San Turibio de Mogrovejo prega per noi – 23 marzo

Benedetto XIV lo paragonò a san Carlo Borromeo e lo definì «instancabile messaggero d’amore». Eppure Turibio, nacque in Spagna nel 1538, e nel 1579 era ancora un laico. Filippo II, tuttavia, sapeva che nel nuovo mondo gli Indios erano spesso sfruttati fino a morte e volle un cambiamento. Inizialmente Turibio resistette ma poi accettò e venne nominato arcivescovo di Lima.

Coscienziosamente, prima di partire, studiò accuratamente i problemi da affrontare. La realtà che gli si presentò nel 1581 era drammatica: la popolazione autoctona era ridotta in condizioni di impoverimento materiale, culturale e umano, mentre i discendenti dei primi conquistatori erano gelosi dei loro privilegi.

Turibio, tuttavia, aveva il temperamento del grande riformatore. Anzitutto nutriva grande amore e rispetto per gli indios. Per questo studiò la loro lingua, il quéchua, e impose ai sacerdoti in cura d’anime di studiarla. Convocò, poi, un concilio generale per l’America Latina a Lima, due concili provinciali e dodici sinodi diocesani. Queste riunioni gli servivano per riformare l’amministrazione e i costumi, favorire e coordinare lo scambio di esperienze missionarie e pastorali. L’arcivescovo poi fu quasi sempre in visita nella sua vastissima diocesi.

Fondò il seminario di Lima, fece pubblicare un catechismo in lingua quéchua e raccomandò ai parroci di preoccuparsi perché le case degli indios avessero tavole per mangiare e letti per dormire. Turibio scrisse anche un “Libro de las visitas” che rivelava una mente pianificatrice di ampie vedute. Perfino le note più brevi testimoniano l’ardente amore del padre per i figli.

Sfinito dai viaggi e dagli altri impegni del governo pastorale Turibio morì nel 1606.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Lima, nel Perù, san Turibio Vescovo, per la cui virtù si propagò in América la fede e la disciplina ecclesiastica.

Nome: San Turibio de Mogrovejo
Titolo: Vescovo
Nascita: 16 novembre 1538, Spagna
Morte: 23 marzo 1606, Lima, Perù
Ricorrenza: 23 marzo
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Patrono di: Cannalonga

Vangelo Mt 5, 17-19: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti».

Vangelo Novus Ordo Mt 5, 17-19
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Oggi conserviamo nel nostro cuore queste parole del Vangelo:
« Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Maria Valtorta: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’
Paralleli Novus ordo

   Cap. CLXXI. Terzo discorso della Montagna: i consigli evangelici che perfezionano la Legge.

  25 maggio 1945

 1 Continua il discorso del Monte.
   Il luogo e l’ora sono sempre gli stessi. La gente è ancora più aumentata. In un angolo, presso un sentiero, come volesse udire ma non eccitare ripugnanze fra la folla, è un romano. Lo distinguo per la veste corta e il mantello diverso. Ancora vi sono Stefano ed Erma.
   E Gesù va lentamente al suo posto e riprende a parlare. 
   «Con quanto vi ho detto ieri non dovete giungere al pensiero che Io sia venuto per abolire la Legge. No. Solo, poiché sono l’Uomo e comprendo le debolezze dell’uomo, Io ho voluto rincuorarvi a seguirla col dirigere il vostro occhio spirituale non all’abisso nero, ma all’Abisso luminoso. Perché, se la paura di un castigo può trattenere tre volte su dieci, la certezza di un premio slancia sette volte su dieci. Perciò più che la paura fa la fiducia. Ed Io voglio che voi l’abbiate piena, sicura, per potere fare non sette parti di bene su dieci, ma dieci parti su dieci e conquistare questo premio santissimo del Cielo.
   Io non muto un iota della Legge. E chi l’ha data fra i fulmini del Sinai? L’Altissimo.
   Chi è l’Altissimo? Il Dio uno e trino.
   Da dove l’ha tratta? Dal suo Pensiero.
   Come l’ha data? Con la sua Parola.
   Perché l’ha data? Per il suo Amore.
   Vedete dunque che la Trinità era presente. Ed il Verbo, ubbidiente come sempre al Pensiero e all’Amore, parlò per il Pensiero e per l’Amore.
   Potrei smentire Me stesso? Non potrei. Ma posso, poiché tutto Io posso, completare la Legge, farla divinamente completa, non quale la fecero gli uomini che durante i secoli non la fecero completa ma soltanto indecifrabile, inadempibile, sovrapponendo leggi e precetti, e precetti e leggi, tratti dal loro pensiero, secondo il loro utile, e gettando tutta questa macia a lapidare e soffocare, a sotterrare e sterilire la Legge santissima data da Dio. Può una pianta sopravvivere se la sommergono per sempre valanghe, macerie e innondazioni? No. La pianta muore. La Legge è morta in molti cuori, soffocata sotto le valanghe di troppe soprastrutture. Io sono venuto a levarle tutte e, disseppellita la Legge, risuscitata la Legge, ecco che Io la faccio non più legge ma regina.

 2 Le regine promulgano le leggi. Le leggi sono opera delle regine, ma non sono da più delle regine. Io invece faccio della Legge la regina: la completo, l’incorono, mettendo sul suo sommo il serto dei consigli evangelici. Prima era l’ordine. Ora è più dell’ordine. Prima era il necessario. Ora è più del necessario. Ora è la perfezione. Chi la disposa, così come Io ve la dono, all’istante è re perché ha raggiunto il “perfetto”, perché non è stato soltanto ubbidiente ma eroico, ossia santo, essendo la santità la somma delle virtù portate al vertice più alto che possa esser raggiunto da creatura, eroicamente amate e servite col distacco completo da tutto quanto è appetito e riflessione umana verso qual che sia cosa. Potrei dire che il santo è colui al quale l’amore e il desiderio fanno da ostacolo ad ogni altra vista che Dio non sia. Non distratto da viste inferiori, egli ha le pupille del cuore ferme nello Splendore Ss. che è Dio e nel quale vede, poiché tutto è in Dio, agitarsi i fratelli e tendere le mani supplici. E senza staccare gli occhi da Dio, il santo si effonde ai fratelli supplicanti. Contro la carne, contro le ricchezze, contro le comodità, egli drizza il suo ideale: servire. Povero il santo? Menomato? No. E’ giunto a possedere la sapienza e la ricchezza vere. Possiede perciò tutto. Né sente fatica perché, se è vero che è un produttore continuo, è pur anche vero che è un nutrito di continuo. Perché, se è vero che comprende il dolore del mondo, è anche vero che si pasce della letizia del Cielo. Di Dio si nutre, in Dio si allieta. È la creatura che ha compreso il senso della vita.
   Come vedete, Io non muto e non mutilo la Legge, come non la corrompo con le sovrapposizioni di fermentanti teorie umane. Ma la completo. Essa è quello che è, e tale sarà fino all’estremo giorno, senza che se ne muti una parola o se ne levi un precetto. Ma è incoronata del perfetto. Per avere salute basta accettarla così come fu data. Per avere immediata unità con Dio occorre viverla come Io la consiglio. Ma poiché gli eroi sono l’eccezione, Io parlerò per le anime comuni, per la massa delle anime, acciò non si dica che per volere il perfetto rendo ignoto il necessario. Però di quanto dico ritenete bene questo: colui che si permette di violare uno fra i minimi di questi comandamenti sarà tenuto minimo nel Regno dei Cieli. E colui che indurrà altri a violarli sarà ritenuto minimo per lui e per colui che egli indusse alla violazione. Mentre colui che con la vita e le opere, più ancora che con la parola, avrà persuaso altri all’ubbidienza, costui grande sarà nel Regno dei Cieli, e la sua grandezza si aumenterà per ognuno di quelli che egli avrà portato ad ubbidire e a santificarsi così. 

 3 Io so che ciò che sto per dire sarà agro alla lingua di molti. Ma Io non posso mentire anche se la verità che sto per dire mi farà dei nemici.
   In verità vi dico che se la vostra giustizia non si ricreerà, distaccandosi completamente dalla povera e ingiustamente definita giustizia che vi hanno insegnata scribi e farisei; che se non sarete molto più, e veramente, giusti dei farisei e scribi, che credono esserlo con l’aumentare delle formule ma senza mutazione sostanziale degli spiriti, voi non entrerete nel Regno dei Cieli.
   Guardatevi dai falsi profeti e dai dottori d’errore. Essi vengono a voi in veste d’agnelli e lupi rapaci sono, vengono in veste di santità e sono derisori di Dio, dicono di amare la verità e si pascono di menzogne. Studiateli prima di seguirli.
   L’uomo ha la lingua e con questa parla, ha gli occhi e con questi guarda, ha le mani e con esse accenna. Ma ha un’altra cosa che testimonia con più verità del suo vero essere: ha i suoi atti. E che volete che sia un paio di mani congiunte in preghiera se poi l’uomo è ladro e fornicatore? E che due occhi che volendo fare gli ispirati si stravolgono in ogni senso, se poi, cessata l’ora della commedia, si sanno fissare ben avidi sulla femmina, o sul nemico, per lussuria o per omicidio? E che volete che sia la lingua che sa zufolare la bugiarda canzone delle lodi e sedurvi con i suoi detti melati, mentre poi alle vostre spalle vi calunnia ed è capace di spergiurare pur di farvi passare per gente spregevole? Che è la lingua che fa lunghe orazioni ipocrite e poi veloce uccide la stima del prossimo o seduce la sua buona fede? Schifo è! Schifo sono gli occhi e le mani menzognere.
   Ma gli atti dell’uomo, i veri atti, ossia il suo modo di comportarsi in famiglia, nel commercio, verso il prossimo ed i servi, ecco quello che testimoniano: “Costui è un servo del Signore”. Perché le azioni sante sono frutto di una vera religione. Un albero buono non dà frutti malvagi e un albero malvagio non dà frutti buoni. Questi pungenti roveti potranno mai darvi uva saporita? E quegli ancora più tribolanti cardi potranno mai maturarvi morbidi fichi? No, che in verità poche e aspre more coglierete dai primi e immangiabili frutti verranno da quei fiori, spinosi già pur essendo ancora fiori. L’uomo che non è giusto potrà incutere rispetto con l’aspetto, ma con quello solo. Anche quel piumoso cardo sembra un fiocco di sottili fili argentei che la rugiada ha decorato di diamanti. Ma se inavvertitamente lo toccate, vedete che fiocco non è, ma mazzo di aculei, penosi all’uomo, nocivi alle pecore, per cui i pastori lo sterpano dai loro pascoli e lo gettano a perire nel fuoco acceso nella notte perché neppure il seme si salvi. Giusta e previdente misura. Io non vi dico: “Uccidete i falsi profeti e gli ipocriti fedeli”. Anzi vi dico: “Lasciatene a Dio il compito”. Ma vi dico: “Fate attenzione, scostatevene per non intossicarvi dei loro succhi”.

 4 Come debba essere amato Dio, ieri l’ho detto. Insisto a come debba essere amato il prossimo.
   Un tempo era detto: “Amerai il tuo amico e odierai il tuo nemico” No. Non così. Questo è buono per i tempi in cui l’uomo non aveva il conforto del sorriso di Dio. Ma ora vengono i tempi nuovi, quelli in cui Dio tanto ama l’uomo da mandargli il suo Verbo per redimerlo. Ora il Verbo parla. Ed è già Grazia che si effonde. Poi il Verbo consumerà il sacrificio di pace e di redenzione e la Grazia non solo sarà effusa, ma sarà data ad ogni spirito credente nel Cristo. Perciò occorre innalzare l’amore di prossimo a perfezione che unifica l’amico al nemico.
   Siete calunniati? Amate e perdonate. Siete percossi? Amate e porgete l’altra guancia a chi vi schiaffeggia pensando che è meglio che l’ira si sfoghi su voi, che la sapete sopportare, anziché su un altro che si vendicherebbe dell’affronto. Siete derubati? Non pensate: “Questo mio prossimo è un avido”, ma pensate caritativamente: “Questo mio povero fratello è bisognoso” e dategli anche la tunica se già vi ha levato il mantello. Lo metterete nella impossibilità di fare un doppio furto perché non avrà più bisogno di derubare un altro della tunica.
   Voi dite: “Ma potrebbe essere vizio e non bisogno”. Ebbene, date ugualmente. Dio ve ne compenserà e l’iniquo ne sconterà. Ma molte volte, e ciò richiama quanto ho detto ieri sulla mansuetudine, vedendosi così trattato, cade dal cuore del peccatore il suo vizio, ed egli si redime giungendo a riparare il furto col rendere la preda.
   Siate generosi con coloro che, più onesti, vi chiedono, anziché derubarvi, ciò di cui abbisognano. Se i ricchi fossero realmente poveri di spirito come ho insegnato ieri, non vi sarebbero le penose disuguaglianze sociali, cause di tante sventure umane e sovrumane. Pensate sempre: “Ma se io fossi nel bisogno, che effetto mi farebbe la ripulsa di un aiuto?”, e in base alla risposta del vostro io agite. Fate agli altri ciò che vorreste vi fosse fatto e non fate agli altri ciò che non vorreste fatto a voi.
   L’antica parola: “Occhio per occhio, dente per dente”, che non è nei dieci comandi ma che è stata messa perché l’uomo privo della Grazia è tal belva che non può che comprendere la vendetta, è annullata, questa sì che è annullata, dalla nuova parola: “Ama chi ti odia, prega per chi ti perseguita, giustifica chi ti calunnia, benedici chi ti maledice, benefica chi ti fa danno, sii pacifico col rissoso, condiscendente con chi ti è molesto, soccorri di buon grado chi a te ricorre e non fare usura, non criticare, non giudicare”. Voi non sapete gli estremi delle azioni degli uomini. In tutti i generi di soccorso siate generosi, misericordiosi siate. Più darete più vi sarà dato, e una misura colma e premuta sarà versata da Dio in grembo a chi fu generoso. Dio non solo vi darà per quanto avete dato, ma più e più ancora. Cercate di amare e di farvi amare. Le liti costano più di un accomodamento amichevole e la buona grazia è come un miele che a lungo resta col suo sapore sulla lingua.

 5 Amate, amate! Amate amici e nemici per essere simili al Padre vostro che fa piovere sui buoni e sui cattivi e fa scendere il sole sui giusti e sugli ingiusti riservandosi di dare sole e rugiade eterne, e fuoco e grandine infernali, quando i buoni saranno scelti, come elette spighe, fra i covoni del raccolto. Non basta amare coloro che vi amano e dai quali sperate un contraccambio. Questo non è un merito, è una gioia, e anche gli uomini naturalmente onesti lo sanno fare. Anche i pubblicani lo fanno e anche i gentili. Ma voi amate a somiglianza di Dio e amate per rispetto a Dio, che è Creatore anche di quelli che vi sono nemici o poco amabili. Io voglio in voi la perfezione dell’amore e perciò vi dico: “Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro che è nei Cieli.
   Tanto è grande il precetto d’amore verso il prossimo, il perfezionamento del precetto d’amore verso il prossimo, che Io più non vi dico come era detto: “Non uccidete”, perché colui che uccide sarà condannato dagli uomini. Ma vi dico: “Non vi adirate” perché un più alto giudizio è su voi e calcola anche le azioni immateriali. Chi avrà insultato il fratello sarà condannato dal Sinedrio. Ma chi lo avrà trattato da pazzo, e perciò danneggiato, sarà condannato da Dio. Inutile fare offerte all’altare se prima non si è sacrificato nell’interno del cuore i propri rancori per amore di Dio e non si è compito il rito santissimo del saper perdonare. Perciò se quando stai per offrire a Dio tu ti sovvieni di avere mancato verso il tuo fratello o di avere in te rancore per una sua colpa, lascia la tua offerta davanti all’altare, fa’ prima l’immolazione del tuo amor proprio, riconciliandoti col tuo fratello, e poi vieni all’altare, e santo sarà allora, solo allora, il tuo sacrificio. Il buon accordo è sempre il migliore degli affari. Precario è il giudizio dell’uomo, e chi ostinato lo sfida potrebbe perdere la causa e dovere pagare all’avversario fino all’ultima moneta o languire in prigione. Alzate in tutte le cose lo sguardo a Dio. Interrogatevi dicendo: “Ho io il diritto di fare ciò che Dio non fa con me?”. Perché Dio non è così inesorabile e ostinato come voi siete. Guai a voi se lo fosse! Non uno si salverebbe. Questa riflessione vi induca a sentimenti miti, umili, pietosi. E allora non vi mancherà da parte di Dio, qui e oltre, la ricompensa.

 6 Qui, a Me davanti, è anche uno che mi odia e che non osa dirmi: “Guariscimi”, perché sa che Io so i suoi pensieri. Ma Io dico: “Sia fatto ciò che tu vuoi. E come ti cadono le scaglie dagli occhi così ti cadano dal cuore il rancore e le tenebre”.
   Andate tutti con la mia pace. Domani ancora vi parlerò». 
   La gente sfolla lentamente, forse in attesa di un grido di miracolo che non viene. Anche gli apostoli e i discepoli più antichi, che restano sul monte, chiedono: «Ma chi era? Non è guarito forse?» e insistono presso il Maestro che è rimasto in piedi, a braccia conserte, a veder scendere la gente. 
Ma Gesù sulle prime non risponde; poi dice: «Gli occhi sono guariti. L’anima no. Non può perché è carica di odio». 
   «Ma chi è? Quel romano forse?». 
   «No. Un disgraziato».
   «Ma perché lo hai guarito, allora? » chiede Pietro. 
   «Dovrei fulminare tutti i suoi simili?». 
   «Signore… io so che Tu non vuoi che dica: “sì “, e perciò non lo dico.. – ma lo penso.. – ed è lo stesso…»   
   «E’ lo stesso, Simone di Giona. Ma sappi che allora… Oh! quanti cuori pieni di scaglie d’odio intorno a Me! Vieni. Andiamo proprio là in cima, a guardare dall’alto il nostro bel mare di Galilea. Io e te soli».

Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, Regina del Cielo e della terra,
noi ci affidiamo per sempre a Te