Vangelo Mc 8, 22-26: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano».

Vangelo Novus Ordo Mc 8, 22-26
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo.
Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano».
Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».

Oggi conserviamo nel nostro cuore queste Parole del Vangelo:
“Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente”.


Maria Valtorta: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’

Paralleli Novus ordo

   Cap. CCCXLVII. A Betsaida. Profezia sul martirio di Marziam e degli apostoli. La guarigione di un cieco.

   1 Dicembre 1945

 1 Non camminano più, ma corrono nella nuova aurora ancor più ridente e schietta delle precedenti, tutta un brillio di rugiade che piovono, insieme a petali multicolori, sulle teste e sui prati, a mettere altri colori di fiori sfogliati presso quelli in numeri di fioretti dritti sugli steli delle prode e delle zolle, e ad accendere nuovi diamanti sui fili dell’erba novella. Corrono fra canti di uccelli in amore e canti di brezza leggera e di acque ridarelle che sospirano o che arpeggiano, scorrendo fra i rami, carezzando i fieni e i grani che si alzano giorno per giorno, oppure fluendo via fra le sponde, piegando dolcemente gli steli che toccano l’acque limpide. Corrono come andassero a un convito d’amore. Anche gli anziani come Filippo, Bartolomeo, Matteo, lo Zelote, condividono la fretta ilare dei giovani. E così fra i discepoli, dove i più vecchi emulano i più giovani nel camminare veloce.
   E ancora non sono asciugate le rugiade sui prati quando raggiungono la zona di Betsaida, stretta nel poco spazio fra il lago, il fiume e il monte.

 2 E dal bosco del monte scende per un sentiero un giovanetto curvo sotto un fascio di ramaglie. Scende svelto, quasi correndo, e per la sua posizione non vede gli apostoli… Canta felice, correndo così sotto il suo fascio di legna e, giunto sulla via maestra, alle prime case di Betsaida, getta a terra il suo carico e si raddrizza per riposare gettando indietro i capelli morati. È alto e snello, diritto, forte nel corpo e nelle membra agili e magre. Una bella figura di giovinetto.
   «È Marziam», dice Andrea.
   «Sei matto? Quello è un uomo ormai», gli risponde Pietro.
   Andrea mette le mani ad imbuto alla bocca e lo chiama forte.
Il giovinetto, che stava curvandosi per riprendere il peso, dopo essersi stretta la cintura alla corta tunica che appena gli giunge al ginocchio e che è aperta sul petto, perché probabilmente non lo contiene più, si volge in direzione del richiamo e vede Gesù, Pietro, gli altri che lo guardano, fermi presso un gruppo di salici piangenti che sciolgono le loro chiome sulle acque di un largo ruscello, l’ultimo affluente di sinistra del Giordano avanti il lago di Galilea, sito proprio al limite del paese. Lascia ricadere la fascina, alza le braccia e grida: «Il mio Signore! Il padre mio!», e si slancia a corsa.
   Ma anche Pietro si lancia a corsa, guada il ruscello senza neppure levarsi i sandali, limitandosi a raccogliere le vesti, e poi corre sulla via polverosa, lasciando le larghe impronte umide dei suoi sandali sul terreno asciutto.
   «Padre mio!».
   «Figlio caro!».
   Sono nelle braccia l’uno dell’altro, e veramente Marziam è alto come Pietro, di modo che i suoi capelli morati spiovono sul volto di Pietro nel bacio d’amore, ma sembra più alto, così snello come è.

 3 Però Marziam si scioglie dal dolce abbraccio e riprende la corsa verso Gesù, che è ormai al di qua del rio e viene avanti lentamente fra la corona degli apostoli.
   Marziam gli cade ai piedi, a braccia alzate, e dice: «Oh! mio Signore, benedici il tuo servo!».
   Ma Gesù si china, lo rialza e se lo prende sul cuore baciandolo su ambo le guance e augurandogli «continua pace e aumento in sapienza e in grazia nelle vie del Signore».
   Anche gli altri apostoli festeggiano il giovinetto e, specie quelli che non lo vedevano da mesi, si congratulano con lui del suo sviluppo.
   Ma Pietro! Ma Pietro! Se lo avesse procreato lui non se ne compiacerebbe tanto! Gli gira intorno, lo guarda, lo tocca e chiede a questo e a quello: «Ma non è bello? Ma non è ben fatto? Guardate come è dritto! Che petto alto! Che gambe diritte!… Un po’ magro, con poco muscolo ancora. Ma promette bene! E il viso! Guardate se sembra più quell’esserino che mi sono portato in braccio lo scorso anno, e mi pareva portare un uccellino stento, scuro, triste, pauroso… Brava Porfirea! Ah! È proprio stata brava con tutto il suo miele, burro, olio, uova e fegati di pesce. Merita proprio che glielo dica subito.

 4 Mi lasci, eh! Maestro?, andare dalla mia sposa?».
   «Vai, vai, Simone. Io ti raggiungerò presto».
   Marziam, che è ancora per mano di Gesù, dice: «Maestro, certo ora il padre mio ordina convito alla mamma. Lascia che io ti lasci per aiutarla…».
   «Và. E Dio ti benedica perché onori chi ti è padre e madre».
   Marziam corre via, riprende il suo fascio di legna, se lo carica e raggiunge Pietro, camminando al suo fianco.
   «Sembrano Abramo e Isacco mentre salgono il monte», osserva Bartolomeo.
   «Oh! povero Marziam! Ci mancherebbe quella!», dice Simone Zelote.
   «E povero mio fratello! Non so se avrebbe forza di fare l’Abramo…», dice Andrea.
   Gesù lo guarda e poi guarda il capo brizzolato di Pietro che si allontana vicino al suo Marziam, e dice: «In verità vi dico che un giorno verrà che Simon Pietro gioirà sapendo imprigionato, percosso, flagellato, messo in procinto di morte il suo Marziam, e che avrebbe animo di stenderlo di sua mano sul patibolo per rivestirlo della porpora dei Cieli e per fecondare col sangue del martire la Terra, invidioso e dolente solo per un motivo: di essere non lui al posto del figlio e dipendente, perché la sua elezione a capo supremo della mia Chiesa lo obbligherà a riservarsi per essa finché Io gli dirò: “Và a morire per essa”. Voi non conoscete ancora Pietro. Io lo conosco».
   «Prevedi il martirio per Marziam e per mio fratello?».
   «Te ne duoli, Andrea?».
   «No. Mi dolgo che tu non lo preveda anche per me».
   «In verità, in verità vi dico che sarete tutti rivestiti di porpora meno uno».
   «Chi? Chi?».
   «Lasciamo il silenzio sul dolore di Dio», dice mesto e solenne Gesù.
   E tutti tacciono intimoriti e pensosi.

 5 Entrano nella prima via di Betsaida, fra ortaglie piene di verde novello. Pietro, con altri di Betsaida, sta conducendo a Gesù un cieco. Marziam non c’è. Certo è rimasto ad aiutare Porfirea. Con quelli di Betsaida e i parenti del cieco sono molti discepoli venuti a Betsaida da Sicaminon e altre città, fra i quali Stefano, Erma, il sacerdote Giovanni e Giovanni lo scriba e molti altri. (Ormai a tenerli a mente è un bel pasticcio. Sono tanti).
   «Te l’ho condotto, Signore. Era qui in attesa da più giorni», spiega Pietro mentre il cieco e i parenti fanno una nenia di: «Gesù, Figlio di Davide, pietà di noi», «poni la tua mano sugli occhi del figlio mio ed egli vedrà», «abbi pietà di me, Signore! Io credo in Te!».

 6 Gesù prende per mano il cieco e retrocede con lui di qualche metro per metterlo al riparo dal sole che innonda ormai la via. Lo addossa al muro fronzuto di una casa, la prima del paese, e gli si pone di fronte. Si bagna i due indici di saliva e gli strofina le palpebre con le dita umide, poi gli preme le mani sugli occhi, con la base della mano nell’incavo delle occhiaie e le dita sperse fra i capelli dell’infelice. Prega così. Poi leva le mani: «Che vedi?», chiede al cieco.
   «Vedo degli uomini. Certo sono uomini. Ma così mi figuravo gli alberi vestiti di fiori. Ma certo sono uomini perché camminano e si agitano verso di me».
   Gesù impone nuovamente le mani e poi le torna a levare dicendo: «Ed ora?».
   «Oh! ora vedo bene la differenza fra gli alberi piantati nella terra e questi uomini che mi guardano… E vedo Te! Come sei bello! I tuoi occhi sono uguali al cielo e i tuoi capelli sembrano raggi di sole… e il tuo sguardo e il tuo sorriso sono da Dio. Signore, io ti adoro!», e si inginocchia a baciargli l’orlo della veste.
   «Alzati e vieni da tua madre, che per tanti anni ti è stata luce e conforto e della quale tu conosci solo l’amore».
   Lo prende per mano e lo conduce alla madre, che è inginocchiata a qualche passo di distanza in adorazione come prima lo era in supplicazione.
   «Alzati, donna. Ecco tuo figlio. Egli vede la luce del giorno, e voglia il suo cuore seguire la Luce eterna. Và a casa. Siate felici. E siate santi per riconoscenza a Dio. Ma passando dai villaggi non dite a nessuno che Io ti ho guarito, acciò la folla non si precipiti qui per impedirmi di andare dove è giusto che Io vada a portare conferma di fede e luce e gioia ad altri figli del Padre mio».
   E rapido, per un sentierino fra gli orti, scantona andando verso la casa di Pietro, nella quale entra salutando Porfirea col suo dolce saluto. 

Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, Regina del Cielo e della terra,
noi ci affidiamo per sempre a Te!

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