Santa Margherita Ward prega per noi – 30 agosto

Margherita è una delle pochissime donne tra le martiri cattoliche delle isole britanniche a essere stata canonizzata e beatificata. Viene descritta dalle fonti come una nobile nata a Congleton, nel Cheshire. Visse a Londra, dove lavorava al servizio (forse governante o dama di compagnia) di un’altra gentildonna, la signora Whitall (o Whittle).

Margherita decise di aiutare Guglielmo (alcune fonti riportano Riccardo) Watson (alias Colpepper), un eccentrico prete secolare cattolico rinchiuso nella prigione di Bridewell, e si trovò coinvolta in una storia con conseguenze strane, ridicole e fatali. Un racconto sommario illustra alcune realtà ironicamente brutali di quell’epoca, in cui Watson spesso si trova implicato, troppo spesso rimosse dalle vite dei martiri.

Watson nacque a Durham nel 1558, andò a Oxford all’età di dieci anni (non come studente, come lui stesso sosteneva, ma come servitore) e all’Inns of Court all’età di quattordici. Fu due volte a Reims, all’età di sedici anni e a ventisei. Venne ordinato sacerdote e inviato nella missione inglese nel 1586. Divenne ben presto famoso per le controversie all’interno e fuori dai circoli cattolici. Venne imprigionato e torturato nel Marshalsea, denunciò il complotto del cattolico Antonio Babington per uccidere Elisabetta e liberare Maria, regina di Scozia, acconsentì a frequentare una chiesa protestante e fu rilasciato, ricevette l’assoluzione da un altro sacerdote cattolico, fu arrestato nuovamente mentre celebrava la Messa nella chiesa di Bridewell, fu incatenato in una segreta della prigione di Bridewell e lasciato quasi morire di fame, venne spostato poi in una cella più ampia, sottoposto a continui interrogatori, gli fu ordinato di frequentare ancora la chiesa protestante, fino a che si ammalò di nervi_ Margherita, avendo sentito raccontare questa storia, gli faceva visita regolarmente e gli portava del cibo. Riuscì a guadagnarsi la fiducia della moglie del carceriere e fece pervenire a Watson una corda, dicendo a due barcaioli di aspettarlo al fiume tra le &e e le tac dd astriu o. Watson salì sul tetto della prigione, scese amtaccaso dia corda ma cadde su un capannone e si ruppe unbrama” e mas wilwaliw I due barcaioli lo trovarono e lo trasportarono al sicuro. Giovanni Roche, irlandese, era o il servitore di Maria che si cambiò d’abito con Watson per ingannare i carcerieri, o uno dei due barcaioli che lo fece in seguito. Fu arrestato insieme a Margherita, a cui risalirono tramite la corda, dimenticata da Watson.

Margherita fu messa in catene per otto giorni, appesa per le braccia e picchiata duramente, e infine processata. Lei e Giovanni vennero accusati di aver aiutato ad evadere una persona che era non solo un prigioniero, ma anche un traditore. Rifiutarono di rivelare il nascondiglio del sacerdote; i giudici offrirono di rilasciarli se avessero chiesto il perdono della regina e avessero acconsentito a frequentare la chiesa protestante. Margherita e Giovanni dissero che non avevano fatto nulla per offendere la regina e Margherita disse ai giudici che se Elisabetta «avesse avuto un cuore di donna» e avesse visto Watson lo avrebbe liberato, e che frequentare la chiesa dello stato era contro la loro coscienza. I martiri avrebbero potuto essere condannati con l’accusa di aver compiuto un atto criminale nell’aiutare la fuga di un prigioniero, anche se avrebbero potuto contestare che le leggi alle quali loro e Watson sottostavano erano ingiuste (anche perché Watson era stato arrestato la seconda volta prima che fosse scaduto il periodo di tempo per lasciare l’Inghilterra); ma alla fine vennero condannati per aver disobbedito a un ordine (che Watson stesso aveva prima accettato e poi rifiutato) che sottintendeva, essenzialmente, un atto di prova religiosa. Vennero impiccati a Tybourn il 30 agosto 1588.

Watson probabilmente venne identificato e arrestato nuovamente, fuggì e trascorse due anni a Liège, andò in Irlanda e poi fece ritorno in Inghilterra, fu capo degli Appellanti per il clero secolare (aspramente contrario ai gesuiti) tentando di trovare un accordo accettabile con il Concilio Privato e venne imprigionato tre volte ancora. Durante un periodo di detenzione scrisse la sua autobiografia, riuscì a scappare due volte ancora e ottenne la libertà alla morte di Elisabetta nel 1603. Fu ricevuto da Giacomo I e tentò di negoziare con il sovrano un nuovo giuramento di fedeltà cattolico. Le sue idee contro i gesuiti divennero un’ossessione: contrastò pubblicamente una supposta cospirazione gesuita per far salire al trono l’infante spagnola, collaborò a numerosi testi polemici e ne scrisse uno contro la Società. Cospirò in diversi complotti e prese parte con altri cattolici a un tentativo di rapire Giacomo I per obbligarlo a sostituire i ministri protestanti con ministri cattolici.

A quell’epoca, probabilmente, Watson era diventato un mitomane, perché si era autonominato lord cancelliere del nuovo governo. Padre Garnet, il superiore gesuita, e padre Blackwell, l’arciprete, rivelarono il complotto al governo: Watson venne arrestato un’altra volta e rinchiuso nella Torre di Londra per impedire ogni tentativo (li fuga. Al suo processo ebbe alcuni splendidi scambi di battute con re Giacomo, ugualmente eccentrico. Fu messo a morte prima della fine dell’anno, dopo aver chiesto il perdono dei gesuiti.

È difficile stabilire se il comportamento di Watson fosse la risposta a un mondo anormale di una persona malata di mente o quella di un uomo coraggiosamente anticonformista a un mondo in cui Watson spesso si trovava implicato. È difficile anche sapere quello che Margherita pensasse di lui o lui di lei: le sue azioni e i pesanti commenti su Elisabetta fanno pensare che, per un certo verso, potevano essere veramente spiriti affini. Margherita venne beatificata nel 1929 e canonizzata da papa Paolo VI nel 1970.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Londra in Inghilterra, santa Margherita Ward, martire, che, sposata, fu condannata a morte sotto la regina Elisabetta I per avere aiutato un sacerdote e accolse con animo lieto il martirio dell’impiccagione a Tyburn. Nello stesso luogo, subirono insieme a lei il martirio i beati Riccardo Leigh, sacerdote, e i laici Edoardo Shelley e Riccardo Martin, inglesi, Giovanni Roche, irlandese, e Riccardo Lloyd, gallese, il primo perché sacerdote, gli altri per avere dato ospitalità a dei sacerdoti.

Nome: Santa Margherita Ward
Titolo: Martire in Inghilterra
Nome di battesimo: Margaret Ward
Nascita: 1550 circa, Congleton, Cheshire
Morte: 30 agosto 1588, Londra, Inghilterra
Ricorrenza: 30 agosto
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione

«Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». 

Vangelo Lc 4, 31-37

In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità.
Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.

Impegno del giorno: Recitare Il Credo e la preghiera a San Michele Arcangelo con Fede.

Santi Felice e Adautto pregate per noi – 30 agosto

In una sua poesia papa Damaso ricorda Felice e Adautto come martiri cui era prestato un culto nel luogo della loro sepoltura; il Martirologio Geronimiano (e poi altri testi) ne ricordano la memoria al 30 agosto. La prima Vita, che pare databile ad epoca precarolingia (secolo VII), ma è conosciuta in varie versioni, racconta che Felice era romano e presbitero, come un fratello. Arrestato in quanto seguace di Cristo, al tempo di Diocleziano, fu condotto nel tempio di Serapide perché sacrificasse al dio; Felice soffiò sulla statua facendola cadere e lo stesso accadde con le statue di Mercurio e di Diana. La potenza manifestata gli procurò la tortura e la condanna capitale.

L’ultimo episodio è sulla via Ostiense, fuori città, dove si alzava un grande albero consacrato agli dei e, nei pressi, un tempio: invitato ancora una volta a sacrificare, Felice ordinò all’albero di cadere nel tempio, rovinandolo, come infatti avvenne. Felice fu allora decapitato e mentre lo portavano poco lontano dall’Ostiense per eseguire la condanna, un cristiano si avvicinò dichiarando la propria fede: fu così decapitato assieme a Felice. Nella Vita scritta da Adone nel suo Martyrologium (sec. IX) si ricorda che l’anonimo poteva chiamarsi Adauctus, «aggiunto», «quod sancto martyri Felici auctus sit ad coronam». Una vita in versi ha scritto Marbodo di Rennes, riferendosi alla Vita più antica, ma accentuando il contrasto tra il martire cristiano e il prefetto pagano e arricchendo il repertorio mitologico del contesto.

Felice fu sepolto assieme al compagno in una cripta nelle catacombe di Commodilla, presso la via Ostiense, dove sorse presto una cappella o una piccola basilica in suo onore, anche per cura di Giovanni I e di 7 Leone III. In essa sono conservati alcuni affreschi del VI sec. con le immagini dei due martiri. Leone IV donò alla moglie di Lotario, Ermengarda, una reliquia dei due martiri, che ne portò il culto a Nord delle Alpi, sino a Cracovia, dove nel palazzo reale una cappella è a loro dedicata.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma nel cimitero di Commodilla sulla via Ostiense, santi martiri Felice e Adáutto, che, per aver reso insieme testimonianza a Cristo con la medesima intemerata fede, corsero insieme vincitori verso il cielo.

Nome: Santi Felice e Adautto
Titolo: Martiri
Ricorrenza: 30 agosto
Tipologia: Commemorazione
Patroni di: San Felice del Benaco

Vangelo Lc 4, 16-30: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio».

Vangelo Novus Ordo Lc 4, 16-30
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Oggi conserviamo nel nostro cuore queste parole del Vangelo:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio».

Maria Valtorta: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’
Paralleli Novus ordo

   Cap. CVI. Cacciata da Nazareth e conforto alla Madre. Riflessioni su quattro contemplazioni.

Sera del 13 febbraio 1944

 1 Vedo uno stanzone quadrato. Dico stanzone, per quanto capisca che è la sinagoga di Nazareth (come mi dice l’interno ammonitore) perché non c’è altro che le pareti nude tinte di giallino e una specie di cattedra da un parte. Vi è anche un alto leggio con sopra dei rotoli. Leggio, scansia, dica come crede. E, insomma, una specie di tavola inclinata, sorretta su un piede e sulla quale sono allineati dei rotoli. Vi è della gente che prega, non come preghiamo noi, ma volti tutti da un lato con le mani non congiunte ma come su per giù sta un sacerdote all’altare. Vi sono delle lampade messe così: e sopra alla cattedra e al leggio. 
   E Non vedo lo scopo di questa veduta, che non si cambia e che mi resta fissa così per del tempo. Ma Gesù mi dice di scriverla e lo faccio…

 2 Mi trovo nella sinagoga di Nazareth, da capo. Ora il rabbino legge. Sento la cantilena della voce nasale, ma non capisco le parole dette in una lingua a me ignota. Fra la gente vi è anche Gesù coi cugini apostoli e con altri che sono certo parenti essi pure, ma che non conosco. 
   Dopo la lettura, il rabbino volge lo sguardo sulla folla in muta domanda. Gesù si fa avanti e chiede di tenere Lui l’adunanza, oggi. Odo la sua bella voce leggere il passo di Isaia citato dal Vangelo: 
   «Lo spirito del Signore è sopra di Me…». E odo il commento che Egli ne fa, dicendosi 
   «il portatore della Buona Novella, della legge d’amore che sostituisce il rigore di prima con la misericordia, per cui tutti coloro che la colpa d’Adamo fa malati nello spirito, e nella carne per riflesso, perché il peccato sempre suscita vizio, e il vizio malattia anche fisica, otterranno la salute. Per cui tutti coloro che sono prigionieri dello Spirito del male avranno liberazione. Io sono venuto a rompere queste catene, a riaprire la via dei Cieli, a dar luce alle anime accecate e udito alle anime sorde. 
   E’ venuto il tempo della Grazia del Signore. Ella è fra voi, Ella è questa che vi parla. I Patriarchi hanno desiderato vedere questo giorno, di cui la voce dell’Altissimo ha proclamato l’esistenza ed i Profeti hanno predetto il tempo. E già, portata a loro da ministero soprannaturale, conoscono che l’alba di questo giorno s’è levata, e il loro ingresso nel Paradiso è ormai vicino e ne esultano coi loro spiriti, santi ai quali non manca che la mia benedizione per esser cittadini dei Cieli. Voi lo vedete. Venite alla Luce che è sorta. Spogliatevi delle vostre passioni per esser agili a seguire il Cristo. Abbiate la buona volontà di credere, di migliorare, di volere la salute, e la salute vi sarà data. Essa è in mia mano. Ma non la do che a chi ha buona volontà di averla. Perché sarebbe offesa alla Grazia darla a chi vuol continuare a servire Mammona». 

 3 Il mormorio si leva per la sinagoga. Gesù gira lo sguardo. Legge sui volti e nei cuori e prosegue: «Comprendo il vostro pensiero. Voi, poiché sono di Nazareth, vorreste un favore di privilegio. Ma questo per il vostro egoismo, non per potenza di fede. Onde Io vi dico che in verità nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Altri paesi mi hanno accolto e mi accoglieranno con maggior fede, anche quelli il cui nome è scandalo fra di voi. Là Io mieterò i miei seguaci, mentre in questa terra nulla potrò fare, perché m’è chiusa e ostile. Ma vi ricordo di Elia e d’Eliseo. Il primo trovò fede in una donna fenicia e il secondo in un siro. E a quella e a questo poterono operare il miracolo. 
   I morenti di fame d’Israele ed i lebbrosi d’Israele non ebbero pane e mondezza, perché il loro cuore non aveva la buona volontà come perla fine che il Profeta vedeva. Questo succederà a voi pure, che siete ostili e increduli alla Parola di Dio».

 4 La folla tumultua e impreca e tenta mettere le mani addosso a Gesù. Ma gli apostoli-cugini – Giuda, Giacomo e Simone – lo difendono, ed allora gli infuriati nazareni cacciano fuori dalla città Gesù. Lo inseguono con minacce, non solamente verbali, sino al ciglio del monte. Ma Gesù si volge e li immobilizza col suo sguardo magnetico, e passa incolume in mezzo a loro, scomparendo su per un sentiero del monte. 

 5 Vedo una piccola, piccolissima borgata. Un pugno di case. Una frazione, diremmo noi ora. É più alta di Nazareth, che si vede più sotto, e dista dalla stessa pochi chilometri. Una borgatella misera misera. 
   Gesù parla con Maria stando seduto su un muretto presso una casuccia. Forse è una casa amica, o per lo meno ospitale secondo le leggi dell’ospitalità orientale. E Gesù ci si è rifugiato dopo esser stato scacciato da Nazareth, per attendere gli apostoli che certo si erano sparsi nella zona mentre Egli era presso la Madre. 
   Con Lui non ci sono che i tre apostoli-cugini, i quali, in questo momento, sono raccolti nell’interno della cucina e parlano con una donna anziana che Taddeo chiama «madre». Perciò capisco che è Maria di Cleofa. É una donna piuttosto anziana e la riconosco per quella che era con Maria Ss. alle nozze di Cana. 
   Certo Maria di Cleofa e i figli si sono ritirati là per lasciare liberi Gesù e la Madre di parlare.

 6 Maria è afflitta. Ha saputo del fatto della sinagoga ed è addolorata. Gesù la consola. Maria supplica il Figlio di stare lontano da Nazareth, dove tutti sono maldisposti verso di Lui, anche gli altri parenti, che lo giudicano un pazzo desideroso di suscitare rancori e dispute. Ma Gesù fa un gesto sorridendo. Pare dica: 
   «Ci vuol altro, lascia perdere!». Ma Maria insiste. Allora Egli risponde: 
   «Mamma, se il Figlio dell’uomo dovesse andare unicamente là dove è amato, dovrebbe volgere il suo passo da questa Terra e tornare al Cielo. Ho ovunque dei nemici. Perché la Verità è odiata, ed Io sono Verità. Ma Io non sono venuto per trovare facile amore. Io sono venuto per fare la volontà del Padre e redimere l’uomo. L’amore sei tu, Mamma, il mio amore, quello che mi compensa di tutto. Tu e questo piccolo gregge, che tutti i giorni si accresce di qualche pecorella che Io strappo ai lupi delle passioni e porto nell’ovile di Dio. Il resto è il dovere. Sono venuto per compiere questo dovere e lo devo compiere anche fino a sfracellarmi contro le pietre dei cuori tetragoni al bene. Anzi, solo quando sarò caduto, bagnando di sangue quei cuori, Io li ammollirò stampandovi il mio segno che annulla quello del Nemico. 
   Mamma, sono sceso dal Cielo per questo. Non posso che desiderare di compiere questo». 
   «Oh! Figlio! Figlio mio!». Maria ha la voce straziata. Gesù la carezza. Noto che Maria ha sul capo, oltre il velo, anche il manto. É più che mai velata, come una sacerdotessa. 

 7 «Starò assente qualche tempo, per farti contenta. Quando sarò vicino manderò ad avvisarti». 
   «Manda Giovanni. Mi pare di vedere un poco Te nel vedere Giovanni. Anche la madre sua è piena di cure per me e per Te. Ella spera, è vero, un posto di privilegio per i suoi figli. É donna ed è mamma, Gesù. Bisogna compatirla. Ne parlerà anche a Te. Ma ti è devota sinceramente. E quando sarà liberata dall’umanità, che fermenta in lei come nei suoi figli, come negli altri, come in tutti, Figlio mio, sarà grande nella fede. 
   É doloroso che tutti sperino da Te un bene umano, un bene che, anche se non è umano, è egoista. Ma il peccato è in loro con la sua concupiscenza. Ancora l’ora benedetta, e tanto, tanto temuta, per quanto l’amore di Dio e dell’uomo me la faccia desiderare, in cui Tu annullerai il Peccato, non è venuta. Oh! quell’ora! Come trema il cuore della tua Mamma per quell’ora! Che ti faranno, Figlio? Figlio Redentore, di cui i Profeti dicono tanto martirio?». 
   «Non ci pensare, Mamma. Dio ti aiuterà in quell’ora. Me e te aiuterà Dio. E dopo sarà la pace. Te lo dico una volta ancora. Ora va’, ché la sera scende e lungo è il cammino. Io ti benedico».

 8 Dice Gesù: 
   «Piccolo Giovanni, molto lavoro oggi. Ma siamo indietro di un giorno e non si può andare piano. Ti ho dato la forza per questo, oggi. Le quattro contemplazioni te le ho concesse per poterti parlare sui dolori di Maria e miei, preparatori alla Passione. Avrei dovuto parlarne ieri, sabato, giorno dedicato a mia Madre. Ma ho avuto pietà. Oggi si riprende il tempo perduto. 
   Dopo i dolori che ti ho fatto conoscere, Maria ha avuto anche questi. Ed Io con Lei.

 9 Il mio sguardo aveva letto nel cuore di Giuda Iscariota. Nessuno deve pensare che la Sapienza di Dio non sia stata capace di comprendere quel cuore. Ma, come ho detto a mia Madre, egli ci voleva. 
   Guai a lui per esser stato il traditore! Ma un traditore ci voleva. Doppio, astuto, avido, lussurioso, ladro, e intelligente e colto più della massa, egli aveva saputo imporsi a tutti. Audace, mi spianava la via, anche se era via difficile. Gli piaceva, oltre tutto, emergere e far risaltare il suo posto di fiducia presso di Me. 
   Non era servizievole per istinto di carità. Ma unicamente perché era uno di quelli che voi chiamereste “faccendoni”.    Ciò gli permetteva anche di tenere la borsa e di avvicinare la donna. Due cose che, insieme alla terza, la carica umana, amava sfrenatamente. 
   La Pura, l’Umile, la Distaccata dalle ricchezze terrene, non poteva non avere ribrezzo di quel serpe. Io pure ne avevo ribrezzo. Ed Io solo ed il Padre e lo Spirito sappiamo quali superamenti ho dovuto sostenere per poterlo sopportare vicino. Ma te li spiegherò in altro tempo. 

10 Ugualmente non ignoravo l’ostilità dei sacerdoti, farisei, scribi e sadducei. Erano volpi astute che cercavano spingermi nella loro tana per sbranarmi. Avevano fame del mio sangue. E cercavano di mettermi trappole ovunque per catturarmi, per avere arma di accusa, per levarmi di mezzo. 
   Per tre anni è stata lunga l’insidia e non si è placata altro che quando mi hanno saputo morto. Quella sera hanno dormito felici. La voce del loro accusatore era per sempre estinta. Lo credevano. No. Non è ancora spenta. Non lo sarà mai e tuona, tuona e maledice i loro simili di ora. 
   Quanto dolore ebbe mia Madre per colpa di loro! Ed Io quel dolore non lo dimentico.

11 Che la folla fosse volubile, non era cosa nuova. Essa è la belva che lecca la mano del domatore, se è armata di scudiscio o se offre un pezzo di carne alla sua fame. Ma, basta che il domatore cada e non possa più usare lo scudiscio, oppure non abbia più prede per la sua fame, che essa si avventa e lo sbrana. Basta dire la verità ed essere dei buoni per essere odiati dalla folla dopo il primo momento di entusiasmo. La verità è rimprovero e monito. La bontà spoglia dello scudiscio e fa sì che i non buoni non temano più. Onde: “crucifige”, dopo aver detto: “osanna”. La mia vita di Maestro è satura di queste due voci. E l’ultima è stata “crucifige”. 
   L’osanna è come l’anelito che prende il cantore per aver fiato di fare l’acuto. Maria, nella sera del Venerdì Santo, ha riudito in sé tutti gli osanna bugiardi, divenuti urli di morte per la sua Creatura, e ne è rimasta trafitta. Anche questo Io non lo dimentico. 

12 L’umanità degli apostoli! Quanta! Portavo sulle braccia, per alzarli al Cielo, dei massi che pesavano verso terra. Anche coloro che non si vedevano ministri di un re terreno come Giuda Iscariota, coloro che non pensavano come lui di salire, all’occorrenza, in mia vece sul trono, erano sempre, però, ansiosi di gloria. Venne il giorno che anche il mio Giovanni e suo fratello appetirono a questa gloria, che vi abbaglia come un miraggio anche nelle cose celesti. Non santo anelito al Paradiso, che voglio che abbiate. Ma desiderio umano che la vostra santità sia conosciuta. Non solo, ma esosità di cambiavalute, di usuraio per cui, per un poco di amore dato a Colui al quale Io vi ho detto dovete dare tutti voi stessi, pretendete un posto alla sua destra in Cielo.
   No, figli. No. Prima occorre saper bere tutto il calice che Io ho bevuto. Tutto: con la sua carità data in compenso dell’odio, con la sua castità contro le voci del senso, con la sua eroicità nelle prove, col suo olocausto per amore di Dio e dei fratelli. Poi, quando s’è tutto compiuto del proprio dovere, dire ancora: “Siamo servi inutili”, e attendere che il Padre mio e vostro vi conceda, per sua bontà, un posto nel suo Regno. Occorre spogliarsi, come mi hai visto spogliato nel Pretorio, di tutto ciò che è umano, tenendo solo quell’indispensabile che è rispetto verso il dono di Dio che è la vita, e verso i fratelli ai quali possiamo essere utili più dal Cielo che sulla Terra, e lasciare che Dio vi rivesta della stola immortale, fatta candida nel sangue dell’Agnello.

13 Ti ho mostrato i dolori preparatori della Passione. Altri te li mostrerò. Per quanto siano sempre dolori, è stato riposo per l’anima tua il contemplarli. Ora basta. Sta’ in pace».

Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, Regina del Cielo e della terra, noi ci affidiamo a Te!