Beato Agostino Kazotic prega per noi – 3 agosto

Agostino Kazotic nacque a Traù, in Dalmazia, intorno al 1260. Non aveva ancora vent’anni quando si unì ai frati predicatori; andò a Parigi per fare studi all’università con un confratello domenicano, Giacomo, e mentre attraversavano Pavia furono attaccati. Giacomo fu ucciso e Agostino si riprese solo dopo alcune settimane di cure. Predicò con successo nel suo paese d’origine e vi fondò diverse nuove case.

Dopo avere tenuto missioni in Italia e in Bosnia, fu mandato in Ungheria, paese che versava in condizioni miserevoli e di grande abbandono dopo una lunga serie di guerre civili. Vi incontrò il legato pontificio, card. Nicola Boccasini, che nel 1303, diventato papa con il nome di Benedetto XI, fece chiamare Agostino e lo consacrò vescovo di Zagabria (Croazia). Dato che il clero e la diocesi avevano bisogno di riforme, Agostino indisse sinodi diocesani i cui canoni furono da lui fatti valere anche con frequenti visite pastorali. Incoraggiò l’istruzione e gli studi biblici con la fondazione di un priorato domenicano nella città sede della cattedrale. Partecipò al concilio di Vienne nel 1311-1312, e dopo il suo ritorno fu perseguitato da Miladin, governatore della Dalmazia, poiché aveva protestato contro la sua tirannia.

Si diceva che Agostino avesse il dono delle guarigioni e che avesse guarito dai reumatismi le mani che lo avevano unto alla sua consacrazione, ma quando il popolo andava in massa da lui per essere curato egli li rimproverava. Piantò un tiglio dicendo che le sue foglie sarebbero state più efficaci delle sue mani: l’albero ebbe infatti effetti prodigiosi e perfino i turchi invasori lo rispettarono. Dopo aver passato quattordici anni a Zagabria, nel 1300 Agostino divenne vescovo di Lucera in provincia di Benevento, dove cercò di sradicare la corruzione religiosa e morale che seguì alla partenza della maggior parte dei saraceni e alle incerte conversioni dei musulmani rimasti. 11 re di Napoli, Roberto d’Angiò, lo sostenne sovvenzionando la fondazione di un convento domenicano e sembra che in cinque anni Agostino sia riuscito a cambiare la situazione. Egli era rispettato da tutti per lo zelo e la carità, dalla famiglia reale in giù. Quando morì, il 3 agosto 1323, iniziò il suo culto che fu confermato ufficialmente nel 1702.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Lucera in Puglia, beato Agostino Kazotic, vescovo, dell’Ordine dei Predicatori, che dapprima resse la Chiesa di Zagabria e poi, per l’ostilità del re di Dalmazia, raggiunse la sede di Lucera, dove ebbe somma cura dei poveri e dei bisognosi.

Nome: Beato Agostino Kazotic
Titolo: Domenicano
Nome di battesimo: Augustin Kažoti
Nascita: 1260 circa, Trau, Dalmazi
Morte: 1323, Lucera, Foggia
Ricorrenza: 3 agosto
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione

Sant’ Aspreno di Napoli prega per noi – 3 agosto

Aspreno nacque nel primo secolo a Napoli, della sua vita si hanno poche notizie. Si narra che San Pietro dopo aver fondato fondata la Chiesa d’Antiochia si mise in viaggio per Roma e nel mezzo incontrò una vecchietta di nome Santa Candida La Vecchia la quale promise di adorare il signore se fosse guarita dal suo male.

Pietro invocando la forza del Signore Dio pregò per la donna che guarì in breve tempo, ella, grazie al prodigiosa guarigione decise di presentare a San Pietro Aspreno un suo amico malato per poter ricevere la medesima grazia. Così Pietro riuscì a guarire anche Asperno decidendo poi di battezzarlo.

A guarigione avvenuta Aspreno si convertì e quando Pietro dovette lasciare Napoli per Roma consacrò l’uomo vescovo poiché nel frattempo la comunità cristiana era divenuta ampia e necessitava di un pastore. Aspreno fece costruire un edificio di culto Santa Maria del Principio, dove poi sarebbe sorta la Basilica di Santa Restituta e quindi il Duomo di Napoli.

Aspreno fu il primo vescovo di Napoli e secondo il Calendario Marmoreo di Napoli, un’antica stele in cui ci sono i nomi dei vescovi di Napoli sino al IX secolo, la sua guida pastorale durò circa 23 anni. La sua vita si svolse sotto gli imperatori Traiano e Adriano. Fu particolarmente ricolmo d’amore verso i poveri e si dimostrò sempre disponibile verso qualsiasi persona al di là del ceto e della condizione sociale, il suo speciale carisma fece accrescere la comunità cristiana napoletana.

Secondo la tradizione Sant’Aspreno guariva in modo miracoloso le persone dal mal di testa e per questo è invocato contro l’emicrania.

Fu il primo patrono di Napoli, dal 1673 è venerato come secondo patrono della città.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Napoli, sant’Asprenato, primo vescovo della città.

Nome: Sant’ Aspreno di Napoli
Titolo: Vescovo
Nascita: I Secolo, Napoli
Morte: II Secolo, Napoli
Ricorrenza: 3 agosto
Tipologia: Commemorazione
Patrono di: Napoli
Protettore: dall’ emicrania, dalle emicranie

Vangelo Mt 15, 1-2. 10-14: « Non ciò che entra nella bocca rende impuro l’uomo; ciò che esce dalla bocca, questo rende impuro l’uomo!».

Vangelo Mt 15,1-2.10-14
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, alcuni farisei e alcuni scribi, venuti da Gerusalemme, si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Infatti quando prendono cibo non si lavano le mani!».
Riunita la folla, Gesù disse loro: «Ascoltate e comprendete bene! Non ciò che entra nella bocca rende impuro l’uomo; ciò che esce dalla bocca, questo rende impuro l’uomo!».
Allora i discepoli si avvicinarono per dirgli: «Sai che i farisei, a sentire questa parola, si sono scandalizzati?».
Ed egli rispose: «Ogni pianta, che non è stata piantata dal Padre mio celeste, verrà sradicata. Lasciateli stare! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!».

Oggi conserviamo nel nostro cuore queste parole del Vangelo:
«Ogni pianta, che non è stata piantata dal Padre mio celeste, verrà sradicata».

Maria Valtorta: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’

   Cap. CCC. Con scribi e farisei nella casa di Daniele, il risuscitato di Naim.

   12 Ottobre 1945

 1 La città di Naim è in festa. Essa ospita Gesù. Per la prima volta dopo il miracolo del giovane Daniele risuscitato da morte. (Vedi Vol 3 Cap 189)
   Preceduto e seguito da un buon numero di persone, Gesù traversa, benedicendo, la città. A quelli di Naim si sono unite persone di altri luoghi, provenienti da Cafarnao, dove erano andati a cercarlo e da dove erano stati mandati a Cana e da qui a Naim. Ho l’impressione che, ora che ha molti discepoli, Gesù abbia costituito come una rete di informazioni, di modo che i pellegrini che lo cercano lo possano trovare nonostante il suo continuo spostarsi, sebbene di poche miglia al giorno, quanto lo consente la stagione e la brevità delle giornate. E fra questi, che sono venuti a cercarlo da altrove, non mancano ferisei e scribi, in apparenza ossequienti…

 2 Gesù è ospite in casa del giovane resuscitato. Nella stessa sono convenuti i notabili del paese. E la madre di Daniele, vedendo gli scribi e i farisei – sette come i peccati capitali – tutta umile li invita, scusandosi di non poter offrire loro più degna dimora.
   «C’è il Maestro, c’è il Maestro, donna. Ciò da valore anche a una spelonca. Ma la casa è ben più di una spelonca, e noi vi entriamo dicendo: “Pace a te e alla tua casa” ».
   Infatti la donna, pur non essendo certo una ricca, si è fatta in quattro per onorare Gesù. Certo sono entrate in lizza tutte le ricchezze di Naim, messe cooperativamente in moto per addobbare casa e mensa. E le rispettive proprietarie occhieggiano, da tutti i punti possibili, la comitiva che passa per il corridoio di ingresso diretta a due stanze prospicienti, nelle quali la padrona di casa ha approntato le tavole. Forse hanno chiesto questo solo, per il prestito delle stoviglie e sedili, e per la loro prestazione d’opera ai fornelli: questo di vedere da vicino il Maestro e respirare dove Egli respira. Ed ora si affacciano qua e là, rosse, infarinate, incenerate, o con le mani sgocciolanti, a seconda delle loro incombenze culinarie; sbirciano, si prendono il loro scapolino di sguardo divino, la loro briciolina di voce divina, devono la dolce benedizione e la dolce figura con lo sguardo e l’udito, e tornano ancor più rosse ai loro fornelli, madie e acquai: felici.
    Felicissima, poi, quella che la padrona di casa offre i bacili delle abluzioni agli ospiti di riguardo. È una giovanetta bruna nei capelli e negli occhi, ma dal colorito soffuso di rosa. E ancor più rosa diventa quando la padrona di casa avverte Gesù che essa è la sposa di suo figlio e presto verranno compiute le nozze.
   «Abbiamo atteso la tua venuta a compirle, perché tutta la casa fosse santificata da Te. Ma ora benedici lei pure, acciò sia buona moglie in questa casa ».
   Gesù la guarda e, poiché la sposina si curva, le impone le mani dicendo: «Rifioriscano in te le virtù di Sara, Rebecca (sposa di Isacco e madre di Esaù – Gn 24; 24,19-28) e Rachele, e da te si generino dei veri figli di Dio, per la sua gloria e per la letizia di questa dimora».
   Ormai Gesù e i notabili sono tutti purificati ed entrano nella stanza del convito con il giovane padrone di casa, mentre gli apostoli con altri uomini di Naim meno influenti entrano nella stanza di fronte. E il convito ha luogo».

 3 Capisco dai discorsi che, prima che avesse inizio la visione, Gesù aveva predicato e guarito in Naim. Ma i farisei e scribi poco si soffermano su questo, mentre tempestano di domande quelli di Naim per sapere particolari sulla malattia di cui era morto Daniele, e quante ore erano intercorse dalla morte alla risurrezione, e se era stato completamente imbalsamato, ecc. ecc. 
Gesù si astrae da tutte queste indagini parlando col risuscitato, che sta benone e che mangia con un formidabile appetito.
   Ma un fariseo chiama Gesù per chiedergli se Egli era al corrente della malattia di Daniele.
   «Venivo da Endor per puro caso, avendo voluto accontentare Giuda di Keriot come avevo accontentato Giovanni di Zebedeo. Non sapevo neppure di avere a passare per Naim quando avevo iniziato il cammino per il pellegrinaggio pasquale», risponde Gesù.
   «Ah! Non eri andato apposta a Endor? », chiede stupito uno scriba.
   «No, non ne avevo la minima volontà di andarvi, allora».
   «E come mai allora vi andasti? ».
   «L’ho detto, perché Giuda di Simone voleva andarvi».
   «E perché questo capriccio? ».
   «Per vedere la grotta della maga».
   «Forse tu ne avevi parlato…».
   «Mai! Non ne avevo motivo».
   «Voglio dire… forse hai spiegato con quello episodio altri sortilegi, per iniziare i tuoi discepoli a…». (Vedi Vol 3 Cap 188)
   «A che? Per iniziare alla santità non c’è bisogno di pellegrinaggi. Una cella o una landa deserta, un picco montuoso o una casa solitaria, servono ugualmente. Basta che chi insegna sia autorità e santità, e che chi ascolta volontà di santificarsi. Io insegno questo e non altro».
   «Ma i miracoli che ora essi, i discepoli, fanno, che sono se non prodigi e…».
   «E volere di Dio. Questo solo. E più santi diverranno e più ne faranno. Con l’orazione, il sacrificio e la loro ubbidienza a Dio. Non con altro».
   «Ne sei sicuro? », chiede uno scriba tenendosi il mento nella mano e sbirciando di sotto in su Gesù. E il suo tono è discretamente ironico e anche compassionevole.
   «Io queste armi ho dato loro e queste dottrine. Se poi fra essi, e sono tanti, ve ne sarà alcuno che si corrompe con indegne pratiche, per superbia o altro, non da Me sarà venuto il consiglio. Io posso pregare per vedere di redimere il colpevole. Posso impormi dure penitenze espiatorie per ottenere che Dio lo aiuti particolarmente con lumi della sua sapienza e vedere l’errore. Posso gettarmi ai suoi piedi per supplicarlo, con tutto il mio amore di fratello, Maestro e amico, di lasciare la colpa. Né penserei di avvilirmi a far ciò, perché il prezzo di un’anima è tale che merita subire ogni umiliazione per ottenere quest’anima. Ma di più non posso fare. E, se ciononostante la colpa durerà, pianto e sangue gemeranno occhi e cuore del tradito e incompreso Maestro e amico». Che dolcezza e che tristezza nella voce e nell’aspetto di Gesù.
   Scribi e farisei si guardano fra di loro. Tutto un gioco di sguardi. Ma non dicono altro in merito.

 4 Interrogano invece il giovane Daniele. Si ricorda cosa è la morte? Che provò tornando alla vita? E che vide nello spazio fra morte e vita?
   «Io so che ero malato mortalmente e patii l’agonia. Oh! Tremenda cosa! Non mi ci fate pensare!… Eppure verrà il giorno in cui la dovrò risoffrire! Oh Maestro!… ». Lo guarda terrorizzato, sbianchendo al pensiero di dovere morire di nuovo.
   Gesù lo conforta dolcemente dicendo: «La morte è di per sé espiazione. Tu morendo due volte, sarai
completamente mondo da macchie e gioirai subito del Cielo. Però questo pensiero ti faccia vivere da santo, onde solo involontarie e veniali colpe  siano in te ».
   Ma i farisei tornano all’attacco: «Ma cosa provasti tornando alla vita? ».
   «Nulla. Mi sono trovato vivo e sano come mi fossi svegliato da un lungo sonno pesante ».
   «Ma ti ricordavi di essere morto? ».
   «Mi ricordavo che ero stato molto malato, fino all’agonia e basta ».
   «E che ricordi dell’altro mondo? ».
   «Niente. Non c’è niente. Un buco nero, uno spazio vuoto nella mia vita… Nulla ».
   «Allora per te non c’è il Limbo, il Purgatorio, l’Inferno? ».
   «Chi dice che non ci sono? Certo che ci sono! Ma io non li ricordo ».
   «Ma sei sicuro di essere stato morto? ».
   Scattano tutti quelli di Naim: «Se era morto? E che volete di più? Quando lo ponemmo sulla bara era già in procinto di puzzare. E poi! Con tutti quei balsami e quelle bende sarebbe morto anche un gigante».
   «Ma tu non ti ricordi di esser morto? ».
   «Vi ho detto di no ». Il giovane si impazienta e aggiunge: «Ma cosa volete stabilire con questi lugubri discorsi? Che tutto un paese facesse mostra di avere me morto, mia madre compresa, la mia sposa compresa, che era a letto morente di dolore, io compreso, legato, imbalsamato, mentre non era vero? Che dite? Che a Naim si fosse tutti bambini o ebeti in voglia di scherzare? Mia madre è divenuta bianca in poche ore. La sposa mia dovette essere curata perché dolore e gioia l’avevano resa come folle. E voi dubitate? E perché avremmo fatto questo? ».
   «Perché? È vero! Perché lo avremmo fatto? », dicono quelli di Naim.

 5 Gesù non parla. Giocherella colla tovaglia come fosse assente. I farisei non sanno che dire… Ma Gesù apre la bocca all’improvviso, quando la conversazione e l’argomento parevano finiti, e dice: «Il perché è questo. Essi (e accenna farisei e scribi) vogliono stabilire che il tuo risorgere non fu che un ben congegnato gioco per accrescere la mia stima presso le folle. Io ideatore, voi complici nel tradire Dio e prossimo. No. Io lascio le ciurmerie agli indegni. Non ho bisogno di stregonecci, né di stratagemmi, né di giochetti o di complicità per essere ciò che sono. Perché volete negare a Dio il potere di restituire l’anima ad una carne? Se Egli la dà, quando la carne si forma, e crea le anime di volta in volta, non potrà renderla quando l’anima, tornando alla carne per preghiera del suo Messia, può essere fomite di venuta alla Verità di molte turbe? Potete negare a Dio il potere del miracolo? Perché lo volete negare? ».
   «Sei Tu Dio? ».
   «Io sono chi sono. I miei miracoli e la mia dottrina dicono chi Io sia».
   «Ma allora perché costui non ricorda, mentre gli spiriti evocati sanno dire cosa è l’al di là? ».
   «Perché quest’anima parla la verità, già santificata come è dalla penitenza di una prima morte, mentre ciò che parla sulle labbra dei negromanti non è verità ».
   «Ma Samuele… ».
   «Ma Samuele venne per ordine di Dio, non della maga, a portare al fedifrago della Legge il verdetto del Signore che non si irride nei suoi comandi ».

 6 «E allora perché i tuoi discepoli lo fanno? ».
   La voce arrogante di un fariseo, che punto sul vivo alza il tono della stessa, richiama l’attenzione degli apostoli che sono nella stanza di fronte, separati da un corridoio largo poco più di un metro, non isolati da porte o tende pesanti. Sentendosi chiamati in causa, si alzano e vengono senza far rumore nel corridoio, in ascolto.
   «In che lo fanno? Spiegati, e se la tua accusa è vera Io li avviserò di non fare più cosa contraria alla legge ».
   «In cosa lo so io, e con me molti altri. Ma Tu che risusciti i morti e ti dici più che profeta, scoprila da Te. Noi non te la diremo certo. Hai occhi, del resto, per vedere anche molte altre cose,  fatte quando non si devono fare, o non fatte quando si devono fare, commesse dai tuoi discepoli. E tu non te ne curi ».     
   «Vogliate indicarmene alcune ».
   «Perché i tuoi discepoli trasgrediscono le tradizioni degli antichi? Oggi li abbiamo osservati. Anche oggi! Non più tardi di un’ora fa! Essi sono entrati nella loro sala per mangiare e non si sono purificate, avanti, le mani! ». Se i farisei avessero detto: «e prima hanno sgozzato dei cittadini », non avrebbero avuto un tono simile di profondo orrore.

 7 «Li avete osservati, si. Ci sono tante cose da vedere. E belle, e buone. Cose che fanno benedire il Signore di averci dato la vita perché avessimo modo di vederle e perché ha creato o permesso quelle cose. Eppure voi non le osservate. E con voi molti altri. Ma perdete tempo e pace coll’inseguire le cose non buone.
   Sembrate sciacalli, meglio, iene correnti sulla scia di un fetore, trascurando le ondate di profumi che vengono nel vento da giardini pieni di aromi. Le iene non amano gigli e rose, gelsomini e canfore, cinnamomi e garofani. Per loro sono sgradevoli odori. Ma il lezzo di un corpo putrefacente in fondo ad un burrone, o su una carraia, sepolto sotto i rovi dove l’ha gettato l’assassino, o gettato dalla tempesta sulla spiaggia deserta, gonfio, violaceo, crepato, orrendo, oh! quello è profumo gradevole alle iene! E fiutano il vento della sera, che condensa e trasporta con sé tutti gli odori che il sole ha distillato dalle cose che ha scaldato, per sentire questo vago, invitante odore, e scopertolo, e afferratane la direzione, eccole partire di corsa, col muso all’aria, i denti già scoperti nel fremito delle mascelle simile ad un isterico riso, per andare la dove è putrefazione. E, sia cadavere d’uomo o di quadrupede, o biscia spezzata dal contadino, o di faina uccisa dalla massaia, fosse anche un semplice topo, oh! ecco che piace, piace, piace! E in quel fetore ribollente si affondano le zanne, e si pasteggia, e ci si lecca le labbra…
   Degli uomini si santificano giorno per giorno? Non è cosa che interessi! Ma se uno solo fa del male, o più d’uno lasciano, non un comando divino, ma una pratica umana – chiamatela pure tradizione, precetto, come volete, è sempre cosa umana – ecco che allora si va, si nota. Si va anche dietro a un sospetto… tanto per godere, vedendo che il sospetto è realtà.

 8 Ma allora, rispondete, rispondete voi che siete venuti non per amore, non per fede, non per onestà, ma per malvagio scopo, rispondete: perché voi trasgredite il comando di Dio per una vostra tradizione? Non vorrete già dirmi che una tradizione è da più di un comandamento? Eppure Dio ha detto: ”Onora il padre e la madre, e chi maledirà il padre e la madre è reo di morte”! (Es 20,12;21,17; Lv 20,9; Dt 5,16) E voi invece dite: “Chiunque abbia detto al padre e alla madre: ‘Quello che dovresti avere da me è corban’, non è più obbligato ad usarlo per padre e per madre”. Dunque voi con la vostra tradizione avete annullato il comando di Dio.
   Ipocriti! Ben disse di voi Isaia profetando: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da Me, perciò mi onorano invano insegnando dottrine e comandamenti d’uomo”. (Is 29,13)
   Voi, mentre trascurate i precetti di Dio, state alle tradizioni degli uomini, alle lavature di anfore e calici, di piatti e di mani e simili altre cose. Mentre giustificate l’ingratitudine e l’avarizia di un figlio coll’offrirgli la scappatoia dell’offerta di sacrificio per non dare un pane a chi lo ha generato ed ha bisogno di aiuto, ed egli ha l’obbligo di onorarlo perché egli è genitore, avete scandalo perché uno non si lava le mani. Voi alterate e violate la parola di Dio per ubbidire a parole da voi fatte e da voi elevate a precetto. Voi vi proclamate perciò più giusti di Dio. Voi vi arrogate diritto di legislatori mentre Dio solo è Legislatore nel suo popolo. Voi… ».
   E continuerebbe, ma il gruppo nemico esce, sotto la grandine delle accuse, urtando gli apostoli e quanti erano nella casa, ospiti o aiutanti della padrona, e che si erano accolti nel corridoio, attirati dallo squillo della voce di Gesù.

 9 Gesù, che si era alzato in piedi, si torna a sedere, facendo segno ai presenti di entrare tutti dove Egli è, e dice loro: «Ascoltatemi tutti e intendete questa verità. Non vi è nulla fuori dell’uomo che entrando in esso possa contaminarlo. Ma quello che esce dall’uomo, questo è quello che contamina. Chi ha orecchie da intendere intenda e usi ragione per comprendere e volontà per attuare. E ora andiamo. Voi di Naim perseverate nel bene e sia sempre con voi la mia pace ».
   Si alza, saluta in particolare i padroni di casa e si avvia per il corridoio.
   Ma vede le donne amiche, che raccolte in un angolo lo guardano incantate, e va diretto da loro dicendo: «Pace a voi pure. Vi compensi il cielo per avermi sovvenuto con un amore che non mi ha fatto rimpiangere la tavola materna. Ho sentito il vostro amore di madri in ogni mica di pane, in ogni intingolo o arrosto, nel dolce del miele, nel vino fresco e profumato. Vogliatemi sempre bene così, buone donne di Naim. E un’altra volta non fate tanta fatica per Me. Basta un pane e un pugno di olive condito col vostro sorriso materno e il vostro sguardo onesto e buono. Siate felici nelle vostre case, perché la riconoscenza del Perseguitato è su di voi ed Egli parte consolato dal vostro amore ».
   Le donne, beate e pure piangenti, sono tutte in ginocchio, ed Egli, nel passare, le sfiora una per una sui capelli bianchi o neri, come a benedirle. E poi esce e riprende il cammino…
   Le prime ombre della sera calano nascondendo il pallore di Gesù amareggiato da troppe cose. 

Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, noi ci affidiamo a Te!