Messaggio di Maria a Ivan – 8 gennaio 2022

Maria ci esorta a pregare in famiglia

Cari figli, oggi specialmente vi chiamo a essere un riflesso della mia presenza nel mondo. Interessatevi ai miei messaggi e siate portatori dei miei messaggi. Incoraggiate gli altri a pregare, specialmente le famiglie alla preghiera in famiglia. Vi esorto a incoraggiare la vostra famiglia alla preghiera familiare. Dio sia al centro della vostra famiglia, così che possiate testimoniare la bellezza che Dio dà alle vostre famiglie e alle vostre vite. Grazie, perché anche oggi avete risposto alla mia chiamata.

Maria a Medjugorje

I primissimi 5 messaggi di Maria a Medjugorje – giugno 1981

Cosa ha detto Maria ai veggenti durante le prime apparizioni?

25 giugno 1981

Dopo aver pregato il Credo e sette PaterAve e Gloria, la Madonna intona il canto «Vieni, vieni, Signore e poi scompare.

26 giugno 1981

Io sono la Beata Vergine Maria”. Comparendo nuovamente alla sola Marija, la Madonna dice: «Pace. Pace. Pace. Riconciliatevi. Riconciliatevi con Dio e tra di voi. E per fare questo è necessario credere, pregare, digiunare e confessarsi”.

27 giugno 1981

A Vicka che chiede se ella preferisca la preghiera o i canti, la Madonna risponde: «Entrambi: pregate e cantate”. Dopo un po’ la Vergine risponde alla domanda sul comportamento che devono tenere i francescani della parrocchia di San Giacomo: «Che i frati siano saldi nella fede e proteggano la fede del popolo”.

28 giugno 1981

“Che il popolo creda e perseveri nella fede”.

29 giugno 1981

Non c’è che un solo Dio e una sola fede. Credete fermamente e non abbiate paura”.

Messaggio di Maria a Marija – 25 ottobre 2021

Messaggio del 25 Ottobre 2021 rivolto alla Parrocchia attraverso la veggente Marija di Medjugorje

”Cari figli! Ritornate alla preghiera perché chi prega non ha paura del futuro.

Chi prega è aperto alla vita e rispetta la vita degli altri.

Chi prega, figlioli, sente la libertà dei figli di Dio e con cuore gioioso serve per il bene dell’uomo fratello.

Perché Dio è amore e libertà. Perciò, figlioli, quando vogliono mettervi delle catene (legami) e usarvi, questo non viene da Dio perché Dio è amore e dona la Sua pace ad ogni creatura.

Perciò mi ha mandato per aiutarvi a crescere sulla via della santità (nella santità). Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

🙏 Fermiamoci un attimo a meditare queste Parole di Maria. Possiamo scrivere nei commenti cosa suscitano nel nostro cuore.

Messaggio di Maria a Ivan – 16 ottobre 2021

Messaggio della Regina della pace del 16 Ottobre 2021 a Ivan di Medjugorje

“Cari figli,

oggi ancora una volta vi chiamo alla conversione.

Figlioli, pregate, pregate e lavorate sulla vostra conversione personale affinché siate il segno dell’amore di Dio per gli altri.

Grazie cari figli per aver risposto alla mia chiamata oggi, ancora una volta”.

🙏 Fermiamoci a meditare queste Parole di Maria.
👇 Scriviamo nei commenti ciò che suscitano nel nostro cuore.

Messaggio di Maria a Medjugorje – 25 Settembre 2021

Messaggio del 25 Settembre 2021 rivolto alla Parrocchia attraverso la veggente Marija di Medjugorje

”Cari figli!

Pregate, testimoniate e gioite con me perché l’Altissimo mi manda ancora per guidarvi sulla via della santità.

Siate coscienti, figlioli, che la vostra vita è breve e l’eternità vi aspetta affinché con tutti i santi glorifichiate Dio con il vostro essere.

Non preoccupatevi, figlioli, per le cose terrene ma anelate al Cielo. Il Cielo sarà la vostra meta e la gioia regnerà nel vostro cuore. Sono con voi e vi benedico tutti con la mia benedizione materna.

Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

🙏 Fermiamoci un attimo a meditare queste Parole di Maria.
👇 Scriviamo nei commenti cosa suscitano nel nostro cuore.

Il nostro giornalino

Puoi stampare il nostro giornalino oppure leggerlo direttamente sul computer o sul tuo dispositivo mobile. I disegni e gli articoli sono realizzati dai ragazzi del gruppo.

N.1 – Pasqua 2021

Prima uscita – Pasqua 2021

N.2 – Maggio 2021

Seconda uscita – Maggio 2021

N.3 – Giugno 2021

Terza uscita – Giugno 2021

Capitolo 2 – Trattato della vera devozione a Maria

VERITÀ FONDAMENTALI DELLA DEVOZIONE A MARIA

60. Dopo aver detto fin qui qualcosa della necessità che noi abbiamo della devozione alla santissima Vergine, bisogna dire in che cosa consista tale devozione; ciò che farò, con l’aiuto di Dio, dopo aver premesso alcune verità fondamentali, che daranno luce alla grande e solida devozione che voglio far conoscere.

Prima verità

61. Prima verità. Gesù Cristo nostro Salvatore, vero Dio e vero uomo, deve essere il fine ultimo di tutte le nostre devozioni; altrimenti esse sarebbero false e ingannatrici. Gesù Cristo è l’alfa e l’omega, il principio e il fine di tutte le cose. Noi lavoriamo, come dice l’Apostolo, solo per perfezionare ogni uomo in Gesù Cristo, perché in lui solo abitano tutta la pienezza della Divinità e tutte le altre pienezze di grazie, di virtù e di perfezioni; perché in lui solo siamo stati benedetti con ogni benedizione spirituale; perché egli è il nostro unico maestro che deve istruirci, il nostro unico Signore da cui dobbiamo dipendere, il nostro unico capo al quale dobbiamo essere uniti, il nostro unico modello al quale dobbiamo conformarci, il nostro unico medico che deve guarirci, il nostro unico pastore che deve nutrirci, la nostra unica via che deve condurci, la nostra unica verità che dobbiamo credere, la nostra unica vita che deve vivificarci, e il nostro unico tutto in tutte le cose che deve bastarci. Non è stato dato altro nome sotto il cielo, che il nome di Gesù, per il quale noi dobbiamo essere salvati. Dio non ha posto altro fondamento della nostra salvezza, della nostra perfezione e della nostra gloria che Gesù Cristo: ogni edificio che non poggia su questa pietra ferma è fondato sulla sabbia mobile e cadrà senza dubbio presto o tardi. Ogni fedele che non è unito a lui come un ramo al ceppo della vite, cadrà, seccherà e servirà solo ad essere gettato nel fuoco. Se noi siamo in Gesù Cristo e Gesù Cristo in noi, non abbiamo da temere nessuna dannazione: né gli angeli del cielo, né gli uomini della terra, né i diavoli dell’inferno, né alcuna altra creatura può nuocerci, perché non può separarci dalla carità di Dio che è in Cristo Gesù. Per Gesù Cristo, con Gesù Cristo, in Gesù Cristo, noi possiamo tutto: rendere ogni onore e gloria al Padre, nell’unità dello Spirito Santo; diventare perfetti ed essere per il nostro prossimo un buon odore di vita eterna.

62. Se dunque noi stabiliamo la solida devozione della santissima Vergine, ciò è solo per stabilire più perfettamente quella di Gesù Cristo, è solo per dare un mezzo facile e sicuro per trovare Gesù Cristo. Se la devozione alla santissima Vergine allontanasse da Gesù Cristo, bisognerebbe rigettarla come un’illusione del diavolo; ma è esattamente il contrario, come ho già mostrato e mostrerò ancora in seguito: questa devozione è necessaria proprio per trovare Gesù Cristo perfettamente e amarlo teneramente e servirlo fedelmente.

63. Io mi volgo qui un istante verso di te, o mio amabile Gesù, per lamentarmi amorosamente con la tua divina Maestà del fatto che la maggior parte dei cristiani, compresi i più dotti, non sanno il legame necessario che esiste fra te e la tua santa Madre. Tu, Signore, sei sempre con Maria e Maria è sempre con te e non può essere senza di te: altrimenti ella cesserebbe di essere quello che è; ella è talmente trasformata in te dalla grazia che non vive più, non è più; tu solo, mio Gesù, vivi e regni in lei, più perfettamente che in tutti gli angeli e i beati. Ah! se si conoscesse la gloria e l’amore che tu ricevi in questa ammirabile creatura, si avrebbero verso di te e di lei ben altri sentimenti. Ella è così intimamente unita a te che sarebbe più facile separare la luce dal sole, il calore dal fuoco; dico di più, sarebbe più facile separare tutti gli angeli e i santi da te, che non la divina Maria: perché ella ti ama più ardentemente e ti glorifica più perfettamente di tutte insieme le altre creature.

64. Dopo ciò, mio amabile Maestro, non è cosa sorprendente e dolorosa vedere l’ignoranza e le tenebre di tutti gli uomini di quaggiù circa la tua santa Madre? Non parlo tanto degli idolatri e dei pagani, che, non conoscendo te, non si curano di conoscerla; non parlo neppure degli eretici e degli scismatici, che non si curano di essere devoti della tua santa Madre, essendosi separati da te e dalla tua santa Chiesa; ma parlo dei cristiani cattolici, e degli stessi dottori fra i cattolici, che facendo professione di insegnare agli altri le verità, non conoscono né te, né la tua santa Madre, se non in maniera speculativa, arida, sterile e indifferente. Questi signori parlano solo raramente della tua santa Madre e della devozione che le si deve perché temono, dicono, che se ne abusi, che ti si faccia ingiuria onorando troppo la tua santa Madre. Se vedono o sentono qualche devoto della santissima Vergine parlare spesso della devozione a questa buona Madre, in maniera tenera, forte e persuasiva, come di un mezzo sicuro senza illusione, di un cammino breve senza pericolo, di una via immacolata senza imperfezione e di un segreto meraviglioso per trovarti e amarti perfettamente, gridano contro di lui, e gli elencano mille false ragioni per provargli che non bisogna parlar tanto della santa Vergine, che vi sono grandi abusi in questa devozione, e che bisogna adoperarsi a distruggerli, e a parlare di te piuttosto che portare i popoli alla devozione alla santa Vergine che amano già abbastanza.

Si sentono talvolta parlare della devozione alla tua santa Madre, non per stabilirla e propagarla, ma per distruggerne gli abusi, mentre questi signori sono senza pietà e senza devozione tenera per te, perché non ne hanno per Maria. Considerano il Rosario e lo Scapolare come devozioni da donnicciole, proprie degli ignoranti, non necessarie per salvarsi; e se capita nelle loro mani qualche devoto della santa Vergine, che recita il Rosario o compie qualche altra pratica di devozione verso di lei, gli muteranno presto lo spirito e il cuore: in luogo del Rosario, gli consiglieranno di dire i sette Salmi; invece della devozione alla santa Vergine, gli consiglieranno la devozione a Gesù Cristo.

O mio amabile Gesù, hanno costoro il tuo spirito? Ti fanno piacere agendo in questo modo? È piacere a te non fare tutti gli sforzi per piacere alla tua Madre, per paura di dispiacerti? La devozione alla tua santa Madre impedisce la tua? Ella si attribuisce l’onore che le si rende? Ella fa parte a sé? È un’estranea che non ha alcun legame con te? È separarsi o allontanarsi dal tuo amore darsi a lei e amarla?

65. Eppure, mio amabile Maestro, la maggior parte dei dotti, per punizione del loro orgoglio, non allontanerebbero di più dalla devozione alla tua santa Madre e non condurrebbero di più all’indifferenza, se tutto quello che ho appena detto fosse vero. Preservami, Signore, preservami dai loro sentimenti e dalle loro pratiche e concedimi di partecipare ai sentimenti di riconoscenza, di stima, di rispetto e d’amore che tu hai nei confronti della tua santa Madre, affinché io ti ami e ti glorifichi imitandoti e seguendoti più da vicino.

66. Come se fin qui non avessi ancora detto nulla in onore della tua santa Madre, «concedimi la grazia di lodarla degnamente», malgrado tutti i suoi nemici, che sono i tuoi, e di dire loro apertamente con i santi: «Non presuma di ottenere misericordia da Dio, chi offende la sua santa Madre».

67. Per ottenere dalla tua misericordia una vera devozione alla tua santa Madre, e per ispirarla a tutti, fa’ che io ti ami ardentemente, e accogli per questo la preghiera infocata che ti rivolgo con sant’Agostino e i tuoi veri amici:

«Tu es Christus, pater meus sanctus, Deus meus pius, rex meus magnus, pastor meus bonus, magister meus unus, adiutor meus optimus, dilectus meus pulcherrimus, panis meus vivus, sacerdos meus in aeternum, dux meus ad patriam, lux mea vera, dulcedo mea sancta, via mea recta, sapientia mea praeclara, simplicitas mea pura, concordia mea pacifica, custodia mea tota, portio mea bona, salus mea sempiterna…

Christe Iesu, amabilis Domine, cur amavi, quare concupivi in omni vita mea quidquam praeter te Iesum Deum meum? Ubi eram quando tecum mente non eram? Iam ex hoc nunc, omnia desideria mea, incalescite et effluite in Dominum Iesum; currite, satis hactenus tardastis; properate quo pergitis; quaerite quem quaeritis. Iesu, qui non amat te anathema sit; qui te non amat amaritudine repleatur… O dulcis Iesu, te amet, in te delectetur, te admiretur omnis sensus bonus tuae conveniens laudi. Deus cordis mei et pars mea, Christe Iesu, deficiat cor meum spiritu suo, et vivas tu in me, et concalescat in spiritu meo vivus carbo amoris tui, et excrescat in ignem perfectum; ardeat iugiter in ara cordis mei, ferveat in medullis meis, flagret in absconditis animae meae; in die consummationis meae consummatus inveniar apud te. Amen».

Ho voluto trascrivere in latino questa meravigliosa preghiera di sant’Agostino, affinché le persone che capiscono il latino la recitino tutti i giorni per chiedere l’amore di Gesù che noi cerchiamo per mezzo della divina Maria.

Seconda verità

68. Seconda verità. Bisogna concludere da ciò che Gesù Cristo è a nostro riguardo, che noi non apparteniamo a noi stessi, come dice l’Apostolo, ma completamente a lui, come suoi membri e suoi schiavi ch’egli ha comprato a prezzo infinitamente caro, a prezzo di tutto il suo sangue. Prima del battesimo appartenevamo al diavolo come suoi schiavi, e il battesimo ci ha resi veri schiavi di Gesù Cristo, che devono vivere, lavorare e morire solo per fruttificare per questo Dio Uomo, glorificarlo nel nostro corpo e farlo regnare nella nostra anima, perché siamo sua conquista, suo popolo e sua eredità. Per la stessa ragione lo Spirito Santo ci paragona:

1) ad alberi piantati lungo le acque della grazia, nel campo della Chiesa, che devono dare frutti a suo tempo;

2) ai rami di una vite di cui Gesù Cristo è il ceppo, che devono produrre buona uva;

3) a un gregge di cui Gesù Cristo è il pastore, che deve moltiplicarsi e dare latte;

4) a una terra fertile di cui Dio è il lavoratore, e nella quale il seme si moltiplica e produce il trenta, il sessanta o il cento per uno. Gesù Cristo maledisse il fico sterile, e condannò il servo inutile che non aveva fatto fruttare il suo talento. Tutto questo prova che Gesù Cristo vuole ricevere qualche frutto dalle nostre misere persone, cioè le nostre opere buone, perché esse appartengono unicamente a lui: «Creati in Cristo Gesù per le opere buone» (Ef 2,10). Parole dello Spirito Santo che mostrano sia che Gesù Cristo è l’unico principio e deve essere l’unico fine di tutte le nostre opere buone, sia che dobbiamo servirlo non solo come servi stipendiati, ma come schiavi d’amore. Mi spiego.

69. Vi sono due maniere quaggiù di appartenere a un altro e di dipendere dalla sua autorità, cioè: la semplice servitù e la schiavitù; dal che noi chiamiamo uno servo e uno schiavo.

Con la servitù comune tra i cristiani, un uomo si impegna a servirne un altro per un certo tempo, per un certo stipendio o una data ricompensa.

Con la schiavitù, un uomo dipende interamente da un altro per tutta la propria vita, e deve servire il suo padrone, senza pretendere alcuno stipendio né ricompensa come una delle sue bestie sulla quale ha diritto di vita e di morte.

70. Vi sono tre specie di schiavitù: una schiavitù naturale, una schiavitù forzata e una schiavitù volontaria. Tutte le creature sono schiave di Dio nel primo modo: «Del Signore è la terra e quanto contiene» (Sal 24,1); i demoni e i dannati nel secondo; i giusti e i santi lo sono nel terzo. La schiavitù volontaria è la più perfetta e la più gloriosa per Dio, che guarda il cuore, e che domanda il cuore, e che si chiama il Dio del cuore o della volontà amorosa, perché con questa schiavitù si sceglie Dio e il suo servizio al di sopra di tutte le cose, quand’anche la natura non obbligasse a questo.

71. Vi è una differenza totale tra un servo e uno schiavo:

1) Un servo non dà tutto ciò che è e tutto ciò che possiede e tutto ciò che può acquistare per mezzo di altri o da se stesso al suo padrone; lo schiavo invece dà tutto se stesso, tutto ciò che possiede e tutto ciò che può acquistare al suo padrone, senza alcuna eccezione.

2) Il servo esige uno stipendio per i servizi che rende al suo padrone, lo schiavo invece non può esigere nulla, qualunque sia l’assiduità, l’abilità, la forza con cui lavora.

3) Il servo può lasciare il suo padrone quando vuole, o almeno quando il tempo del suo servizio è terminato; lo schiavo invece non ha diritto di lasciare il suo padrone quando vuole.

4) Il padrone del servo non ha su di lui nessun diritto di vita e di morte, di modo che se lo uccidesse, come una delle sue bestie da soma, commetterebbe un omicidio ingiusto; il padrone dello schiavo invece ha per legge diritto di vita e di morte su di lui, di modo che può venderlo a chi vuole, o ucciderlo, come farebbe con il suo cavallo.

5) Infine, il servo è solo per un periodo di tempo al servizio di un padrone, lo schiavo invece per sempre.

72. Non c’è niente fra gli uomini che ci faccia appartenere maggiormente a un altro della schiavitù; non c’è niente neanche fra i cristiani che ci faccia appartenere in modo più assoluto a Gesù Cristo e alla sua santa Madre della schiavitù volontaria, secondo l’esempio di Gesù Cristo stesso, che assunse la condizione di schiavo per nostro amore: «formam servi accipiens» (Fil 2,7), e della santa Vergine, che si disse la serva e la schiava del Signore. L’Apostolo si onora di chiamarsi «servus Christi». I cristiani sono chiamati più volte nella sacra Scrittura «servi Christi», la quale parola servus, secondo la giusta osservazione di un dotto, un tempo non significava altro che schiavo, perché non esistevano ancora i servi come oggi, i padroni erano serviti solo da schiavi o da liberti: ciò che il Catechismo del sacro Concilio di Trento, per non lasciare alcun dubbio che noi siamo schiavi di Gesù Cristo, esprime con un termine inequivocabile, chiamandoci «mancipia Christi», schiavi di Gesù Cristo. Ciò posto:

73. Dico che dobbiamo appartenere a Gesù Cristo e servirlo, non solo come servi mercenari, ma come schiavi d’amore, che, spinti da grande amore, si donano e si consacrano a servirlo in qualità di schiavi, per il solo onore di appartenergli. Prima del battesimo eravamo schiavi del demonio; il battesimo ci ha resi schiavi di Gesù Cristo: è giocoforza che i cristiani siano schiavi del demonio o schiavi di Gesù Cristo.

74. Quello che dico in modo assoluto di Gesù Cristo, lo dico in modo relativo della santa Vergine, alla quale Gesù Cristo, avendola scelta come compagna indissolubile della sua vita, della sua morte, della sua gloria e della sua potenza in cielo e sulla terra, diede per grazia, relativamente alla sua Maestà, tutti gli stessi diritti e privilegi che egli possiede per natura: «Tutto ciò che conviene a Dio per natura, conviene a Maria per grazia», dicono i santi; di modo che, secondo loro, avendo entrambi la stessa volontà e la stessa potenza, hanno entrambi gli stessi sudditi, servi e schiavi.

75. Si può dunque, secondo il pensiero dei santi e di parecchi grandi uomini, dirsi e farsi schiavi d’amore della santissima Vergine, per essere così più perfettamente schiavi di Gesù Cristo. La santa Vergine è il mezzo di cui Nostro Signore si è servito per venire a noi; è anche il mezzo di cui noi dobbiamo servirci per andare a lui, perché ella non è come le altre creature, le quali se ci attacchiamo, potrebbero piuttosto allontanarci da Dio che avvicinarci; ma la più forte inclinazione di Maria è di unirci a Gesù Cristo, suo Figlio, e la più forte inclinazione del Figlio è che si vada a lui per mezzo della sua santa Madre; ed è fargli onore e piacere, come si farebbe onore e piacere a un re se, per diventare più perfettamente suo suddito e schiavo, ci si facesse schiavi della regina. Per questo i santi Padri e san Bonaventura dopo di loro, dicono che la santa Vergine è la via per andare a Nostro Signore: «La via per andare a Cristo è avvicinarsi a lei».

76. Inoltre, se, come ho detto, la santa Vergine è la Regina e sovrana del cielo e della terra: «Ecce imperio Dei omnia subiciuntur et Virgo; ecce imperio Virginis omnia subiciuntur et Deus», dicono sant’Anselmo, san Bernardo, san Bernardino, san Bonaventura, non ha tanti sudditi e schiavi quante sono le creature? Non è ragionevole che fra tanti schiavi per forza, ve ne siano per amore che volontariamente scelgano, in qualità di schiavi, Maria per loro sovrana? Come! gli uomini e i demoni hanno i loro schiavi volontari e Maria non ne avrebbe? Come! un re si tiene onorato che la regina sua consorte abbia degli schiavi su cui abbia diritto di vita e di morte, perché l’onore e il potere dell’uno è l’onore e il potere dell’altro; e si potrebbe credere che Nostro Signore che, come il migliore di tutti i figli, ha fatto partecipe di tutto il suo potere la sua santa Madre, trovi cosa non buona che ella abbia degli schiavi? Ha egli meno rispetto e amore per sua Madre che Assuero per Ester e Salomone per Betsabea? Chi oserebbe dirlo e anche solo pensarlo?

77. Ma dove mi conduce la penna? Perché mi soffermo a provare una cosa così evidente? Se non ci si vuole dire schiavi della santa Vergine, che importa! Ci si faccia e ci si dica schiavi di Gesù Cristo! È esserlo della santa Vergine, poiché Gesù Cristo è il frutto e la gloria di Maria. Questo si compie in modo perfetto con la devozione di cui parleremo in seguito.

Terza verità

78. Terza verità. Le nostre migliori azioni sono ordinariamente contaminate e corrotte dal cattivo fondo che vi è in noi. Quando si mette dell’acqua pulita e limpida in un recipiente che sa di cattivo, o del vino in una botte il cui interno è guastato da un altro vino che c’è stato dentro, l’acqua limpida e il buon vino si guastano e prendono facilmente il cattivo odore. Parimenti, quando Dio mette nella nostra anima, guastata dal peccato originale e attuale, le sue grazie e rugiade celesti o il vino delizioso del suo amore, i suoi doni sono ordinariamente guastati e contaminati dal cattivo lievito e il cattivo fondo che il peccato ha lasciato in noi; le nostre azioni, anche delle virtù più sublimi, ne risentono. È pertanto di massima importanza, per acquistare la perfezione, che si acquista solo con l’unione a Gesù Cristo, vuotarci di ciò che c’è di cattivo in noi: altrimenti Nostro Signore, che è infinitamente puro e che odia infinitamente la minima macchia nell’anima, ci rigetterà dal suo cospetto e non si unirà a noi.

79. Per vuotarci di noi stessi bisogna, in primo luogo, conoscere bene, con la luce dello Spirito Santo, il nostro cattivo fondo, la nostra incapacità a ogni bene utile alla salvezza, la nostra debolezza in ogni cosa, la nostra incostanza in ogni tempo, la nostra indegnità di ogni grazia, e la nostra iniquità in ogni luogo. Il peccato dei nostri progenitori ci ha tutti quasi completamente guastati, inaciditi, gonfiati e corrotti, come il lievito inacidisce, gonfia e corrompe la pasta in cui è messo. I peccati attuali che abbiamo commesso, sia mortali, sia veniali, ancorché perdonati, hanno aumentato la nostra concupiscenza, la nostra debolezza, la nostra incostanza e la nostra corruzione, e hanno lasciato cattivi residui nella nostra anima.

I nostri corpi sono così corrotti, che sono chiamati dallo Spirito Santo corpi del peccato, concepiti nel peccato, nutriti nel peccato e capaci di tutto, corpi soggetti a mille e mille malattie, che si corrompono di giorno in giorno e generano solo putredine e corruzione.

La nostra anima, unita al nostro corpo, è diventata così carnale, che è chiamata carne: «Ogni carne aveva corrotto la sua condotta» (Gn 6,12). Abbiamo per eredità solo la superbia e l’accecamento della mente, l’indurimento del cuore, la debolezza e l’incostanza dell’anima, la concupiscenza, le passioni ribelli e le malattie del corpo. Siamo per natura più superbi dei pavoni, più attaccati alla terra dei rospi, più brutti dei capri, più invidiosi dei serpenti, più golosi dei porci, più collerici delle tigri e più pigri delle tartarughe, più deboli delle canne e più incostanti delle banderuole. Non abbiamo nel nostro fondo che il nulla e il peccato, e meritiamo solo l’ira di Dio e l’inferno eterno.

80. Dopo ciò, bisogna meravigliarsi se Nostro Signore disse che colui che voleva seguirlo doveva rinunciare a se stesso e odiare la propria anima; che colui che avrebbe amato la propria vita l’avrebbe persa e colui che l’avrebbe odiata l’avrebbe salvata? Questa Sapienza infinita, che non dà comandamenti senza ragione, ci ordina di odiare noi stessi soltanto perché siamo grandemente degni di odio: niente di più degno d’amore che Dio, niente di più degno di odio che noi stessi.

81. In secondo luogo, per vuotarci di noi stessi bisogna morire ogni giorno a noi stessi: cioè bisogna rinunciare alle operazioni delle potenze della nostra anima e dei sensi del corpo, bisogna vedere come se non si vedesse, udire come se non si udisse, servirsi delle cose di questo mondo come se non ce ne si servisse, ciò che san Paolo chiama morire ogni giorno: «Cotidie morior!» (1 Cor 15,31). «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo» (Gv 12,24). Se non moriamo a noi stessi, e se le nostre devozioni, anche le più sante, non ci portano a questa morte necessaria e feconda, non porteremo nessun frutto di valore, e le nostre devozioni ci diverranno inutili, tutte le nostre opere di giustizia saranno contaminate dal nostro amor proprio e dalla nostra propria volontà, ciò che farà che Dio avrà in abominio i più grandi sacrifici e le migliori azioni che possiamo fare; e che alla nostra morte ci troveremo con le mani vuote di virtù e di meriti, e non avremo una scintilla di puro amore, che viene comunicato solo alle anime la cui vita è nascosta con Gesù Cristo in Dio.

82. In terzo luogo, bisogna scegliere tra tutte le devozioni alla santissima Vergine quella che ci porta maggiormente a morire a noi stessi, è questa la migliore e la più santificante; perché non bisogna credere che tutto ciò che luccica sia oro, che tutto ciò che è dolce sia miele, e tutto ciò che è facile da fare e praticato dal maggior numero sia ciò che è più santificante. Come vi sono segreti di natura per fare in poco tempo, con poca spesa e con facilità certe operazioni naturali, allo stesso modo vi sono segreti nell’ordine della grazia per fare in poco tempo, con dolcezza e facilità, operazioni soprannaturali: vuotarsi di se stessi, riempirsi di Dio e diventare perfetti.

La pratica che voglio far conoscere è uno di questi segreti di grazia, sconosciuto dalla maggior parte dei cristiani, conosciuto da pochi devoti, e praticato e gustato da un numero molto più piccolo. Per cominciare a scoprire questa pratica, ecco una quarta verità che è una conseguenza della terza.

Quarta verità

83. Quarta verità. È più perfetto, perché più umile, non accostarci a Dio da noi stessi, senza un mediatore. Essendo il nostro fondo corrotto, come ho dimostrato, se ci appoggiamo sulle nostre attività, iniziative, preparazioni, per arrivare a Dio e piacergli, è certo che tutte le nostre opere di giustizia saranno macchiate, o di scarso valore davanti a Dio, per indurlo a unirsi a noi e a esaudirci. Poiché non è senza ragione che Dio ci ha dato dei mediatori presso la sua Maestà: egli ha visto la nostra indegnità e incapacità, ha avuto misericordia di noi, e, per darci accesso alle sue misericordie, ci ha provvisto di potenti intercessori presso la sua grandezza; di modo che trascurare questi mediatori, e avvicinarsi direttamente alla sua santità senza alcuna raccomandazione, è mancare di umiltà, è mancare di rispetto verso un Dio così alto e così santo; è valutare meno questo Re dei re di un re o di un principe della terra, al quale non ci avvicineremmo senza qualche amico che parlasse per noi.

84. Nostro Signore è il nostro avvocato e il nostro mediatore di redenzione presso Dio Padre; è per mezzo di lui che dobbiamo pregare con tutta la Chiesa trionfante e militante; è per mezzo di lui che abbiamo accesso presso la sua Maestà, e non dobbiamo mai comparire davanti a lui se non appoggiati e rivestiti dei suoi meriti, come il piccolo Giacobbe delle pelli di capretto davanti a suo padre Isacco, per ricevere la sua benedizione.

85. Ma non abbiamo forse bisogno di un mediatore presso il Mediatore stesso? La nostra purezza è abbastanza grande per unirci direttamente a lui da soli? Non è egli Dio, in tutto uguale al Padre, e di conseguenza il Santo dei santi, degno di rispetto quanto il Padre? Se, per la sua carità infinita, si è fatto nostro garante e nostro mediatore presso Dio, suo Padre, per placarlo e pagare quello che gli dovevamo, bisogna per questo avere meno rispetto e timore per la sua maestà e la sua santità?

Diciamo dunque arditamente, con san Bernardo, che abbiamo bisogno di un mediatore presso il Mediatore stesso, e che la divina Maria è la più capace di compiere quest’ufficio caritatevole; è per mezzo di lei che Gesù Cristo è venuto a noi, ed è per mezzo di lei che noi dobbiamo andare a lui. Se temiamo di andare direttamente a Gesù Cristo Dio, o a causa della sua grandezza infinita, o a causa della nostra pochezza, o a causa dei nostri peccati, imploriamo arditamente l’aiuto e l’intercessione di Maria nostra Madre: ella è buona e tenera; non vi è in lei nulla di austero, nulla di troppo sublime e di troppo brillante; vedendola, vediamo la nostra pura natura. Ella non è il sole, che, con la vivezza dei suoi raggi, potrebbe abbagliarci a causa della nostra debolezza; ma ella è bella e dolce come la luna, che riceve la luce dal sole e la tempera per renderla conforme alla nostra piccola portata. Ella è così caritatevole che non respinge nessuno di quelli che chiedono la sua intercessione, per quanto peccatori siano; perché, come dicono i santi, non si è mai sentito dire, da quando il mondo è mondo, che qualcuno sia ricorso alla santa Vergine con fiducia e perseveranza, e ne sia stato respinto. Ella è così potente che mai ha ricevuto un rifiuto nelle sue domande; basta che si presenti davanti a suo Figlio per pregarlo: subito egli concede, subito accoglie; egli è sempre amorosamente vinto dalle preghiere della sua carissima Madre, che lo portò in grembo e lo allattò.

86. Tutto questo è tratto da san Bernardo e san Bonaventura; di modo che, secondo loro, noi dobbiamo salire tre gradini per andare a Dio: il primo, che è il più vicino a noi e il più conforme alla nostra capacità, è Maria; il secondo è Gesù Cristo; e il terzo è Dio Padre. Per andare a Gesù, bisogna andare a Maria, nostra mediatrice d’intercessione; per andare all’eterno Padre, bisogna andare a Gesù, nostro mediatore di redenzione. Con la devozione che esporrò in seguito, si rispetta quest’ordine alla perfezione.

Quinta verità

87. Quinta verità. È molto difficile, vista la nostra debolezza e fragilità, conservare in noi le grazie e i tesori che abbiamo ricevuto da Dio:

1) Perché «abbiamo questo tesoro», che vale più del cielo e della terra, «in vasi di creta» (2 Cor 4,7), in un corpo corruttibile, in un’anima debole e incostante, che un nonnulla turba e abbatte.

88. 2) Perché i demoni, che sono ladri astuti, cercano di prenderci alla sprovvista per derubarci e svaligiarci; spiano giorno e notte il momento favorevole per questo; si aggirano continuamente per divorarci, e toglierci in un momento, per un peccato, tutto ciò che abbiamo guadagnato di grazie e di meriti in parecchi anni. La loro malizia, la loro esperienza, le loro astuzie e il loro numero devono farci infinitamente temere questa disgrazia, visto che persone più piene di grazia, più ricche in virtù, più fondate in esperienza e più elevate in santità, sono state sorprese, derubate e depredate miseramente. Ah! quanti cedri del Libano e stelle del firmamento si sono visti cadere miseramente e perdere tutta la loro altezza e il loro splendore in poco tempo! Da dove viene questo strano cambiamento? Non è stata mancanza di grazia, che non manca a nessuno, ma mancanza di umiltà: si sono creduti capaci di custodire i loro tesori; si sono fidati e appoggiati su se stessi; hanno creduto la loro casa abbastanza sicura, e le loro casseforti abbastanza robuste per custodire il prezioso tesoro della grazia, ed è a causa di questo impercettibile appoggio su se stessi (sebbene sembrasse loro di appoggiarsi unicamente sulla grazia di Dio), che il Signore giustissimo ha permesso che fossero derubati, abbandonandoli a se stessi. Ahimè! se avessero conosciuto la devozione ammirabile che mostrerò in seguito, avrebbero affidato il loro tesoro a una Vergine potente e fedele, che glielo avrebbe custodito come un bene proprio, facendosene un dovere di giustizia.

89. 3) È difficile perseverare nella giustizia a causa dell’incredibile corruzione del mondo. Il mondo è ora così corrotto che necessariamente i cuori religiosi ne sono macchiati, se non dal suo fango, almeno dalla sua polvere; di modo che è una specie di miracolo che una persona rimanga ferma in mezzo a questo torrente impetuoso senza essere trascinata, in mezzo a questo mare tempestoso senza essere sommersa o depredata dai pirati e dai corsari, in mezzo a quest’aria infetta senza esserne danneggiata. È la Vergine unicamente fedele sulla quale il serpente non ha mai avuto potere, che compie questo miracolo nei confronti di quelli che la amano veramente.

Vangelo Lc 1, 26-38: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Maria Valtorta: L’Evangelo come mi è stato rivelato

   Cap. XVI. L’Annunciazione.

   8 marzo 1944

1Ciò che vedo. Maria, fanciulla giovanissima, quindici anni al massimo all’aspetto, è in una piccola stanza rettangolare. Una vera stanza di fanciulla. Contro una delle due pareti più lunghe è il giaciglio: un basso lettuccio senza sponde, coperto di alte stuoie o tappeti. Si direbbe che sono stesi o su una tavola o su un traliccio di canne, perché stanno molto rigidi e senza curve come avviene nei nostri letti. Contro l’altra parete, una scansia con una lucerna ad olio, dei rotoli di pergamena, un lavoro di cucito piegato con cura, pare un ricamo.
  Di fianco a questa, verso la porta che è aperta sull’orto, ma velata da una tenda che palpita ad un leggero vento, è seduta su uno sgabello basso la Vergine. Fila del lino candidissimo e morbido come una seta. Le sue piccole mani, solo di poco più scure del lino, prillano sveltamente il fuso. Il visetto giovanile, e tanto tanto bello, è lievemente curvo e lievemente sorridente, come se accarezzasse o seguisse qualche dolce pensiero.
  Vi è molto silenzio nella casetta e nell’orto. Vi è molta pace tanto sul viso di Maria quanto nell’ambiente che la circonda. Pace e ordine. Tutto è lindo e ordinato, e l’ambiente, umilissimo nel suo aspetto e nelle suppellettili, quasi nudo come una cella, ha un che di austero e regale per il grande nitore e la cura con cui sono disposte le stoffe sul lettuccio, i rotoli, il lume, la piccola brocca di rame presso al lume, con entro un fascio di rami fioriti, rami di pesco o di pero. Non so. Sono certo di alberi da frutto di un bianco lievemente rosato.

  2Maria si mette a cantare sottovoce e poi alza lievemente la voce. Non va al gran canto. Ma è già una voce che vibra nella stanzetta e nella quale si sente una vibrazione d’anima. Non capisco le parole, dette certo in ebraico. Ma, dato che ripete ogni tanto: «Jehovà», intuisco che sia qualche canto sacro, forse un salmo. Forse Maria ricorda i canti del Tempio. E deve essere un dolce ricordo, perché posa sul grembo le mani sorreggenti il filo e il fuso e alza il capo appoggiandolo indietro alla parete, accesa da un bel rossore nel viso, con gli occhi persi dietro a chissà quale soave pensiero, fatti lucidi da un’onda di pianto che non trabocca ma che li fa più grandi. Eppure quegli occhi ridono, sorridono al pensiero che vedono e che l’astrae dal sensibile. Il viso di Maria, emergente dalla veste bianca e semplicissima, così rosato e cinto dalle trecce che porta avvolte come corona intorno al capo, pare un bel fiore.
  Il canto si muta in preghiera: «Signore Iddio Altissimo, non tardare oltre a mandare il tuo Servo per portare la pace sulla Terra. Suscita il tempo propizio e la vergine pura e feconda per l’avvento del tuo Cristo. Padre, Padre santo, concedi alla tua serva di offrire la sua vita a questo scopo. Concedimi di morire dopo aver visto la tua Luce e la tua Giustizia sulla Terra e di aver conosciuto che la Redenzione è compiuta. O Padre santo, manda alla Terra il Sospiro dei Profeti. Manda alla tua serva il Redentore. Che nell’ora in cui cessi il mio giorno, si apra per me la tua Dimora, perché le sue porte sono state già aperte dal tuo Cristo per tutti coloro che hanno sperato in Te. Vieni, vieni, o Spirito del Signore. Vieni ai tuoi fedeli che ti attendono. Vieni, Principe della Pace!…». Maria resta assorta così…

  3La tenda palpita più forte, come se qualcuno dietro ad essa ventilasse con qualcosa o la scuotesse per scostarla. E una luce bianca di perla fusa ad argento puro fa più chiare le pareti lievemente gialline, più vivi i colori delle stoffe, più spirituale il volto sollevato di Maria. Nella luce, e senza che la tenda sia scostata sul mistero che si compie — anzi non palpita più, pende ben rigida contro gli stipiti, come fosse parete che isola l’interno dall’esterno — si prosterna l’Arcangelo.
  Deve necessariamente assumere aspetto umano. Ma è un aspetto trasumanato. Di quale carne è composta questa figura bellissima e folgorante? Di quale sostanza l’ha materializzata Iddio per renderla sensibile ai sensi della Vergine? Solo Dio può possedere queste sostanze e usarle in tal maniera perfetta. È un volto, è un corpo, sono occhi, bocca, capelli e mani come le nostre. Ma non sono la nostra opaca materia. È una luce che ha preso colore di carne, di occhi, di chioma, di labbra, una luce che si muove e sorride e guarda e parla.

  4«Ave, Maria, piena di Grazia, ave!». La voce è un dolce arpeggio come di perle gettate su un metallo prezioso.
  Maria trasale e abbassa lo sguardo. E più trasale quando vede la fulgida creatura inginocchiata ad un metro circa di distanza da Lei e che, con le mani incrociate sul petto, la guarda con una venerazione infinita.
  Maria balza in piedi e si stringe alla parete. Diviene pallida e rossa alternativamente. Il suo viso esprime stupore e sgomento. Si stringe inconsciamente le mani sul seno nascondendole sotto le larghe maniche, si curva quasi per nascondere il più possibile il suo corpo. Un atto di pudore soave.
  «No. Non temere. Il Signore è teco! Tu sei benedetta fra tutte le donne».
  Ma Maria continua a temere. Da dove è venuto quell’essere straordinario? È un messo di Dio o dell’Ingannatore?
  «Non temere, Maria!», ripete l’Arcangelo. «Io sono Gabriele, l’Angelo di Dio. Il mio Signore mi ha mandato a te. Non temere, perché tu hai trovato grazia presso Dio. Ed ora tu concepirai nel seno e partorirai un Figlio e gli porrai nome “Gesù”. Questi sarà grande, sarà chiamato Figlio dell’Altissimo (e tale sarà in vero) e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe, e il suo Regno non avrà mai fine. Comprendi, o santa Vergine amata dal Signore, Figlia benedetta di Lui, chiamata ad esser Madre del suo Figlio, quale Figlio tu genererai».
  «Come può avvenire questo se io non conosco uomo? Forse che il Signore Iddio più non accoglie l’offerta della sua serva e non mi vuole vergine per amor di Lui?».
  «Non per opera di uomo sarai Madre, o Maria. Tu sei l’eterna Vergine, la Santa di Dio. Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell’Altissimo ti adombrerà. Perciò Santo si chiamerà Colui che nascerà da te, e Figlio di Dio. Tutto può il Signore Iddio nostro. Elisabetta, la sterile, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio che sarà il Profeta del tuo Figlio, colui che ne prepara le vie. Il Signore ha levato a questa il suo obbrobrio, e la sua memoria resterà nelle genti congiunta al nome tuo, come il nome della sua creatura a quello del tuo Santo, e fino alla fine dei secoli le genti vi chiameranno beate per la Grazia del Signore venuta a voi ed a te specialmente; venuta alle genti per mezzo tuo. Elisabetta è nel suo sesto mese ed il suo peso la solleva al gaudio, e più la solleverà quando conoscerà la tua gioia. Nulla è impossibile a Dio, Maria, piena di Grazia. Che devo dire al mio Signore? Non ti turbi pensiero di sorta. Egli tutelerà gli interessi tuoi se a Lui ti affidi. Il mondo, il Cielo, l’Eterno attendono la tua parola!».
  Maria, incrociando a sua volta le mani sul petto e curvandosi in un profondo inchino, dice: «Ecco l’ancella di Dio. Si faccia di me secondo la sua parola».
  L’Angelo sfavilla nella gioia. Adora, poiché certo egli vede lo Spirito di Dio abbassarsi sulla Vergine curva nell’adesione, e poi scompare senza smuover tenda, ma lasciandola ben tirata sul Mistero santo.

   Cap. XVII. La disubbidienza di Eva e l’ubbidienza di Maria

   5 marzo 1944

  1Dice Gesù:

  «[…].
  Non si legge nella Genesi(Gn 1-3) che Dio fece l’uomo dominatore su tutto quanto era sulla Terra, ossia su tutto meno che su Dio e i suoi angelici ministri? Non si legge che fece la donna perché fosse compagna all’uomo nella gioia e nella dominazione su tutti i viventi? Non si legge che di tutto potevano mangiare fuorché dell’albero della scienza del Bene e del Male? Perché? Quale sottosenso è nella parola “perché domini”? Quale in quello dell’albero della scienza del Bene e del Male? Ve lo siete mai chiesto, voi che vi chiedete tante cose inutili e non sapete chiedere mai alla vostra anima le celesti verità?
  La vostra anima, se fosse viva, ve le direbbe, essa che quando è in grazia è tenuta come un fiore fra le mani dell’angelo vostro, essa che quando è in grazia è come un fiore baciato dal sole e irrorato dalla rugiada per lo Spirito Santo che la scalda e illumina, che la irriga e la decora di celesti luci. Quante verità vi direbbe la vostra anima se sapeste conversare con essa, se l’amaste come quella che mette in voi la somiglianza con Dio, che è Spirito come spirito è la vostra anima. Quale grande amica avreste se amaste la vostra anima in luogo di odiarla sino ad ucciderla; quale grande, sublime amica con la quale parlare di cose di Cielo, voi che siete così avidi di parlare e vi rovinate l’un l’altro con amicizie che, se non sono indegne (qualche volta lo sono) sono però quasi sempre inutili e vi si mutano in frastuono vano o nocivo di parole, e parole tutte di Terra.
  Non ho Io detto(Gv 14,23): “Chi mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio l’amerà, e verremo presso di lui e faremo in lui dimora”? L’anima in grazia possiede l’amore e, possedendo l’amo­­re, possiede Dio, ossia il Padre che la conserva, il Figlio che l’ammaestra, lo Spirito che la illumina. Possiede quindi la Conoscenza, la Scienza, la Sapienza. Possiede la Luce. Pensate perciò quali conversazioni sublimi potrebbe intrecciare con voi la vostra anima. Sono quelle che hanno empito i silenzi delle carceri, i silenzi delle celle, i silenzi degli eremitaggi, i silenzi delle camere degli infermi santi. Sono quelle che hanno confortato i carcerati in attesa di martirio, i claustrati alla ricerca della Verità, i romiti anelanti alla conoscenza anticipata di Dio, gli infermi alla sopportazione, ma che dico?, all’amore della loro croce.

  2Se sapeste interrogare la vostra anima, essa vi direbbe che il significato vero, esatto, vasto quanto il creato, di quella parola “domini” è questo: “Perché l’uomo domini su tutto. Su tutti i suoi tre strati(1 Ts 5,23). Lo strato inferiore, animale. Lo strato di mezzo, morale. Lo strato superiore,spirituale. E tutti e tre li volga ad un unico fine: possedere Dio”. Possederlo meritandolo con questo ferreo dominio, che tiene soggette tutte le forze dell’io e le fa ancelle di questo unico scopo: meritare di possedere Dio. Vi direbbe che Dio aveva proibito la conoscenza del Bene e del Male, perché il Bene lo aveva elargito alle sue creature gratuitamente, e il Male non voleva che lo conosceste, perché è frutto dolce al palato ma che, sceso col suo succo nel sangue, ne desta una febbre che uccide e produce arsione, per cui più si beve di quel suo succo mendace e più se ne ha sete.

  3Voi obbietterete: “E perché ce l’ha messo?”. E perché! Perché il Male è una forza che è nata da sola, come certi mali mostruosi nel corpo più sano.
  Lucifero era angelo, il più bello degli angeli. Spirito perfetto, inferiore a Dio soltanto. Eppure nel suo essere luminoso nacque un vapore di superbia che esso non disperse. Ma anzi condensò covandolo. E da questa incubazione è nato il Male. Esso era prima che l’uomo fosse. Dio l’aveva precipitato fuor dal Paradiso, l’Incubatore maledetto del Male, questo insozzatore del Paradiso. Ma esso è rimasto l’eterno Incubatore del Male e, non potendo più insozzare il Paradiso, ha insozzato la Terra.

  4Quella metaforica pianta sta a dimostrare questa verità. Dio aveva detto all’uomo e alla donna: “Conoscete tutte le leggi ed i misteri del creato. Ma non vogliate usurparmi il diritto di essere il Creatore dell’uomo. A propagare la stirpe umana basterà il mio amore che circolerà in voi, e senza libidine di senso ma per solo palpito di carità susciterà i nuovi Adami della stirpe. Tutto vi dono. Solo mi serbo questo mistero della formazione dell’uomo”.

  5Satana ha voluto levare questa verginità intellettuale al­l’uomo, e con la sua lingua serpentina ha blandito e accarezzato membra e occhi di Eva, suscitandone riflessi e acutezze che prima non avevano, perché la Malizia non li aveva intossicati.
  Essa “vide”. E vedendo volle provare. La carne era destata. Oh! se avesse chiamato Dio! Se fosse corsa a dirgli: “Padre! Io son malata. Il Serpente mi ha accarezzata e il turbamento è in me”. Il Padre l’avrebbe purificata e guarita col suo alito, che, come le aveva infuso la vita, poteva infonderle nuovamente innocenza, smemorandola del tossico serpentino ed anzi mettendo in lei la ripugnanza per il Serpente, come è in quelli che un male ha assalito e che, guariti di quel male, ne portano una istintiva ripugnanza. Ma Eva non va al Padre. Eva torna dal Serpente. Quella sensazione è dolce per lei. “Vedendo che il frutto dell’albero era buono a mangiarsi e bello all’occhio e gradevole all’aspetto, lo colse e ne mangiò”.
  E “comprese”. Ormai la malizia era scesa a morderle le viscere. Vide con occhi nuovi e udì con orecchi nuovi gli usi e le voci dei bruti. E li bramò con folle bramosia.

 6 Iniziò sola il peccato. Lo portò a termine col compagno. Ecco perché sulla donna pesa condanna maggiore. È per lei che l’uomo è divenuto ribelle a Dio e che ha conosciuto lussuria e morte. È per lei che non ha più saputo dominare i suoi tre regni: dello spirito, perché ha permesso che lo spirito disubbidisse a Dio; del morale, perché ha permesso che le passioni lo signoreggiassero; della carne, perché l’avvilì alle leggi istintive dei bruti. “Il Serpente mi ha sedotta” dice Eva. “La donna m’ha offerto il frutto ed io ne ho mangiato” dice Adamo. E la cupidigia triplice abbranca da allora i tre regni dell’uomo.

  7Non c’è che la Grazia che riesca ad allentare la stretta di questo mostro spietato. E, se è viva, vivissima, mantenuta sempre più viva dalla volontà del figlio fedele, giunge a strozzare il mostro ed a non aver più a temere di nulla. Non dei tiranni interni, ossia della carne e delle passioni; non dei tiranni esterni, ossia del mondo e dei potenti del mondo. Non delle persecuzioni. Non della morte. È come dice l’apostolo Paolo(At 20,24): “Nessuna di queste cose io temo, né tengo alla mia vita più di me, purché io compia la mia missione ed il ministero ricevuto dal Signore Gesù per rendere testimonianza al Vangelo della Grazia di Dio”».

   8 marzo 1944

  8Dice Maria:

  «Nella gioia, poiché quando ho compreso la missione a cui Dio mi chiamava fui ripiena di gioia, il mio cuore si aprì come un giglio serrato e se ne effuse quel sangue che fu zolla al Germe del Signore. 

  9Gioia di esser madre.
  M’ero consacrata a Dio dalla prima età, perché la luce dell’Altissimo m’aveva illuminato la causa del male del mondo ed avevo voluto, per quanto era in mio potere, cancellare da me la traccia di Satana.
  Io non sapevo di esser senza macchia. Non potevo pensare d’esserlo. Il solo pensarlo sarebbe stata presunzione e superbia, perché, nata da umani genitori, non m’era lecito pensare che proprio io ero l’Eletta ad esser la Senza Macchia.
  Lo Spirito di Dio mi aveva istruita sul dolore del Padre davanti alla corruzione di Eva, che aveva voluto avvilire sé, creatura di grazia, ad un livello di creatura inferiore. Era in me l’intenzione di addolcire quel dolore riportando la mia carne alla purezza angelica col serbarmi inviolata da pensieri, desideri e contatti umani. Solo per Lui il mio palpito d’amore, solo a Lui il mio essere. Ma, se non era in me arsione di carne, era però ancora il sacrificio di non esser madre.
  La maternità, priva di quanto ora la avvilisce, era stata concessa dal Padre creatore anche ad Eva. Dolce e pura maternità senza pesantezza di senso! Io l’ho provata! Di quanto s’è spogliata Eva rinunciando a questa ricchezza! Più che dell’immortalità. E non vi paia esagerazione. Il mio Gesù, e con Lui io, sua Madre, abbiamo conosciuto il languore della morte. Io il dolce languore di chi stanco si addormenta, Egli l’atroce languore di chi muore per la sua condanna. Dunque anche a noi è venuta la morte. Ma la maternità, senza violazioni di sorta, è venuta a me sola, Eva nuova, perché io potessi dire al mondo di qual dolcezza fosse la sorte della donna chiamata ad esser madre senza dolore di carne. E il desiderio di questa pura maternità poteva essere ed era anche nella vergine tutta di Dio, poiché essa è la gloria della donna. Se voi pensate, poi, in quale onore era tenuta la donna madre presso gli israeliti, ancor più potete pensare quale sacrificio avevo compiuto consacrandomi a questa privazione.
  Ora alla sua serva l’eterno Buono dava questo dono senza levarmi il candore di cui m’ero vestita per esser fiore sul suo trono. Ed io ne giubilavo con la duplice gioia d’esser madre di un uomo e d’esser Madre di Dio.

 10Gioia d’esser Quella per cui la pace si rinsaldava fra Cielo e Terra.
   
Oh! aver desiderato questa pace per amore di Dio e di prossimo, e sapere che per mezzo di me, povera ancella del Potente, essa veniva al mondo! Dire: “Oh! uomini, non piangete più. Io porto in me il segreto che vi farà felici. Non ve lo posso dire, perché è sigillato in me, nel mio cuore, come è chiuso il Figlio nel seno inviolato. Ma già ve lo porto fra voi, ma ogni ora che passa è più prossimo il momento in cui lo vedrete e ne conoscerete il Nome santo”.

 11 Gioia d’aver fatto felice Iddio: gioia di credente per il suo Dio fatto felice.
   Oh! l’aver levato dal cuore di Dio l’amarezza della disubbidienza d’Eva! Della superbia d’Eva! Della sua incredulità!
   Il mio Gesù ha spiegato di qual colpa si macchiò la Coppia prima. Io ho annullato quella colpa rifacendo a ritroso, per ascendere, le tappe della sua discesa.

 12Il principio della colpa fu nella disubbidienza. “Non mangiate e non toccate di quell’albero”, aveva detto Iddio. E l’uomo e la donna, i re del creato, che potevano di tutto toccare e mangiare fuor che di quello, perché Dio voleva non renderli che inferiori agli angeli, non tennero conto di quel divieto.
   La pianta: il mezzo per provare l’ubbidienza dei figli.
   Che è l’ubbidienza al comando di Dio? È bene, perché Dio non comanda che il bene. Che è la disubbidienza? È male, perché mette l’animo nelle disposizioni di ribellione su cui Satana può operare.
   Eva va alla pianta da cui sarebbe venuto il suo bene con lo sfuggirla o il suo male coll’avvicinarla. Vi va trascinata dalla curiosità bambina di vedere che avesse in sé di speciale, dall’imprudenza che le fa parere inutile il comando di Dio, dato che lei è forte e pura, regina dell’Eden, in cui tutto le ubbidisce e in cui nulla potrà farle del male. La sua presunzione la rovina. La presunzione è già lievito di superbia.
   Alla pianta trova il Seduttore il quale, alla sua inesperienza, alla sua vergine tanto bella inesperienza, alla sua maltutelata da lei inesperienza, canta la canzone della menzogna. “Tu credi che qui sia del male? No. Dio te l’ha detto, perché vi vuol tenere schiavi del suo potere. Credete d’esser re? Non siete neppur liberi come lo è la fiera. Ad essa è concesso di amarsi di amor vero. Non a voi. Ad essa è concesso d’esser creatrice come Dio. Essa genererà figli e vedrà crescere a suo piacere la famiglia. Non voi. A voi negata è questa gioia. A che pro dunque farvi uomo e donna se dovete vivere in tal maniera? Siate dèi. Non sapete quale gioia è l’esser due in una carne sola, che ne crea una terza e molte più terze? Non credete alle promesse di Dio di avere gioia di posterità vedendo i figli crearsi nuove famiglie, lasciando per esse e padre e madre. Vi ha dato una larva di vita: la vita vera è di conoscere le leggi della vita. Allora sarete simili a dèi e potrete dire a Dio: ‘Siamo tuoi uguali’”.
   E la seduzione è continuata, perché non vi fu volontà di spezzarla, ma anzi volontà di continuarla e di conoscere ciò che non era dell’uomo. Ecco che l’albero proibito diviene, alla razza, realmente mortale, perché dalle sue rame pende il frutto dell’amaro sapere che viene da Satana. E la donna diviene femmina e, col lievito della conoscenza satanica in cuore, va a corrompere Adamo. Avvilita così la carne, corrotto il morale, degradato lo spirito, conobbero il dolore e la morte dello spirito privato della Grazia, e della carne privata dell’immortalità. E la ferita di Eva generò la sofferenza, che non si placherà finché non sarà estinta l’ultima coppia sulla Terra.

 13Io ho percorso a ritroso la via dei due peccatori. Ho ubbidito. In tutti i modi ho ubbidito. Dio m’aveva chiesto d’esser vergine. Ho ubbidito.Amata la verginità, che mi faceva pura come la prima delle donne prima di conoscere Satana, Dio mi chiese d’esser sposa. Ho ubbidito, riportando il matrimonio a quel grado di purezza che era nel pensiero di Dio quando aveva creato i due Primi. Convinta d’esser destinata alla solitudine nel matrimonio e allo sprezzo del prossimo per la mia sterilità santa, ora Dio mi chiedeva d’esser Madre. Ho ubbidito. Ho creduto che ciò fosse possibile e che quella parola venisse da Dio, perché la pace si diffondeva in me nell’udirla. Non ho pensato: “Me lo sono meritato”. Non mi son detta: “Ora il mondo mi ammirerà, perché sono simile a Dio creando la carne di Dio”. No. Mi sono annichilita nella umiltà.
   La gioia m’è sgorgata dal cuore come uno stelo di rosa fiorita. Ma si ornò subito di acute spine e fu stretta nel viluppo del dolore, come quei rami che sono avvolti dai vilucchi dei convolvoli. Il dolore del dolore dello sposo: ecco la strettoia nel mio gioire. Il dolore del dolore del mio Figlio: ecco le spine del mio gioire.
   Eva volle il godimento, il trionfo, la libertà. Io accettai il dolore, l’annichilimento, la schiavitù. Rinunciai alla mia vita tranquilla, alla stima dello sposo, alla libertà mia propria. Non mi serbai nulla. Divenni l’Ancella di Dio nella carne, nel morale, nello spirito, affidandomi a Lui non solo per il verginale concepimento, ma per la difesa del mio onore, per la consolazione dello sposo, per il mezzo con cui portare egli pure alla sublimazione del coniugio, di modo da fare di noi coloro che rendono all’uomo e alla donna la dignità perduta.

 14Abbracciai la volontà del Signore per me, per lo sposo, per la mia Creatura. Dissi: “Sì” per tutti e tre, certa che Dio non avrebbe mentito alla sua promessa di soccorrermi nel mio dolore di sposa che si vede giudicata colpevole, di madre che si vede generare per dare il Figlio al dolore.
  “Sì”, ho detto. Sì. E basta. Quel “sì” ha annullato il “no” di Eva al comando di Dio. “Sì, Signore, come Tu vuoi. Conoscerò quel che Tu vuoi. Vivrò come Tu vuoi. Gioirò se Tu vuoi. Soffrirò per quel che Tu vuoi. Sì, sempre sì, mio Signore, dal momento in cui il tuo raggio mi fe’ Madre al momento in cui mi chiamasti a Te. Sì, sempre sì. Tutte le voci della carne, tutte le passioni del morale sotto il peso di questo mio perpetuo sì. E sopra, come su un piedestallo di diamante, il mio spirito a cui mancan l’ali per volare a Te, ma che è signore di tutto l’io domato e servo tuo. Servo nella gioia, servo nel dolore. Ma sorridi, o Dio. E sii felice. La colpa è vinta. È levata, è distrutta. Essa giace sotto al mio tallone, essa è lavata nel mio pianto, distrutta dalla mia ubbidienza. Dal mio seno nascerà l’Albero nuovo che porterà il Frutto che conoscerà tutto il Male, per averlo patito in Sé, e darà tutto il Bene. A questo potranno venire gli uomini, ed io sarò felice se ne coglieranno anche senza pensare che esso nasce da me. Purché l’uomo si salvi e Dio sia amato, si faccia della sua ancella quel che si fa della zolla su cui un albero sorge: gradino per salire”.

 15Maria, bisogna sempre saper essere gradino perché gli altri salgano a Dio. Se ci calpestano, non fa niente. Purché riescano ad andare alla Croce. È il nuovo albero che ha il frutto della conoscenza del Bene e del Male, perché dice all’uomo ciò che è male e ciò che è bene, perché sappia scegliere e vivere, e sa nel contempo fare di sé liquore per guarire gli intossicati dal male voluto gustare. Il nostro cuore sotto ai piedi degli uomini, purché il numero dei redenti cresca e il Sangue del mio Gesù non sia effuso senza frutto. Ecco la sorte delle ancelle di Dio. Ma poi meritiamo di ricevere nel grembo l’Ostia santa e ai piedi della Croce, intrisa del suo Sangue e del nostro pianto, dire: “Ecco, o Padre, l’Ostia immacolata che ti offriamo per la salute del mondo. Guardaci, o Padre, fuse con Essa, e per i suoi meriti infiniti dàcci la tua benedizione”.
  Ed io ti do la mia carezza. Riposa, figlia. Il Signore è con te».

 16Dice Gesù:
    «La parola della Madre mia dovrebbe sperdere ogni titubanza di pensiero anche nei più inceppati nelle formule.
 […].
 
   Ho detto: “metaforica pianta”. Dirò ora: “simbolica pianta”. Forse capirete meglio. Il suo simbolo è chiaro: dal come i due figli di Dio avrebbero agito rispetto ad essa, si sarebbe compreso come era in loro tendenza al Bene o al Male. Come acqua regia che prova l’oro e bilancia d’orafo che ne pesa i carati, quella pianta, divenuta una “missione” per il comando di Dio rispetto ad essa, ha dato la misura della purezza del metallo d’Adamo e di Eva.

 17Sento già la vostra obbiezione: “Non è stata soverchia la condanna e puerile il mezzo usato per giungere a condannarli?”.
   Non è stato. Una disubbidienza attualmente in voi, che siete gli eredi loro, è meno grave che non fosse in essi. Voi siete redenti da Me. Ma il veleno di Satana rimane sempre pronto a risorgere, come certi morbi che non si annullano mai totalmente nel sangue. Essi, i due Progenitori, erano possessori della Grazia senza aver mai avuto sfioramento con la Disgrazia. Perciò più forti, più sorretti dalla Grazia, che generava innocenza e amore. Infinito era il dono che Dio aveva loro dato. Ben più grave perciò la loro caduta nonostante quel dono.

 18Simbolico anche il frutto offerto e mangiato. Era il frutto di una esperienza voluta compiere per istigazione satanica contro il comando di Dio.Io non avevo interdetto agli uomini l’amore. Volevo unicamente che si amassero senza malizia; come Io li amavo con la mia santità, essi dovevano amarsi in santità d’affetti, che nessuna libidine insozza.

 19Non si deve dimenticare che la Grazia è lume, e chi la possiede conosce ciò che è utile e buono conoscere. La Piena di Grazia conobbe tutto, perché la Sapienza la istruiva, la Sapienza che è Grazia, e si seppe guidare santamente. Eva conosceva perciò ciò che le era buono conoscere. Non oltre, perché è inutile conoscere ciò che non è buono. Non ebbe fede nelle parole di Dio e non fu fedele nella sua promessa di ubbidienza. Credette a Satana, infranse la promessa, volle sapere il non buono, lo amò senza rimorso, rese l’amore, che Io avevo dato così santo, una corrotta cosa, una avvilita cosa. Angelo decaduto, si rotolò nel fango e sullo strame, mentre poteva correre felice fra i fiori del Paradiso terrestre e vedersi fiorire intorno la prole, così come una pianta si copre di fiori senza curvare la chioma nel pantano.

 20Non siate come i fanciulli stolti che Io indico(Mt 11,16-17; Luca 7,31-32) nel Vangelo, i quali hanno udito cantare e si sono turati gli orecchi, hanno udito suonare e non hanno ballato, hanno udito piangere e hanno voluto ridere. Non siate gretti e non siate negatori. Accettate, accettate senza malizia e cocciutaggine, senza ironia e incredulità, la Luce. E basta su ciò.

 21Per farvi capire di quanto dovete esser grati a Colui che è morto per rialzarvi al Cielo e per vincere la concupiscenza di Satana, ho voluto parlarvi, in questo tempo di preparazione alla Pasqua, di questo che è stato il primo anello della catena con cui il Verbo del Padre fu tratto alla morte, l’Agnello divino al macello. Ve ne ho voluto parlare perché ora il novanta per cento fra voi è simile ad Eva intossicata dal fiato e dalla parola di Lucifero, e non vivete per amarvi ma per saziarvi di senso, non vivete per il Cielo ma per il fango, non siete più creature dotate d’anima e ragione ma cani senz’anima e senza ragione. L’anima l’avete uccisa e la ragione depravata. In verità vi dico che i bruti vi superano nella onestà dei loro amori».

Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, noi ci affidiamo a Te!

Introduzione – Trattato della vera devozione a Maria

1. Per mezzo della santissima Vergine Maria Gesù Cristo è venuto al mondo, ugualmente per mezzo di lei egli deve regnare nel mondo.

2. Maria condusse una vita assai nascosta; per questo è chiamata dallo Spirito Santo e dalla Chiesa Alma Mater: Madre nascosta e segreta. La sua umiltà fu così profonda che ella non ebbe sulla terra attrattiva più potente e continua che quella di celarsi a se stessa e ad ogni creatura, per non essere conosciuta che da Dio solo.

3. Dio, per esaudirla nelle richieste ch’ella gli fece di tenerla nascosta, povera e umile, si compiacque di nasconderla nella sua concezione, nella sua nascita, nella sua vita, nei suoi misteri, nella sua risurrezione e assunzione, a quasi ogni creatura umana. I suoi genitori stessi non la conoscevano; e gli angeli si domandavano spesso l’un l’altro: «Chi è costei?» (Ct 8,5). Perché l’Altissimo la nascondeva loro; o se ne svelava loro qualcosa, ne nascondeva loro infinitamente di più.

4. Dio Padre acconsentì che ella non facesse miracoli nella sua vita, almeno di strepitosi, nonostante gliene avesse dato il potere. Dio Figlio acconsentì ch’ella non parlasse quasi mai, benché le avesse comunicato la sua sapienza. Dio Spirito Santo acconsentì che i suoi Apostoli ed Evangelisti ne parlassero pochissimo e soltanto quanto era necessario per far conoscere Gesù Cristo, sebbene fosse la sua Sposa fedele.

5. Maria è l’eccellente capolavoro dell’Altissimo, di cui egli si riservò la conoscenza e il possesso. Maria è la Madre ammirabile del Figlio, che si compiacque di umiliarla e nasconderla nella sua vita, per assecondare la sua umiltà, trattandola col nome di donna, mulier, come un’estranea, benché nel suo cuore la stimasse e l’amasse più di tutti gli angeli e gli uomini. Maria è la fonte sigillata e la Sposa fedele dello Spirito Santo, ove egli solo può entrare. Maria è il santuario e il riposo della Santissima Trinità, dove Dio si trova in modo più sublime e divino che in qualsiasi altro luogo dell’universo, senza escludere la sua dimora sopra i cherubini e i serafini; e non è permesso a nessuna creatura, per quanto sia pura, entrarvi senza un grande privilegio.

6. Io dico con i santi: la divina Maria è il paradiso terrestre del nuovo Adamo, ove s’incarnò per opera dello Spirito Santo, per operarvi meraviglie incomprensibili. È il grande e divino mondo di Dio, ove sono bellezze e tesori ineffabili. È la magnificenza dell’Altissimo, ove egli nascose, come nel suo seno, il suo unico Figlio, e in lui tutto quanto vi è di più eccellente e di più prezioso. Oh! quante cose grandi e nascoste Dio onnipotente operò in questa creatura ammirabile, come ella stessa fu obbligata a dire, malgrado la sua profonda umiltà: «Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente» (Lc 1,49). Il mondo non le conosce, perché ne è incapace e indegno.

7. I santi hanno detto cose meravigliose di questa santa città di Dio; e non furono mai tanto eloquenti e contenti, come essi confessano, come quando parlarono di lei. Ciononostante, esclamano che l’altezza dei suoi meriti, che ella ha elevati fino al trono della Divinità, non si può scorgere; che la larghezza della sua carità, che ella ha più estesa della terra, non si può misurare; che la grandezza della sua potenza, che ella ha perfino su un Dio, non si può comprendere; e infine, che la profondità della sua umiltà e di tutte le sue virtù e grazie, che sono un abisso, non si può sondare. O altezza incomprensibile! O larghezza ineffabile! O grandezza smisurata! O abisso impenetrabile!

8. Tutti i giorni, da un capo all’altro della terra, nel più alto dei cieli, nel più profondo degli abissi, tutto predica, tutto pubblica l’ammirabile Maria. I nove cori degli angeli, gli uomini di ogni sesso, età, condizione, religione, buoni e cattivi, perfino i demoni, sono obbligati a chiamarla beata, volentieri o no, dall’evidenza della verità. Tutti gli angeli in cielo le cantano incessantemente, come dice san Bonaventura: «Santa, santa, santa Maria, Madre di Dio e Vergine»; e le offrono milioni e milioni di volte al giorno la Salutazione angelica: «Ave Maria, ecc.», prostrandosi davanti a lei e domandandole come grazia di onorarli di qualche suo comando. Perfino san Michele, dice sant’Agostino, quantunque il principe di tutta la corte celeste, è il più zelante nel renderle e farle rendere ogni sorta di onori, sempre in attesa di avere l’onore di andare, ad una sua parola, a rendere servizio a qualcuno dei suoi servi.

9. Tutta la terra è piena della sua gloria, particolarmente presso i cristiani dove ella è scelta quale patrona e protettrice in parecchi regni, province, diocesi e città. Parecchie cattedrali sono consacrate a Dio sotto il suo nome. Non vi è chiesa senza altare in suo onore; non contrada dove non si trovi qualche sua immagine miracolosa, dove ogni specie di male viene guarito e ogni sorta di bene ottenuto. Quante confraternite e congregazioni in suo onore! quanti ordini religiosi sotto il suo nome e la sua protezione! quanti confratelli e consorelle di tutte le confraternite e quanti religiosi e religiose di tutti gli ordini religiosi pubblicano le sue lodi e annunciano le sue misericordie! Non vi è bambino che, balbettando l’Ave Maria, non la lodi; non vi è peccatore che, nella sua stessa durezza, non abbia in lei qualche scintilla di fiducia; non vi è nemmeno demonio nell’inferno che, temendola, non la rispetti.

10. Dopo questo bisogna dire veramente con i santi:

«De Maria numquam satis».

Maria non è stata ancora abbastanza lodata, esaltata, onorata, amata e servita. Ella merita ancora più lodi, ossequi, amore e servizi.

11. Dopo questo bisogna dire con lo Spirito Santo: «Tutta la gloria della figlia del Re è nell’interno» (Sal 45,14), come se tutta la gloria esteriore che le rendono a gara il cielo e la terra fosse nulla, in paragone di quella che riceve interiormente dal Creatore, e che non è conosciuta dalle piccole creature, che non possono conoscere il segreto dei segreti del Re.

12. Dopo questo bisogna esclamare con l’Apostolo: «Occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo» (1 Cor 2,9) le bellezze, le grandezze, le perfezioni di Maria, il miracolo dei miracoli della grazia, della natura e della gloria. Se volete comprendere la Madre, dice un santo, comprendete il Figlio. Ella è una degna Madre di Dio: «Qui ogni lingua rimanga muta».

13. Il cuore mi ha dettato tutto ciò che ho scritto, con gioia particolare, per mostrare che la divina Maria non è stata finora conosciuta, e che è una delle ragioni per cui Gesù Cristo non è conosciuto come deve esserlo. Se dunque, come è certo, la conoscenza e il regno di Gesù Cristo devono venire nel mondo, ciò sarà necessaria conseguenza della conoscenza e del regno della santissima Vergine Maria, che l’ha messo al mondo la prima volta e lo farà risplendere la seconda.

Vuoi confezionare un bel vestito per Maria?

«Il beato Alano de la Roche e altri autori, fra i quali il Bellarmino, raccontano che un buon sacerdote consigliò a tre sue penitenti, che erano sorelle, di recitare tutti i giorni devotamente il Rosario per un anno intero, al fine di confezionare un bel vestito di gloria alla Vergine Maria. Si tratta — egli diceva — di un segreto ricevuto dal cielo. Tutte e tre lo dissero per un anno.

Il giorno della Purificazione, verso sera, quando esse erano già a letto, la Madonna, accompagnata da santa Caterina e da santa Agnese, entrò nella loro camera.

Indossava un abito splendente di luce, sul quale era scritto da ogni lato in lettere d’oro: “Ave Maria gratia plena”. La Regina del cielo si avvicinò al letto della sorella maggiore e le disse: “Ti saluto, figlia mia, che mi hai salutato così spesso e così bene. Vengo a ringraziarti del magnifico abito che mi hai confezionato”. Anche le due sante vergini accompagnatrici la ringraziarono, poi tutte e tre scomparvero.

Un’ora dopo la Santa Vergine, con le sue due compagne, venne ancora nella camera, vestita di un abito verde, ma senza oro e senza luce, si avvicinò al letto della seconda sorella e la ringraziò per l’abito che le aveva fatto dicendo il Rosario. Ma siccome questa seconda sorella aveva visto la Madonna apparire a sua sorella maggiore con molto più splendore, ella ne chiese il motivo. “Perché — le rispose Maria — lei mi ha fatto un abito più bello, recitando il Rosario meglio di te”.

Circa un’ora dopo, la Madonna apparve una terza volta alla più giovane delle sorelle, vestita di uno straccio sporco e strappato e le disse: “O figlia, tu mi hai vestita così, ti ringrazio”. La giovinetta, piena di confusione, esclamò: “Possibile, Signora mia? Io vi ho vestita così male, ve ne domando perdono. Concedetemi del tempo per fare un abito più bello, recitando meglio il Rosario”.

Cessata la visione, la sorella più giovane molto afflitta raccontò al confessore tutto ciò che era accaduto. Il sacerdote esortò lei e le altre sorelle a recitare il Rosario per un altro anno con più perfezione che mai, così fecero. Alla fine dell’anno, sempre nel giorno della Purificazione, la Madonna, accompagnata ancora da santa Caterina e da santa Agnese che portavano delle corone, vestita con un abito meraviglioso, apparve loro e disse: “Siate certe, figlie mie, del paradiso, vi entrerete domani con grande gioia”. A ciò tutte e tre risposero: “Il nostro cuore è pronto, nostra cara Signora, il nostro cuore è pronto”. La visione disparve.

Quella stessa notte si sentirono male, mandarono a chiamare il loro confessore, ricevettero gli ultimi sacramenti e lo ringraziarono di aver insegnato loro quella santa pratica. Dopo compieta la Madonna apparve loro ancora, accompagnata da un gran numero di vergini, fece rivestire le tre sorelle con abiti bianchi, dopo di che esse si avviarono verso la celeste patria mentre gli angeli cantavano: “Venite, spose di Cristo, ricevete le corone che vi sono preparate nell’eternità”» (J. A. Coppestein, Beati F. Alani redivivi tractatus mirabilis, c. 70).