Santa Teresa di Calcutta prega per noi – 5 settembre

Nome: Santa Teresa di Calcutta
Titolo: Fondatrice
Nascita: 26 agosto 1910, Skopje, Macedonia del Nord
Morte: 5 settembre 1997, Calcutta, India
Ricorrenza: 5 settembre
Tipologia: Commemorazione
Patrona di: Colli al Metauro

Madre Teresa resterà come l’incarnazione più convincente, nella nostra epoca, del genio della carità evangelica; tutti l’hanno capita, i cristiani delle varie confessioni, i laici di ogni paese, gli indù come i musulmani. Quando, a metà degli anni Settanta, apriva a San Gregorio al Celio la prima casa romana delle sue suore, scelse per loro il pollaio dei monaci camaldolesi, una costruzione bassa, in mattoni bucati e lamiere, con il pavimento in cemento. «Le mie sorelle sono povere e abituate a tutto, vengono dall’India. Il pollaio sarà più che sufficiente», tagliava corto con chi trovava la cosa un po’ scomoda. Povere. Come era povera lei, che aveva scelto di condividere in tutto e per tutto la condizione dei più poveri, dei diseredati, di chi dalla vita non aveva avuto altro che miseria, smacchi e sofferenza. 

Pier Paolo Pasolini, dopo averla incontrata a Calcutta nel 1961, scrisse: «Dove guarda, vede». All’origine della sua genialità nell’amore c’era il vedere, prima di altri, il fratello che era nel bisogno e di soccorrerlo subito, senza giudicare, senza lasciarsi bloccare dalle frontiere. O anche dalla mancanza di mezzi. 

È stata a volte criticata perché nei suoi ospizi non c’erano abbastanza medici e medicine. Ma nelle situazioni disperate nelle quali si è avventurata, non avrebbe concluso granché se avesse dovuto aspettare di avere l’attrezzatura giusta per soccorrere qualcuno. 

Madre Teresa, al secolo Agnes Gonxha Bojaxhiu, era nata il 26 agosto 1910 a Skopje, in Albania. Quando il papà, Nikola, morì improvvisamente, la famiglia visse momenti digrandi difficoltà economiche. Fu brava la mamma, Drane, ad allevare Agnes e i suoi quattro fratelli con fermezza e amore, orientando la loro formazione religiosa. Agnes trovò sostegno anche nella vivacità della parrocchia del Sacro Cuore, gestita dai gesuiti, nella quale era attivamente impegnata. 

A diciott’anni, desiderosa di fare la missionaria, lasciava la casa e il paese, diretta in Irlanda, dove veniva accolta, con il nome di suor Mary Teresa, nell’istituto delle «Suore di Loreto». Qualche mese dopo venne mandata in India, a Calcutta, dove completò la sua formazione alla vita religiosa, facendo prima i voti temporanei, seguiti da quelli perpetui, e inserendosi nelle attività dell’istituto fino a diventare, nel 1944, direttrice di una scuola per ragazze, il St. Mary. 

I primi vent’anni della sua vita religiosa li trascorse così, senza scossoni, insegnando alle ragazze, maturando anche una sua spiritualità forte, che aveva nella preghiera e nell’amore per le consorelle e per le allieve i suoi punti di forza. Ma aveva anche l’occhio attento a ciò che succedeva intorno. E non era granché bello, anzi inquietava non poco. 

Intanto il Signore, con illuminazioni interiori, la andava preparando a quella che sarà la sua straordinaria avventura. Al centro delle rivelazioni proprio quello che inquietava madre Teresa: l’indifferenza assoluta della gente verso i poveri, che in gran numero languivano nelle baraccopoli e lungo le vie della città. 

Durante un viaggio in treno, nel 1946, le parve di sentire più chiara la voce di Gesù che la invitava ad abbandonare tutto per porsi al servizio di quei poveri. Madre Teresa accolse l’invito e segnò quell’episodio che avrebbe cambiato la sua vita, come «il giorno della decisione».

Le ci volle del tempo per ottenere il permesso di lasciare le Suore di Loreto, ma alla fine, era il 1948, fu libera di seguire la propria vocazione e di entrare nel mondo dei poveri. Indossò il sari, la tunica bianca delle donne indiane, con in più le strisce blu che orlavano il velo, e la croce appuntata sulla spalla. Con il nuovo abito, che segnava anche il cambiamento della sua vita, si recò a Patna dalle Suore mediche missionarie per seguire un breve corso di infermeria. Rientrata a Calcutta, si sistemò provvisoriamente presso le Piccole sorelle dei poveri. 

Il 21 dicembre 1948 andò per la prima volta nei sobborghi: visitò famiglie, lavò le ferite di bambini, si prese cura di un anziano malato che giaceva sulla strada. Si imbatté anche in una donna agonizzante, distesa su un marciapiede: era così debole che topi e formiche le stavano rosicchiando il corpo. Da giorni era lì, in attesa della morte, ma nessuno l’aveva soccorsa. Madre Teresa la raccolse e la portò al vicino ospedale, dove le dissero che era troppo malata e troppo povera per essere curata. 

Calcutta era piena di gente che finiva così. Teresa capì che non poteva più restare a guardare, doveva fare qualcosa. Chiese, e le fu concesso, di occupare parte di un ex tempio indù diventato covo di mendicanti e criminali di ogni risma. Madre Teresa lo trasformerà nella prima «Casa dei moribondi». 

Le baraccopoli — con i loro poveri ai quali dare speranza, con i bambini abbandonati da curare e amare, con i moribondi da accompagnare nel passo estremo… — divennero la terra di missione, sua e di altre donne che via via decideranno di condividere la sua vita e il suo impegno. Insieme diedero vita alla Congregazione delle Missionarie della Carità, che il 7 ottobre 1950 veniva riconosciuta ufficialmente nell’arcidiocesi di Calcutta, e nel febbraio del 1965 diventava di diritto pontificio. 

Agli inizi del 1960 cominciò l’emigrazione delle Missionarie della Carità in altre regioni dell’India. Successivamente, incoraggiate in particolare da Paolo VI, aprivano una casa in Venezuela. Ad essa seguirono numerose altre fondazioni in ogni parte del mondo, ovunque ci fossero poveri abbandonati cui portare l’aiuto e il conforto della fraterna solidarietà e la certezza che Dio li amava. Negli anni Ottanta, dopo la caduta delle varie cortine, madre Teresa aprì case di missione anche nei paesi comunisti, inclusa l’ex Unione Sovietica, l’Albania e Cuba. È stata la prima a inserire delle suore negli ospedali sovietici, dopo l’esplosione di Cernobyl, e la prima a mettere piede in Albania, quando il paese era ancora sotto il regime comunista. Persino in Vaticano, nella casa del papa, aprì una mensa per i poveri. 

Madre Teresa affiancò alla prima congregazione altre istituzioni, come i Fratelli Missionari della Carità, le Sorelle e i Fratelli contemplativi, i Padri Missionari della Carità e gruppi di collaboratori laici. 11 tutto per rispondere meglio alle esigenze dei poveri.

Tanto impegno e proliferare di iniziative non potevano passare inosservati. Le immagini di questa donna minuta e con il tempo sempre più curva, avvolta nel bianco sani, china a confortare un moribondo o a curare piaghe infette, ad accarezzare bambini lacerati dall’abbandono e dall’indifferenza… fecero il giro del mondo, sollevando l’ammirazione di tanta gente, che cominciò a interessarsi delle sue opere e della sua vita, ad ascoltare i suoi messaggi, resi con parole semplici che esaltavano la vita, che invitavano al suo rispetto in ogni momento, dal concepimento alla morte. Parole semplici e a volte anche forti che scuotevano e dividevano. 

L’ammirazione si tradusse anche in riconoscimenti importanti come il Premio indiano Padmashri, assegnatole nel 1962, e il Premio Nobel per la Pace, conferitole nel 1979. Ricevette riconoscimenti e attenzioni «per la gloria di Dio e in nome dei poveri». 

Negli ultimi anni, nonostante seri problemi di salute, continuò a guidare la sua congregazione e a rispondere alle necessità dei poveri e della chiesa. Morì a Calcutta il 5 settembre 1997. Il mondo intero, che aveva seguito il suo lento spegnersi, la pianse, mentre il governo indiano le rendeva onore con i funerali di Stato. Sepolta nella Casa Madre delle Missionarie della Carità, la sua tomba fu ben presto luogo di pellegrinaggi e di preghiera. «L’intera vita e l’opera di madre Teresa — ha detto Giovanni Paolo II nel proclamarla beata — offrirono testimonianza della gioia di amare, della grandezza e della dignità di ogni essere umano, del valore delle piccole cose fatte fedelmente e con amore, e dell’incomparabile valore dell’amicizia con Dio». Questa è madre Teresa: il genio femminile sposato alla carità evangelica, che guida la chiesa verso i poveri. 

Il 20 dicembre 2002 il papa Giovanni Paolo II approvò i decreti sulle sue virtù eroiche e sui suoi miracoli, è stata beatificata il 19 ottobre 2003 e canonizzata da Papa Francesco il 4 settembre 2016.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Calcutta in India, beata Teresa (Agnese) Gonhxa Bojaxhiu, vergine, che, nata in Albania, estinse la sete di Cristo abbandonato sulla croce con la sua immensa carità verso i fratelli più poveri e istituì le Congregazioni delle Missionarie e dei Missionari della Carità al pieno servizio dei malati e dei diseredati.

Conosciamo Madre Teresa di Calcutta

Gonxa (Agnese) Bojaxhiu nasce il 26 Agosto a Skopje, nell’ex Jugoslavia. La sua educazione è fortemente cattolica, nonostante la cittadinanza albanese dei suoi genitori. Sin da giovane sente di essere attratta dalla vita religiosa, cosa che successivamente attribuirà ad una Grazia, fattale dalla Madonna.
Viene accolta dalle Suore di Nostra Signora di Loreto, a Dublino, la cui Regola si ispira a Sant’Ignazio di Loyola. Ed è grazie alle meditazioni su questo Santo, che la giovane matura il sentimento di voler aiutare tutti gli uomini.

Il 25 maggio 1931 prende i voti con il nome di Suor Teresa, in onore di Santa Teresa di Lisieux.

È a Calcutta, capitale del Bengala, che nel 1935 intraprende la sua attività missionaria, dedicandosi ai poveri, invito di Dio che lei stessa percepisce durante un momento di preghiera.

Nel 1979 è insignita del Premio Nobel per la Pace. Si spegne a Calcutta il 5 settembre 1997. La sua canonizzazione avviene il 4 settembre 2016, sotto il pontificato di Papa Francesco.

Cosa è veramente importante per Madre Teresa?

Madre Teresa è animata in tutte le sue azioni dall’Amore di Cristo, dalla volontà di fare qualcosa di bello per Dio.

Come lei stessa afferma, il suo essere cattolica ha un’ importanza totale, è il mezzo attraverso il quale attestare la Verità del Vangelo, proclamando la Parola di Dio, senza timore.

Queste le sue parole:” Il lavoro che realizziamo è per noi soltanto un mezzo per concretizzare il nostro Amore per Cristo.
Siamo dedite al servizio dei più poveri dei poveri, cioè di Cristo, di cui i poveri sono l’ immagine dolorosa.
Madre Teresa è l’esempio più significativo di Amore verso il prossimo, inteso in ogni senso e da ogni punto di vista.

Chi amava Madre Teresa?

Amore verso Tutti, ma soprattutto verso i più poveri, i malati, verso coloro che hanno fatto della strada la loro casa, che è la loro unica ricchezza. Amore verso coloro che il Mondo ha dimenticato, emarginato, diseredato e che invece lei, piccola suora dal Grande e Nobile Animo, è pronta a risollevare e confortare, anche con una semplice carezza.

Come si può amare il prossimo?

Madre Teresa ha Donato se stessa, la sua intera esistenza agli altri.

Questo è il vero senso dell’Amore verso il prossimo.

Cioè fare Dono di sé all’altro, in modo gratuito, perché come ci insegna Gesù, dare è più importante che ricevere.
Come dice San Francesco d’Assisi:”È dando che si riceve”.

Infatti proprio nello stesso momento in cui si dona, si riceve uno Spirito colmo di Gioia, Amore, Bontà e Pace, che è la ricchezza più grande in assoluto.

Amare il prossimo non può prescindere dall’Amore verso Dio e verso noi stessi, non in senso egoistico o individualistico, ma inteso come cura del proprio Essere. Significa rinunciare ai nostri egoismi e rendere partecipi dei doni che abbiamo ricevuto da Dio, coloro che ne hanno più bisogno.
Quelli che la società consumistica e globalizzata in cui viviamo considera come vinti dalla Vita”.

Dalla teoria alla pratica

Ognuno di noi potrebbe mettere in pratica l’Amore verso il Prossimo, impegnandosi quotidianamente in qualcosa di concreto.

Il mio suggerimento personale è quello di cercare di avere una maggiore comprensione dell’Altro, senza giudicarlo o condannarlo per i suoi comportamenti. Il nostro impegno deve dunque essere quello di entrare in empatia con l’altro, di spogliarci del nostro io e accogliere quello di coloro che incontriamo.

Un’azione concreta potrebbe essere quella di Ascoltare chi ne ha bisogno, chi cerca il nostro Aiuto, anteponendo la sua necessità alle nostre, che spesso sono insulse e banali. Mettere quindi a disposizione degli altri una parte fondamentale del nostro tempo. Ascoltare gli altri ci aiuterà sicuramente nel nostro percorso di crescita individuale e personale, attraverso cui impareremo ad Ascoltare anche noi stessi, proprio partendo dal nostro Prossimo.

Articolo scritto da Giovanna Esposito.

Chi è il nostro prossimo? Come possiamo amarlo?

Impariamo dal Vangelo

Gesù disse ai suoi discepoli: « Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri » (Gv 13,34).

Rispondendo alla domanda rivoltagli sul primo dei comandamenti, Gesù disse: « Il primo è: “Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. E il secondo è questo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più importante di questo » (Mc 12,29-31).

L’Apostolo san Paolo lo richiama: « Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti, il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore » (Rm 13,8-10).

Viviamo il Vangelo

Chi è il nostro prossimo? E’ colui che la vita ci mette vicino, quella persona che in questo momento ha bisogno di noi, della nostra attenzione, della nostra comprensione, del nostro aiuto. Tutti noi ogni giorno incontriamo molte persone, alcune però stanno vivendo delle difficoltà, alcune potrebbero trovare giovamento dal nostro intervento, ecco, quelle persone sono i nostri prossimi. Preghiamo per loro, facciamo qualcosa per loro.

“Avanti il prossimo” come diceva un grande Sacerdote, Padre Antonio Monieri.

Come possiamo amarlo? Per amare veramente occorre entrare nelle profondità del Vangelo, negli abissi del Cuore di Gesù. Impariamo giorno per giorno a creare un rapporto con nostro Padre, con il nostro Salvatore Gesù Cristo. Leggiamo il Vangelo, Adoriamo il Santissimo Sacramento, Preghiamo, facciamo del bene come meglio riusciamo e impariamo da Maria, senza dubbio vivendo in questo modo impareremo ad amare il nostro prossimo. Dimentichiamo le logiche del mondo, denudiamoci dei pesi della materia per correre più velocemente verso le braccia di Cristo.