «Vi prego, rispondete alla mia domanda».
  «Ma è più grave uccidere Dio! Si intende!».
  «Ebbene, Dio sarà ucciso dall’uomo, nella Carne dell’Uomo Dio e nell’anima degli uccisori dell’Uomo Dio. Dunque, come si giungerà a questo delitto senza orrore in chi lo compie, parimenti si giungerà al delitto dei padri, dei fratelli, dei figli, contro i figli, i fratelli, i padri.

 9 Sarete odiati da tutti a causa del mio Nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvo. E quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra. Non per viltà, ma per dare tempo alla neonata Chiesa di Cristo di giungere ad età non più di lattante debole e inetto, ma ad una età maggiore in cui sarà capace di affrontare la vita e la morte senza temere Morte. Quelli che lo Spirito consiglierà a fuggire, fuggano. Come Io sono fuggito quando ero pargolo. In verità, nella vita della mia Chiesa si ripeteranno tutte le vicende della mia vita d’uomo. Tutte. Dal mistero del suo formarsi all’umiltà dei primi tempi, ai turbamenti e insidie date dai feroci, alla necessità di fuggire per continuare a esistere, dalla povertà e dal lavoro indefesso fino a molte altre cose che Io vivo attualmente, che patirò in seguito, prima di giungere al trionfo eterno. Quelli invece che lo Spirito consiglia di rimanere, restino. Perché, anche se cadranno uccisi, essi vivranno e saranno utili alla Chiesa. Perché è sempre bene ciò che lo Spirito di Dio consiglia.

10 In verità vi dico che non finirete, voi e chi vi succederà, di percorrere le vie e le città di Israele prima che venga il Figlio dell’uomo. Perché Israele, per un suo tremendo peccato, sarà disperso come pula investita da un turbine e sparso per tutta la terra, e secoli e millenni, uno dopo un altro uno, e oltre, si succederanno prima che sia di nuovo raccolto sull’aia di Areuna Gebuseo[62]. Tutte le volte che lo tenterà, prima dell’ora segnata, sarà nuovamente preso dal turbine e disperso, perché Israele dovrà piangere il suo peccato per tanti secoli quante sono le stille che pioveranno dalle vene dell’Agnello di Dio immolato per i peccati del mondo. E la Chiesa mia dovrà pure, essa che sarà stata colpita da Israele in Me e nei miei apostoli e discepoli, aprire braccia di madre e cercare di raccogliere Israele sotto il suo manto come una chioccia fa coi pulcini sviati. Quando Israele sarà tutto sotto il manto della Chiesa di Cristo, allora Io verrò.

11 Ma queste saranno le cose future. Parliamo delle immediate.
  Ricordatevi che il discepolo non è da più del Maestro, né il servo da più del Padrone. Perciò basti al discepolo di essere come il Maestro, ed è già immeritato onore; e al servo di essere come il Padrone, ed è già soprannaturale bontà concedervi che ciò sia. Se hanno chiamato Belzebù il padrone di casa, come chiameranno i suoi servi? E potranno i servi ribellarsi se il Padrone non si ribella, non odia e maledice, ma calmo nella sua giustizia continua la sua opera, trasferendo il giudizio ad altro momento, quando, dopo avere tutto tentato per persuadere, avrà visto in essi l’ostinazione nel Male? No. Non potranno i servi fare ciò che non fa il Padrone, ma bensì imitarlo, pensando che essi sono anche peccatori mentre Egli era senza peccato. Non temete dunque quelli che vi chiameranno: “demoni”. La verità, verrà un giorno che sarà nota e si vedrà allora chi era il “demonio”. Se voi o loro.
  Non c’è niente di nascosto che non si abbia a rivelare, e niente di segreto che non si abbia a sapere. Quello che ora Io vi dico nelle tenebre e in segreto, perché il mondo non è degno di sapere tutte le parole del Verbo — non è ancora degno di questo, né è ora di dirlo anche agli indegni — voi, quando sarà l’ora che tutto deve esser noto, ditelo nella luce, dall’alto dei tetti gridate ciò che ora Io vi sussurro più all’anima che all’orecchio. Perché allora il mondo sarà stato battezzato dal Sangue, e Satana avrà contro uno stendardo per cui il mondo potrà, volendo, comprendere i segreti di Dio, mentre Satana non potrà nuocere altro che su chi desidera il morso di Satana e lo preferisce al mio bacio. Ma otto parti su dieci del mondo non vorranno comprendere. Solo le minoranze saranno volonterose di sapere tutto per seguire tutto che è mia Dottrina. Non importa. Siccome non si può separare queste due parti sante dalla massa ingiusta, predicate anche dai tetti la mia Dottrina, predicatela dall’alto dei monti, sui mari senza confine, nelle viscere della Terra. Se anche gli uomini non l’ascolteranno, raccoglieranno le divine parole gli uccelli ed i venti, i pesci e le onde, e ne serberanno l’eco le viscere del suolo per dirlo alle interne sorgenti, ai minerali, ai metalli, e ne gioiranno tutti, perché essi pure sono creati da Dio per essere di sgabello ai miei piedi e di gioia al mio cuore.
  Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima, ma temete solo quello che può mandare a perdizione la vostra anima e ricongiungere nell’ultimo Giudizio questa al risorto corpo, per gettarli nei fuochi d’Inferno. Non temete. Non si vendono forse due passeri per un soldo? Eppure, se il Padre non lo permette, non uno di essi cadrà nonostante tutte le insidie dell’uomo. Non temete dunque. Voi siete noti al Padre. Noti gli sono nel loro numero anche i capelli che avete sul capo. Voi siete dappiù di molti passeri! Ed Io vi dico che chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anche Io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei Cieli. Ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, anche Io lo rinnegherò davanti al Padre mio. Riconoscere qui è per seguire e praticare; rinnegare è per abbandonare la mia via per viltà, per concupiscenza triplice, o per calcolo meschino, per affetto umano verso uno dei vostri, contrari a Me. Perché ci sarà questo.

12 Non pensate che Io sia venuto a mettere concordia sulla Terra e per la Terra. La mia pace è più alta delle calcolate paci per il barcamenare di ogni giorno. Non sono venuto a mettere la pace, ma la spada. La spada tagliente per recidere le liane che trattengono nel fango e aprire le vie ai voli nel soprannaturale. Perciò Io sono venuto a dividere il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera. Perché Io sono Colui che regna e ha ogni diritto sui suoi sudditi. Perché nessuno è più grande di Me nei diritti sugli affetti. Perché in Me si accentrano tutti gli amori sublimandosi, ed Io sono Padre, Madre, Sposo, Fratello, Amico, e vi amo come tale, e come tale vado amato. E quando dico: “Voglio”, nessun legame può resistere e la creatura è mia. Io col Padre l’ho creata, Io da Me stesso la salvo, Io ho il diritto di averla.
  In verità i nemici dell’uomo sono gli uomini oltre che i demoni; e i nemici dell’uomo nuovo, del cristiano, saranno quelli di casa, coi loro lamenti, minacce o suppliche. Chi però d’ora in poi amerà il padre e la madre più di Me non è degno di Me; chi ama il figlio o la figlia più di Me non è degno di Me. Chi non prende la sua croce quotidiana, complessa, fatta di rassegnazioni, di rinunce, di ubbidienze, di eroismi, di dolori, di malattie, di lutti, di tutto quello che manifesta la volontà di Dio o una prova dell’uomo, e con essa non mi segue, non è degno di Me. Chi tiene conto della sua vita terrena più di quella spirituale perderà la Vita vera. Chi avrà perduto la sua vita terrena per amore mio la ritroverà eterna e beata.

13 Chi riceve voi riceve Me. Chi riceve Me riceve Colui che mi ha mandato. Chi riceve un profeta come profeta riceverà premio proporzionato alla carità data al profeta, chi un giusto come giusto riceverà un premio proporzionato al giusto. E ciò perché chi riconosce nel profeta il profeta è segno che è profeta lui pure, ossia molto santo perché tenuto fra le braccia dallo Spirito di Dio, e chi avrà riconosciuto un giusto come giusto dimostra di essere lui stesso giusto, perché le anime simili si riconoscono. Ad ognuno dunque sarà dato secondo giustizia.
  Ma a chi avrà dato anche un solo calice d’acqua pura ad uno dei miei servi, fosse anche il più piccolo — e sono servi di Gesù tutti quelli che lo predicano con una vita santa, e possono esserlo i re come i mendicanti, i sapienti come coloro che non sanno nulla, i vecchi come i pargoli, perché in tutte le età e le classi si può essere miei discepoli — chi avrà dato ad un mio discepolo anche un calice d’acqua in mio nome e perché mio discepolo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa.

14 Ho detto. Ora preghiamo e poi andiamo a casa. All’alba partirete e così: Simone di Giona con Giovanni, Simone Zelote con Giuda Iscariota, Andrea con Matteo, Giacomo d’Alfeo con Tommaso, Filippo con Giacomo di Zebedeo, Giuda mio fratello con Bartolomeo. Questa settimana così. Poi darò il nuovo ordine. Preghiamo».
  E pregano ad alta voce…

Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, Regina del Cielo e della terra,
noi ci affidiamo per sempre a Te!

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