Se dovessimo fare estrema sintesi di tutti gli insegnamenti di Cristo, nel Vangelo di oggi troviamo il condensato più significativo:
“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”.
Amare come Gesù ci ama. Amare fino a dare la vita. Sono queste le coordinate di ogni programma di santità cristiana. Essere infatti suoi discepoli significa perfezionarsi nell’arte di amare. Ma anche il mondo predica un vago amore, e molte volte sotto la scusa dell’amore giustifica anche le cose più assurde e meno buone. Infatti non basta dire di amare per dire di essere dalla parte giusta, ma bisogna amare “come” Gesù ha amato.
Ecco perché tante volte leggiamo nella cronaca di omicidi di donne ammazzate per mano dei loro mariti, compagni o fidanzati che si giustificano dicendo che lo hanno fatto perché le amavano troppo, fino alla gelosia o al possesso. O di donne che arrivano persino a rovinare la vita di un uomo accecate da una sorta di amore senza più nessuna logica. Se chiamiamo amore questo genere di cose ci troviamo ancora nella logica del mondo. Il Vangelo ci insegna che l’unico amore degno di questo nome è l’amore che dà la vita, e non l’amore che se la prende. L’amore vero è dono non possesso.
È bene, non semplice piacere. È saper perdere, non voler vincere a tutti i costi. Questo tipo di amore è il vero amore e noi ne abbiamo fatto esperienza in Cristo Gesù. Il dono della fede è il dono di aver conosciuto un amore così. Questo tipo di consapevolezza ci ha riscattati da una logica servile e ci ha fatti diventare protagonisti:
“Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”.
Questo comandamento che ci ha donato il Signore è l’unico comandamento che osservandolo produce libertà non soggezione:
“Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”.