Beata Anna Maria Taigi – 9 giugno

Fin dai primi anni della sua vita Anna Maria Gesualda conobbe la povertà e visse in essa per tutta la vita. Era nata a Siena da un farmacista che dopo un dissesto economico dovette trasferirsi con la famiglia a Roma. Entrambi i genitori lavoravano come domestici. Anna fu mandata in una scuola per fanciulle povere e a tredici anni dovette iniziare a guadagnarsi da vivere, prima lavorando in alcune fabbriche e poi come cameriera presso una nobildonna, subendo il fascino della vita mondana condotta dalla sua padrona. Nel 1790 sposò Domenico Taigi, servitore a palazzo Chigi (nobile famiglia romana): ebbero sette figli e si presero anche cura dei genitori di Anna.

In questa dura vita di lavoro, ella sentì presto la necessità di un direttore spirituale. Si avvicinò a un prete ma fu respinta senza ricevere alcun aiuto o consiglio; allora incontrò un religioso dei Servi di Maria, padre Angelo, che fu il suo confessore per molti anni. Anna datò la sua conversione al primo incontro con lui.

Rinunciò a tutti gli interessi mondani indossando gli abiti più modesti e pregando continuamente mentre svolgeva i lavori domestici; fece lavori di cucito (un impiego a domicilio molto mal pagato) per incrementare le entrate di Domenico, e nello stesso tempo si dava da fare per trovare soldi o cibo per aiutare quelli che erano più poveri di lei. Ogni mattina riuniva quelli di casa per la preghiera, e quelli che partecipavano alla Messa vespertina si incontravano di nuovo per letture spirituali e la preghiera serale.

La sua vita spirituale raggiunse un livello molto alto; si preoccupava molto dei pericoli che minacciavano la Chiesa e dell’opera del demonio nel mondo. Padre Angelo la mise in contatto con il cardinal Pcdicini, che condivise la responsabilità della guida spiritua le di Anna per trent’anni e che, dopo la morte della beata, mise per iscritto le angosce spirituali che essa attraversò e la grande consolazione che trovò nella fede. Fu forse lui a farla conoscere come donna saggia capace di essere d’aiuto ad altri nel cammino spirituale, e molti vennero a lei per un consiglio e una richiesta d’intercessione.

Il marito, che all’età di novantadue anni depose al suo processo di beatificazione, lasciò un commovente quadro della sua opera e della sua amorosa cura verso di lui:
Accadeva spesso che al mio ritorno a casa la trovassi piena di gente. Immediatamente ella si congedava da tutti, fossero anche una nobildonna o un prelato, per prendersi cura di me con sollecitudine amorosa: ognuno poteva rendersi conto che faceva ogni cosa con tutto il cuore, mi avrebbe perfino tolto i calzari dai piedi, se lo avessi permesso. In breve, era per me di consolazione e di conforto in ogni cosa […] La serva di Dio sapeva come mettere ognuno a suo agio e lo faceva con una grazia che non mi è possibile descrivere. Spesso tornavo a casa stanco, di malumore e irascibile ma ella sempre sapeva addolcirmi e rallegrarmi.

Anna morì il 9 giugno 1837, dopo sette mesi di sofferenze acute e di grandi tribolazioni spirituali, all’età di sessantotto anni. Fu beatificata da papa Benedetto XV nel 1920 e i suoi resti sono conservati nella chiesa di S. Crisogono, appartenente ai trinitari, essendo lei terziaria di quest’ordine.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, beata Anna Maria Taigi, madre di famiglia, che, pur maltrattata da un marito violento, continuò a prendersi cura di lui e a provvedere all’educazione dei suoi sette figli, senza mai trascurare la sollecitudine spirituale e materiale per i poveri e gli ammalati.

Nome: Beata Anna Maria Taigi
Titolo: Madre
Nome di battesimo: Anna Maria Giannetti
iNascita: 29 maggio 1769, Siena
Morte: 9 giugno 1837, Roma
Ricorrenza: 9 giugno
Tipologia: Commemorazione

Don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo – 9 Giugno 2022

“Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono”.

Quando si legge questo passo del vangelo ci si accorge di come in realtà pochi di noi potrebbero andare a “presentarsi all’altare” con un cuore libero e leggero. Molti di noi, pur desiderando con tutto il cuore una situazione di pace con tutti, si portano addosso le ferite ricevute o inferte da certi rapporti con chi ci sta intorno che appesantiscono il cuore e affaticano anche la capacità di amare e di pregare. Diciamoci la verità: quando si sta bene con la gente che abbiamo accanto, si ha un rapporto migliore anche con Dio.

Per questo una sana vita spirituale non ha solo bisogno di crescere nel rapporto verticale con Dio ma anche del rapporto orizzontale con i fratelli. Se tu vuoi migliorare i rapporti con gli altri allora migliora anche il tuo rapporto con Dio, e viceversa se vuoi migliorare il tuo rapporto con Dio dedicati anche a migliorare il tuo rapporto con gli altri. Le due dimensioni vanno sempre insieme. E se unisci queste due dimensioni ti verrà fuori una croce.

In questo senso Cristo ha rimesso insieme il cielo e la terra, l’amore per Dio e l’amore per il prossimo; l’altare e il volto del fratello. Credere è sempre questa doppia capacità di amare. Ma guai a pensare che l’amore a cui siamo chiamati deve essere semplicemente un amore giusto: “se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”. Siamo chiamati ad amare con un amore che è più grande della giustizia.

È l’amore che è più grande del dovere. È l’amore gratuito non richiesto da nessuna regola e da nessun altro. È l’amore che ama e basta, senza misura. È l’amore che va al fondo delle questioni e non solo amore che salva la faccia, o la forma. Siamo chiamati a una giustizia più grande. È la giustizia di chi fa non perché gli viene chiesto, ma perché sceglie da se.