Sant’ Emerenziana prega per noi – 23 gennaio

Secondo un racconto di autore ignoto della passione di Sant’Agnese, Emerenziana era tra i fedeli che parteciparono ai funerali della giovane martire Agnese “Emerentiana, quae fuerat collactanea eius, virgo sanctissima, licet cathecumena”.

Un’improvvisa aggressione da parte di pagani disperse i cristiani accorsi alle esequie di Agnese. Emerenziana, invece di fuggire, apostrofò coraggiosamente gli assalitori, ma finì uccisa dai colpi di pietra; e in tal modo battezzò col suo stesso sangue i suoi assassini.

I genitori di Agnese seppellirono Emerenziana “in confinio agelli beatissimae virginis Agnes” cioè nel cimitero, a poche centinaia di metri dal luogo dove era stata deposta la loro figlia.

PRATICA. Oh Gloriosa Santa Emerenziana donaci il tuo coraggio per affrontare gli ostacoli della nostra difficile vita

PREGHIERA. Madre dei Cieli grazie di averci donato la nostra Santa Emerenziana e che ci possa guidare sempre nei momenti di difficoltà

MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma santa Emerenziàna, Vergine e Martire, la quale, ancora catecumena, mentre pregava sul sepolcro di sant’Agnèse, della quale era stata sorella di latte, fu dai pagani lapidata.

Nome: Sant’ Emerenziana
Titolo: Vergine e martire
Nascita: III Secolo, Roma
Morte: 304, Roma
Ricorrenza: 23 gennaio
Tipologia: Commemorazione
Protettrice : del mal di ventre, delle malattie degli intestini

Vangelo Lc 1, 1-4; 4, 14-21: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione ».

Vangelo Novus Ordo Lc 1, 1-4; 4, 14-21
Dal Vangelo secondo Luca

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Oggi conserviamo nel nostro cuore queste Parole del Vangelo:
«Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».


Maria Valtorta: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’

Paralleli Novus ordo

   Cap. LIX. Un indemoniato guarito nella sinagoga di Cafarnao a conclusione di una disputa.

   2 novembre 1944

 1 Vedo la sinagoga di Cafarnao. È già piena di folla in attesa. Gente sulla porta occhieggia sulla piazza ancora assolata, benché sia verso sera. 
   Finalmente un grido: «Ecco il Rabbi che viene». La gente si volta tutta verso l’uscio, i più bassi si alzano sulle punte dei piedi o cercano di spingersi avanti. Qualche disputa, qualche spintone, nonostante i rimproveri degli addetti alla sinagoga e dei maggiorenti della città.
   «La pace sia su tutti coloro che cercano la Verità». Gesù è sulla soglia e saluta benedicendo a braccia tese in avanti. La luce vivissima che è nella piazza assolata ne staglia l’alta figura, innimbandola di luce. Egli ha deposto il candido abito ed è nel suo solito azzurro cupo. Si avanza, fra la folla, che si apre e si rinserra intorno a Lui come onda intorno ad una nave.

 2 «Sono malato, guariscimi!» geme un giovane, che mi pare tisico all’aspetto, e prende Gesù per la veste.
Gesù gli pone la mano sul capo e dice: «Confida. Dio ti ascolterà. Lascia ora che Io parli al popolo, poi verrò a te».
   Il giovane lo lascia andare e si mette quieto. 
   «Che ti ha detto?» gli chiede una donna con un bambino in braccio.
   «Mi ha detto che dopo aver parlato al popolo verrà a me».
   «Ti guarisce, allora?».
   «Non so. Mi ha detto: ” Confida “. Io spero».
   «Che ha detto? Che ha detto?». La folla vuol sapere. La risposta di Gesù è ripetuta fra il popolo.
   «Allora io vado a prendere il mio bambino».
   «Ed io porto qui il mio vecchio padre».
   «Oh! se Aggeo volesse venire! Io provo… ma non verrà».

 3 Gesù ha raggiunto il suo posto. Saluta il capo della sinagoga ed è salutato da questi. È un ometto basso, grasso e vecchiotto. Per parlare a lui Gesù si china. Pare una palma che si curvi su un arbusto più largo che alto.
   «Che vuoi che ti dia?» chiede l’archisinagogo.
   «Quello che credi, oppure a caso. Lo Spirito guiderà».
   «Ma… e sarai preparato?».
   «Lo sono. Dài a caso. Ripeto: lo Spirito del Signore guiderà la scelta per il bene di questo popolo».
   L’archisinagogo stende una mano sul mucchio dei rotoli, ne prende uno, apre e si ferma a un dato punto. «Questo» dice.
   Gesù prende il rotolo e legge il punto segnato: «Giosuè: (Giosuè 7, 13) “Alzati e santifica il popolo e di’ loro: ‘Santificatevi per domani perché, dice il Signore Dio d’Israele, l’anatema è in mezzo a voi, o Israele; tu non potrai stare a fronte dei tuoi nemici fino a tanto che non sia tolto di mezzo a te chi s’è contaminato con tal delitto’ “». Si ferma, arrotola il rotolo e lo riconsegna.
   La folla è attentissima. Solo bisbiglia alcuno: «Ne udremo di belle contro i nemici!». «È il Re di Israele, il Promesso, che raccoglie il suo popolo!». 

 4 Gesù tende le braccia nella solita posa oratoria. Il silenzio si fa completo.
   «Chi è venuto per santificarvi si è alzato. È uscito dal segreto della casa dove si è preparato a questa missione. Si è purificato per darvi esempio di purificazione. Ha preso la sua posizione di fronte ai potenti del Tempio e al popolo di Dio, e ora è fra voi. Io sono. Non come, con mente annebbiata e fermento nel cuore, alcuni fra voi pensano e sperano. Più alto e più grande è il Regno di cui sono il Re futuro e a cui vi chiamo.
   Vi chiamo, o voi di Israele, prima d’ogni altro popolo, perché voi siete quelli che nei padri dei padri ebbero promessa di quest’ora e alleanza col Signore altissimo. Ma non con turbe di armati, non con ferocie di sangue sarà formato questo Regno, e ad esso non i violenti, non i prepotenti, non i superbi, gli iracondi, gli invidiosi, i lussuriosi, gli avari, ma i buoni, i miti, i continenti, i misericordiosi, gli umili, gli amorosi del prossimo e di Dio, i pazienti, avranno entrata.
   Israele! Non contro i nemici di fuori sei chiamato a combattere. Ma contro i nemici di dentro. Contro quelli che sono in ogni tuo cuore. Nel cuore dei dieci e dieci e diecimila tuoi figli. Levate l’anatema del peccato da tutti i vostri singoli cuori, se volete che domani Dio vi raduni e vi dica: “Mio popolo, a te il Regno che non sarà più sconfitto, né invaso, né insidiato da nemici”.
   Domani. Quale, questo domani? Fra un anno o fra un mese? Oh! non cercate! Non cercate, con sete malsana, di sapere ciò che è futuro con mezzo che ha sapore di colpevole stregoneria. Lasciate ai pagani lo spirito pitone. Lasciate a Dio eterno il segreto del suo tempo. Voi da domani, il domani che sorgerà dopo quest’ora di sera, e quella che verrà di notte, che sorgerà col canto del gallo, venite a purificarvi nella vera penitenza.
   Pentitevi dei vostri peccati per esser perdonati e pronti al Regno. Levate da voi l’anatema del peccato. Ognuno ha il suo. Ognuno ha quello che è contrario ai dieci comandi di salute eterna. Esaminatevi ognuno con sincerità, e troverete il punto in cui avete sbagliato. Umilmente abbiatene pentimento sincero. Vogliate pentirvi. Non a parole. Dio non si irride e non si inganna. Ma pentitevi colla volontà ferma, che vi porti a mutare vita, a rientrare nella Legge del Signore. Il Regno dei Cieli vi aspetta. Domani.
   Domani? vi chiedete. Oh! è sempre un domani sollecito l’ora di Dio, anche se viene al termine di una vita longeva come quella dei Patriarchi. L’eternità non ha per misura di tempo lo scorrere lento della clessidra. E quelle misure di tempo che voi chiamate giorni, mesi, anni, secoli, sono palpiti dello Spirito eterno che vi mantiene in vita. Ma voi eterni siete nello spirito vostro, e dovete, per lo spirito, tenere lo stesso metodo di misurazione del tempo che ha il Creatore vostro. Dire, dunque: “Domani sarà il giorno della mia morte”. Anzi, non morte per il fedele. Ma riposo di attesa, in attesa del Messia che apra le porte dei Cieli.
   E in verità vi dico che fra i presenti solo ventisette morranno dovendo attendere. Gli altri saranno già giudicati prima della morte, e la morte sarà il passaggio a Dio o a Mammona senza indugio, perché il Messia è venuto, è fra voi e vi chiama per darvi la Buona Novella, per istruirvi alla Verità, per salvarvi al Cielo.
   Fate penitenza! Il “domani” del Regno dei Cieli è imminente. Vi trovi mondi per divenire possessori dell’eterno giorno.
   La pace sia con voi».

 5 Si alza a contraddirlo un barbuto e impaludato israelita. Dice: «Maestro, quanto Tu dici mi pare in contrasto con quanto è detto nel libro secondo dei Maccabei, gloria d’Israele. Là è detto: (2 Maccabei 6, 13-14) “È infatti segno di grande benevolenza il non permettere ai peccatori di andare dietro per lungo tempo ai loro capricci, ma di dare subito mano al castigo. Il Signore non fa come con le altre nazioni, che le aspetta con pazienza per punirle, venuto il giorno del giudizio, quando è colma la misura dei peccati”. Tu invece parli come se l’Altissimo potesse esser molto lento nel punirci, attendendoci, come gli altri popoli, al tempo del Giudizio, quando sarà colma la misura dei peccati. Veramente i fatti ti smentiscono. Israele è punito come dice lo storico dei Maccabei. Ma, se fosse come Tu dici, non vi è dissapore fra la tua dottrina e quella chiusa nella frase che ti ho detto?».
   «Chi sei, Io non so. Ma, chiunque tu sia, ti rispondo. Non c’è dissapore nella dottrina, ma nel modo di interpretare le parole. Tu le interpreti secondo il modo umano. Io secondo quello dello spirito. Tu, rappresentante della maggioranza, vedi tutto con riferimenti al presente e al caduco. Io, rappresentante di Dio, tutto spiego e applico all’eterno e al soprannaturale. Vi ha colpiti, sì, Geavè nel presente, nella superbia e nella giustizia d’esser un ” popolo “, secondo la terra. Ma come vi ha amati e come vi usa pazienza, più che con ogni altro, concedendo a voi il Salvatore, il suo Messia, perché lo ascoltiate e vi salviate prima dell’ora dell’ira divina! Non vuole più che voi siate peccatori. Ma se nel caduco vi ha colpiti, vedendo che la ferita non sana, ma anzi ottunde sempre più il vostro spirito, ecco che vi manda non punizione ma salvezza. Vi manda Colui che vi sana e vi salva. Io che vi parlo».

 6 «Non trovi di essere audace nel professarti rappresentante di Dio? Nessuno dei Profeti osò tanto, e Tu… Chi sei, Tu che parli? E per ordine di chi parli?».
   «Non potevano i Profeti dire di loro stessi ciò che Io di Me stesso dico. Chi sono? L’Atteso, il Promesso, il Redentore. Già avete udito colui che lo precorre dire: “Preparate la via del Signore… Ecco il Signore Iddio che viene… Come un pastore pascerà il suo gregge, pure essendo l’Agnello della Pasqua vera”. Fra voi sono quelli che hanno udito dal Precursore queste parole e hanno visto balenare il cielo per una luce che scendeva in forma di colomba, e udito una voce che parlava dicendo chi ero. Per ordine di chi parlo? Di Colui che è e che mi manda».
   «Tu lo puoi dire, ma puoi esser anche un mentitore o un illuso. Le tue parole sono sante, ma talora Satana ha parole di inganno tinte di santità per trarre in errore. Noi non ti conosciamo».
«Io sono Gesù di Giuseppe della stirpe di Davide, nato a Betlem Efrata, secondo le promesse, detto nazareno perché a Nazaret ho casa. Questo secondo il mondo. Secondo Dio sono il suo Messo. I miei discepoli lo sanno».
   «Oh! loro! Possono dire ciò che vogliono e ciò che Tu fai loro dire».
   «Un altro parlerà, che non mi ama, e dirà chi sono. Attendi che Io chiami un di questi presenti».

 7 Gesù guarda la folla che è stupita dalla disputa, urtata e divisa fra opposte correnti. La guarda, cercando qualcuno coi suoi occhi di zaffiro, poi chiama forte: «Aggeo! Vieni avanti. Te lo comando». Grande brusio fra la folla, che si apre per lasciar passare un uomo, tutto scosso da un tremito e sorretto da una donna.
   «Conosci tu quest’uomo?».
   «Sì. È Aggeo di Malachia, qui di Cafarnao. Posseduto è da uno spirito malvagio che lo dissenna in furie repentine».
   «Tutti lo conoscono?».
   La folla grida: «Sì, sì».
   «Può alcuno dire che fu meco in parole, anche per pochi minuti?».
   La folla grida: «No, no, quasi ebete è, e non esce mai dalla sua casa, e nessuno ti ha visto in essa».
   «Donna, portalo a Me davanti».
   La donna lo spinge e trascina, mentre il poveretto trema più forte. 
   L’archisinagogo avverte Gesù: «Sta’ attento! Il demonio sta per tormentarlo… e allora si avventa, graffia e morde». 
   La folla fa largo, pigiandosi contro le pareti. 
   I due sono ormai di fronte. Un attimo di lotta. Pare che l’uomo, uso al mutismo, stenti a parlare e mugola, poi la voce si forma in parola: «Che c’è fra noi e Te, Gesù di Nazaret? Perché sei venuto a tormentarci? Perché a sterminarci, Tu, Padrone del Cielo e della terra? So chi sei: il Santo di Dio. Nessuno, nella carne, fu più grande di Te, perché nella tua carne d’uomo è chiuso lo Spirito del Vincitore eterno. Già mi hai vinto in…».
   «Taci! Esci da costui. Lo comando».
   L’uomo è preso come da un parossismo strano. Si dimena a strattoni, come se ci fosse chi lo maltratta con urti e strapponate, urla con voce disumana, spuma e poi viene gettato al suolo da cui poi si rialza stupito e guarito.

 8 «Hai udito? Che rispondi ora?» chiede Gesù al suo oppositore.
   L’uomo barbuto e impaludato fa una alzata di spalle e, vinto, se ne va senza rispondere. La folla lo sbeffeggia e applaude Gesù.
   «Silenzio. Il luogo è sacro!» dice Gesù, e poi ordina: «A Me il giovane al quale ho promesso aiuto da Dio».
   Viene il malato. Gesù lo carezza: «Hai avuto fede! Sii sanato. Va’ in pace e sii giusto».
   Il giovane ha un grido. Chissà che sente? Si prostra ai piedi di Gesù e li bacia ringraziando: «Grazie per me e per la madre mia!».
   Vengono altri malati: un bimbo dalle gambine paralizzate. Gesù lo prende fra le braccia, lo carezza e lo pone in terra… e lo lascia. E il bambino non cade, ma corre dalla mamma, che lo riceve sul cuore piangendo e che benedice a gran voce «il Santo d’Israele». Viene un vecchietto cieco, guidato dalla figlia. Anche lui viene sanato con una carezza sulle orbite malate.
La folla è in un tumulto di benedizioni.
   Gesù si fa largo sorridendo e, per quanto sia alto, non arriverebbe a fendere la folla se Pietro, Giacomo, Andrea e Giovanni non lavorassero di gomito generosamente e si aprissero un varco dal loro angolo sino a Gesù e, poi, lo proteggessero sino all’uscita nella piazza, dove ora non è più sole.
   La visione termina così.

   Cap. CVI. Cacciata da Nazareth e conforto alla Madre. Riflessioni su quattro contemplazioni.

Sera del 13 febbraio 1944

 1 Vedo uno stanzone quadrato. Dico stanzone, per quanto capisca che è la sinagoga di Nazareth (come mi dice l’interno ammonitore) perché non c’è altro che le pareti nude tinte di giallino e una specie di cattedra da un parte. Vi è anche un alto leggio con sopra dei rotoli. Leggio, scansia, dica come crede. E, insomma, una specie di tavola inclinata, sorretta su un piede e sulla quale sono allineati dei rotoli. Vi è della gente che prega, non come preghiamo noi, ma volti tutti da un lato con le mani non congiunte ma come su per giù sta un sacerdote all’altare. Vi sono delle lampade messe così: e sopra alla cattedra e al leggio. 
   E Non vedo lo scopo di questa veduta, che non si cambia e che mi resta fissa così per del tempo. Ma Gesù mi dice di scriverla e lo faccio…

 2 Mi trovo nella sinagoga di Nazareth, da capo. Ora il rabbino legge. Sento la cantilena della voce nasale, ma non capisco le parole dette in una lingua a me ignota. Fra la gente vi è anche Gesù coi cugini apostoli e con altri che sono certo parenti essi pure, ma che non conosco. 
   Dopo la lettura, il rabbino volge lo sguardo sulla folla in muta domanda. Gesù si fa avanti e chiede di tenere Lui l’adunanza, oggi. Odo la sua bella voce leggere il passo di Isaia citato dal Vangelo: 
   «Lo spirito del Signore è sopra di Me…». E odo il commento che Egli ne fa, dicendosi 
   «il portatore della Buona Novella, della legge d’amore che sostituisce il rigore di prima con la misericordia, per cui tutti coloro che la colpa d’Adamo fa malati nello spirito, e nella carne per riflesso, perché il peccato sempre suscita vizio, e il vizio malattia anche fisica, otterranno la salute. Per cui tutti coloro che sono prigionieri dello Spirito del male avranno liberazione. Io sono venuto a rompere queste catene, a riaprire la via dei Cieli, a dar luce alle anime accecate e udito alle anime sorde. 
   E’ venuto il tempo della Grazia del Signore. Ella è fra voi, Ella è questa che vi parla. I Patriarchi hanno desiderato vedere questo giorno, di cui la voce dell’Altissimo ha proclamato l’esistenza ed i Profeti hanno predetto il tempo. E già, portata a loro da ministero soprannaturale, conoscono che l’alba di questo giorno s’è levata, e il loro ingresso nel Paradiso è ormai vicino e ne esultano coi loro spiriti, santi ai quali non manca che la mia benedizione per esser cittadini dei Cieli. Voi lo vedete. Venite alla Luce che è sorta. Spogliatevi delle vostre passioni per esser agili a seguire il Cristo. Abbiate la buona volontà di credere, di migliorare, di volere la salute, e la salute vi sarà data. Essa è in mia mano. Ma non la do che a chi ha buona volontà di averla. Perché sarebbe offesa alla Grazia darla a chi vuol continuare a servire Mammona». 

 3 Il mormorio si leva per la sinagoga. Gesù gira lo sguardo. Legge sui volti e nei cuori e prosegue: «Comprendo il vostro pensiero. Voi, poiché sono di Nazareth, vorreste un favore di privilegio. Ma questo per il vostro egoismo, non per potenza di fede. Onde Io vi dico che in verità nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Altri paesi mi hanno accolto e mi accoglieranno con maggior fede, anche quelli il cui nome è scandalo fra di voi. Là Io mieterò i miei seguaci, mentre in questa terra nulla potrò fare, perché m’è chiusa e ostile. Ma vi ricordo di Elia e d’Eliseo. Il primo trovò fede in una donna fenicia e il secondo in un siro. E a quella e a questo poterono operare il miracolo. 
   I morenti di fame d’Israele ed i lebbrosi d’Israele non ebbero pane e mondezza, perché il loro cuore non aveva la buona volontà come perla fine che il Profeta vedeva. Questo succederà a voi pure, che siete ostili e increduli alla Parola di Dio».

 4 La folla tumultua e impreca e tenta mettere le mani addosso a Gesù. Ma gli apostoli-cugini – Giuda, Giacomo e Simone – lo difendono, ed allora gli infuriati nazareni cacciano fuori dalla città Gesù. Lo inseguono con minacce, non solamente verbali, sino al ciglio del monte. Ma Gesù si volge e li immobilizza col suo sguardo magnetico, e passa incolume in mezzo a loro, scomparendo su per un sentiero del monte. 

 5 Vedo una piccola, piccolissima borgata. Un pugno di case. Una frazione, diremmo noi ora. É più alta di Nazareth, che si vede più sotto, e dista dalla stessa pochi chilometri. Una borgatella misera misera. 
   Gesù parla con Maria stando seduto su un muretto presso una casuccia. Forse è una casa amica, o per lo meno ospitale secondo le leggi dell’ospitalità orientale. E Gesù ci si è rifugiato dopo esser stato scacciato da Nazareth, per attendere gli apostoli che certo si erano sparsi nella zona mentre Egli era presso la Madre. 
   Con Lui non ci sono che i tre apostoli-cugini, i quali, in questo momento, sono raccolti nell’interno della cucina e parlano con una donna anziana che Taddeo chiama «madre». Perciò capisco che è Maria di Cleofa. É una donna piuttosto anziana e la riconosco per quella che era con Maria Ss. alle nozze di Cana. 
   Certo Maria di Cleofa e i figli si sono ritirati là per lasciare liberi Gesù e la Madre di parlare.

 6 Maria è afflitta. Ha saputo del fatto della sinagoga ed è addolorata. Gesù la consola. Maria supplica il Figlio di stare lontano da Nazareth, dove tutti sono maldisposti verso di Lui, anche gli altri parenti, che lo giudicano un pazzo desideroso di suscitare rancori e dispute. Ma Gesù fa un gesto sorridendo. Pare dica: 
   «Ci vuol altro, lascia perdere!». Ma Maria insiste. Allora Egli risponde: 
   «Mamma, se il Figlio dell’uomo dovesse andare unicamente là dove è amato, dovrebbe volgere il suo passo da questa Terra e tornare al Cielo. Ho ovunque dei nemici. Perché la Verità è odiata, ed Io sono Verità. Ma Io non sono venuto per trovare facile amore. Io sono venuto per fare la volontà del Padre e redimere l’uomo. L’amore sei tu, Mamma, il mio amore, quello che mi compensa di tutto. Tu e questo piccolo gregge, che tutti i giorni si accresce di qualche pecorella che Io strappo ai lupi delle passioni e porto nell’ovile di Dio. Il resto è il dovere. Sono venuto per compiere questo dovere e lo devo compiere anche fino a sfracellarmi contro le pietre dei cuori tetragoni al bene. Anzi, solo quando sarò caduto, bagnando di sangue quei cuori, Io li ammollirò stampandovi il mio segno che annulla quello del Nemico. 
   Mamma, sono sceso dal Cielo per questo. Non posso che desiderare di compiere questo». 
   «Oh! Figlio! Figlio mio!». Maria ha la voce straziata. Gesù la carezza. Noto che Maria ha sul capo, oltre il velo, anche il manto. É più che mai velata, come una sacerdotessa. 

 7 «Starò assente qualche tempo, per farti contenta. Quando sarò vicino manderò ad avvisarti». 
   «Manda Giovanni. Mi pare di vedere un poco Te nel vedere Giovanni. Anche la madre sua è piena di cure per me e per Te. Ella spera, è vero, un posto di privilegio per i suoi figli. É donna ed è mamma, Gesù. Bisogna compatirla. Ne parlerà anche a Te. Ma ti è devota sinceramente. E quando sarà liberata dall’umanità, che fermenta in lei come nei suoi figli, come negli altri, come in tutti, Figlio mio, sarà grande nella fede. 
   É doloroso che tutti sperino da Te un bene umano, un bene che, anche se non è umano, è egoista. Ma il peccato è in loro con la sua concupiscenza. Ancora l’ora benedetta, e tanto, tanto temuta, per quanto l’amore di Dio e dell’uomo me la faccia desiderare, in cui Tu annullerai il Peccato, non è venuta. Oh! quell’ora! Come trema il cuore della tua Mamma per quell’ora! Che ti faranno, Figlio? Figlio Redentore, di cui i Profeti dicono tanto martirio?». 
   «Non ci pensare, Mamma. Dio ti aiuterà in quell’ora. Me e te aiuterà Dio. E dopo sarà la pace. Te lo dico una volta ancora. Ora va’, ché la sera scende e lungo è il cammino. Io ti benedico».

 8 Dice Gesù: 
   «Piccolo Giovanni, molto lavoro oggi. Ma siamo indietro di un giorno e non si può andare piano. Ti ho dato la forza per questo, oggi. Le quattro contemplazioni te le ho concesse per poterti parlare sui dolori di Maria e miei, preparatori alla Passione. Avrei dovuto parlarne ieri, sabato, giorno dedicato a mia Madre. Ma ho avuto pietà. Oggi si riprende il tempo perduto. 
   Dopo i dolori che ti ho fatto conoscere, Maria ha avuto anche questi. Ed Io con Lei.

 9 Il mio sguardo aveva letto nel cuore di Giuda Iscariota. Nessuno deve pensare che la Sapienza di Dio non sia stata capace di comprendere quel cuore. Ma, come ho detto a mia Madre, egli ci voleva. 
   Guai a lui per esser stato il traditore! Ma un traditore ci voleva. Doppio, astuto, avido, lussurioso, ladro, e intelligente e colto più della massa, egli aveva saputo imporsi a tutti. Audace, mi spianava la via, anche se era via difficile. Gli piaceva, oltre tutto, emergere e far risaltare il suo posto di fiducia presso di Me. 
   Non era servizievole per istinto di carità. Ma unicamente perché era uno di quelli che voi chiamereste “faccendoni”.    Ciò gli permetteva anche di tenere la borsa e di avvicinare la donna. Due cose che, insieme alla terza, la carica umana, amava sfrenatamente. 
   La Pura, l’Umile, la Distaccata dalle ricchezze terrene, non poteva non avere ribrezzo di quel serpe. Io pure ne avevo ribrezzo. Ed Io solo ed il Padre e lo Spirito sappiamo quali superamenti ho dovuto sostenere per poterlo sopportare vicino. Ma te li spiegherò in altro tempo. 

10 Ugualmente non ignoravo l’ostilità dei sacerdoti, farisei, scribi e sadducei. Erano volpi astute che cercavano spingermi nella loro tana per sbranarmi. Avevano fame del mio sangue. E cercavano di mettermi trappole ovunque per catturarmi, per avere arma di accusa, per levarmi di mezzo. 
   Per tre anni è stata lunga l’insidia e non si è placata altro che quando mi hanno saputo morto. Quella sera hanno dormito felici. La voce del loro accusatore era per sempre estinta. Lo credevano. No. Non è ancora spenta. Non lo sarà mai e tuona, tuona e maledice i loro simili di ora. 
   Quanto dolore ebbe mia Madre per colpa di loro! Ed Io quel dolore non lo dimentico.

11 Che la folla fosse volubile, non era cosa nuova. Essa è la belva che lecca la mano del domatore, se è armata di scudiscio o se offre un pezzo di carne alla sua fame. Ma, basta che il domatore cada e non possa più usare lo scudiscio, oppure non abbia più prede per la sua fame, che essa si avventa e lo sbrana. Basta dire la verità ed essere dei buoni per essere odiati dalla folla dopo il primo momento di entusiasmo. La verità è rimprovero e monito. La bontà spoglia dello scudiscio e fa sì che i non buoni non temano più. Onde: “crucifige”, dopo aver detto: “osanna”. La mia vita di Maestro è satura di queste due voci. E l’ultima è stata “crucifige”. 
L’osanna è come l’anelito che prende il cantore per aver fiato di fare l’acuto. Maria, nella sera del Venerdì Santo, ha riudito in sé tutti gli osanna bugiardi, divenuti urli di morte per la sua Creatura, e ne è rimasta trafitta. Anche questo Io non lo dimentico. 

12 L’umanità degli apostoli! Quanta! Portavo sulle braccia, per alzarli al Cielo, dei massi che pesavano verso terra. Anche coloro che non si vedevano ministri di un re terreno come Giuda Iscariota, coloro che non pensavano come lui di salire, all’occorrenza, in mia vece sul trono, erano sempre, però, ansiosi di gloria. Venne il giorno che anche il mio Giovanni e suo fratello appetirono a questa gloria, che vi abbaglia come un miraggio anche nelle cose celesti. Non santo anelito al Paradiso, che voglio che abbiate. Ma desiderio umano che la vostra santità sia conosciuta. Non solo, ma esosità di cambiavalute, di usuraio per cui, per un poco di amore dato a Colui al quale Io vi ho detto dovete dare tutti voi stessi, pretendete un posto alla sua destra in Cielo.
   No, figli. No. Prima occorre saper bere tutto il calice che Io ho bevuto. Tutto: con la sua carità data in compenso dell’odio, con la sua castità contro le voci del senso, con la sua eroicità nelle prove, col suo olocausto per amore di Dio e dei fratelli. Poi, quando s’è tutto compiuto del proprio dovere, dire ancora: “Siamo servi inutili”, e attendere che il Padre mio e vostro vi conceda, per sua bontà, un posto nel suo Regno. Occorre spogliarsi, come mi hai visto spogliato nel Pretorio, di tutto ciò che è umano, tenendo solo quell’indispensabile che è rispetto verso il dono di Dio che è la vita, e verso i fratelli ai quali possiamo essere utili più dal Cielo che sulla Terra, e lasciare che Dio vi rivesta della stola immortale, fatta candida nel sangue dell’Agnello.

13 Ti ho mostrato i dolori preparatori della Passione. Altri te li mostrerò. Per quanto siano sempre dolori, è stato riposo per l’anima tua il contemplarli. Ora basta. Sta’ in pace».

Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, Regina del Cielo e della terra,
noi ci affidiamo per sempre a Te!