San Bernardo da Mentone – 15 giugno

Secondo una cronaca del XV secolo, San Bernardo sarebbe nato in un villaggio della Savoia oggi denominato St Bernard-Menton nell’anno 1020.

Nominato arcidiacono di Aosta, ricevette l’incarico di ristabilire la strada che attraversando il valico denominato anticamente Mons Jovis (Monte di Giove) collegava il Nord con il Sud Europa, importantissima via di transito che era decaduta nell’ultima fase dell’Alto Medioevo per l’incuria e per le continue aggressioni di briganti.

Facendo base nel monastero benedettino di Bourg-Saint-Pierre, posto nel villaggio svizzero di Saint-Pierre de Montjoux, Bernardo stabilì sul valico un nuovo monastero, incaricato dell’ospitalità e dell’assistenza dei viaggiatori, molti dei quali scendevano in Italia per raggiungere la Terra Santa. Alcune fonti gli attribuiscono anche la fondazione di un’analoga istituzione sull’Alpe Graia (Piccolo San Bernardo), ma la cosa non è certa.

San Bernardo fu anche un attivo predicatore, e si sforzò di migliorare la disciplina e la dottrina del clero, compiendo parecchi viaggi nelle diocesi vicine; durante uno di questi viaggi cadde malato nel monastero di San Lorenzo a Novara, e in quella città morì nel giugno del 1081.

MARTIROLOGIO ROMANO. Sul Mont-Joux nel Vallese, san Bernardo da Mentone, sacerdote, che, canonico e arcidiacono di Aosta, visse per molti anni tra le vette delle Alpi, dove costruì un rinomato monastero e due rifugi per i viandanti, tuttora recanti il suo nome.

Nome: San Bernardo da Mentone
Titolo: Sacerdote
Nascita: 1020, Savoia, Francia
Morte: 12 giugno 1081, Novara
Ricorrenza: 15 giugno
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Patrono di: Prato Sesia, Lamporo, Ailoche, Oltressenda Alta, Valdilana, Campiglia Cervo
Protettore: del corpo degli alpini

Don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo – 15 giugno

Non mi stancherò mai di ripeterlo: il cristianesimo è una questione di stile. Si, è lo stile di chi non fa le cose per essere visto o per sentirsi gratificato dagli applausi degli altri. È lo stile di chi sa che l’amore più bello è quello che non si fa vedere, che agisce silenziosamente, che gode solo di amare e non di sentirsi dire grazie.

“State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli”.

Dovremmo passare dalle logiche dell’apparenza alle logiche dell’appartenenza. Perché chi vuole apparire cerca conferme, chi si sente parte di qualcuno cerca invece solo il bene di questo qualcuno senza altre conferme. Potremmo avere quindi una madre che fa la buona madre nella speranza che i figli se ne accorgano, e che il marito l’apprezzi, oppure potremmo avere una madre che è una buona madre solo per il fatto che cerca il bene e la felicità dei figli e per questo a volte incassa anche le incomprensioni con il marito.

La prima madre è una donna che si sente sola e poco amata e cerca amore e conferme da chi le sta intorno. La seconda madre si sente profondamente amata e sa che quell’amore è più grande anche dell’essere capite fino in fondo e del grazie quasi mai detto dei figli per cui sta dando la vita ogni giorno.

“E il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”.

Così il nascondimento diventa il luogo della libertà e non dell’umiliazione ricercata. Tanto più rifuggiremo di metterci in mostra, di cercare contraccambio, di volere che gli altri se ne accorgano, tanto più significherà che ci sentiamo amati e liberi, e proprio per questo non cercheremo niente di più. Gesù ci parla nel Vangelo non per farci venire i sensi di colpa, ma per saper leggere i sintomi della nostra vita e così capire davvero qual è il nome del nostro problema. Dietro il sintomo dell’apparenza c’è quasi sempre una richiesta di amore e attenzione.

La vita spirituale è risposta a una domanda del genere.

Santa Germana Cousin prega per noi – 15 giugno

Germana Nacque a Frouzins nel 1570 in un piccolo abitato non lontano da Tolosa in una famiglia di modesta condizione. Dalla nascita ebbe una deformazione congenita al braccio destro e fu sempre di costituzione molto gracile.

Sin da piccola si ammalò di scrofolosi, malattia che le deturpò il viso per tutta la vita. Rimase orfana di madre poco dopo la sua nascita. Il padre si risposò con una donna che si curò ben poco di lei. Essendo impensabile per lei accedere all’istruzione o avere prospettive di matrimonio, fu mandata a pascolare le pecore, restando a dormire con loro nell’ovile.

Iniziò a frequentare la chiesa del suo paese e divenne molto devota, andando a messa e recitando il rosario tutti i giorni. Alcuni la deridevano chiamandola bigotta. Prese quindi a parlare con i suoi compagni più poveri, pastori e fanciulli come lei, degli insegnamenti ricevuti al catechismo, raccogliendo intorno a sé molti ragazzi cui spesso portava da casa delle pagnotte di pane per sfamarli.

La tradizione devozionale racconta che un giorno d’inverno Germana, dopo aver riempito il grembiule di pane, si accingeva a portarlo ai poveri, quando i genitori se ne accorsero e la rimproverarono; ma quando il grembiule venne aperto, era pieno di fiori invece che di pane.

Morì sola, appena trentenne, nella stalla dove dormiva, il 15 giugno 1601.

fonte:wikipedia.org

MARTIROLOGIO ROMANO. A Pibrac, nella diocesi di Tolosa, santa Germàna Cousin Vergine. Addetta alla custodia del gregge, visse umile e povera, e passò allo Sposo dopo aver tollerato molti stenti con somma pazienza. Dopo la morte rispiendette per moltissimi miracoli, e dal Sommo Pontefice Pio nono fu ascritta nel numero delle sante Vergini.

Nome: Santa Germana Cousin
Titolo: Vergine
Nascita: 1570, Frouzins, Tolosa
Morte: 15 giugno 1601, Pibrac, Francia
Ricorrenza: 15giugno
Tipologia: Commemorazione

Vangelo Mt 5, 43-48 : «Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli ».

Vangelo  Mt 5, 43-48
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Maria Valtorta: L’Evangelo come mi è stato rivelato

   Cap. CLXXI. Terzo discorso della Montagna: i consigli evangelici che perfezionano la Legge.

  25 maggio 1945

 1 Continua il discorso del Monte.
   Il luogo e l’ora sono sempre gli stessi. La gente è ancora più aumentata. In un angolo, presso un sentiero, come volesse udire ma non eccitare ripugnanze fra la folla, è un romano. Lo distinguo per la veste corta e il mantello diverso. Ancora vi sono Stefano ed Erma.
   E Gesù va lentamente al suo posto e riprende a parlare. 
   «Con quanto vi ho detto ieri non dovete giungere al pensiero che Io sia venuto per abolire la Legge. No. Solo, poiché sono l’Uomo e comprendo le debolezze dell’uomo, Io ho voluto rincuorarvi a seguirla col dirigere il vostro occhio spirituale non all’abisso nero, ma all’Abisso luminoso. Perché, se la paura di un castigo può trattenere tre volte su dieci, la certezza di un premio slancia sette volte su dieci. Perciò più che la paura fa la fiducia. Ed Io voglio che voi l’abbiate piena, sicura, per potere fare non sette parti di bene su dieci, ma dieci parti su dieci e conquistare questo premio santissimo del Cielo.
   Io non muto un iota della Legge. E chi l’ha data fra i fulmini del Sinai? L’Altissimo.
   Chi è l’Altissimo? Il Dio uno e trino.
   Da dove l’ha tratta? Dal suo Pensiero.
   Come l’ha data? Con la sua Parola.
   Perché l’ha data? Per il suo Amore.
   Vedete dunque che la Trinità era presente. Ed il Verbo, ubbidiente come sempre al Pensiero e all’Amore, parlò per il Pensiero e per l’Amore.
   Potrei smentire Me stesso? Non potrei. Ma posso, poiché tutto Io posso, completare la Legge, farla divinamente completa, non quale la fecero gli uomini che durante i secoli non la fecero completa ma soltanto indecifrabile, inadempibile, sovrapponendo leggi e precetti, e precetti e leggi, tratti dal loro pensiero, secondo il loro utile, e gettando tutta questa macia a lapidare e soffocare, a sotterrare e sterilire la Legge santissima data da Dio. Può una pianta sopravvivere se la sommergono per sempre valanghe, macerie e innondazioni? No. La pianta muore. La Legge è morta in molti cuori, soffocata sotto le valanghe di troppe soprastrutture. Io sono venuto a levarle tutte e, disseppellita la Legge, risuscitata la Legge, ecco che Io la faccio non più legge ma regina.

 2 Le regine promulgano le leggi. Le leggi sono opera delle regine, ma non sono da più delle regine. Io invece faccio della Legge la regina: la completo, l’incorono, mettendo sul suo sommo il serto dei consigli evangelici. Prima era l’ordine. Ora è più dell’ordine. Prima era il necessario. Ora è più del necessario. Ora è la perfezione. Chi la disposa, così come Io ve la dono, all’istante è re perché ha raggiunto il “perfetto”, perché non è stato soltanto ubbidiente ma eroico, ossia santo, essendo la santità la somma delle virtù portate al vertice più alto che possa esser raggiunto da creatura, eroicamente amate e servite col distacco completo da tutto quanto è appetito e riflessione umana verso qual che sia cosa. Potrei dire che il santo è colui al quale l’amore e il desiderio fanno da ostacolo ad ogni altra vista che Dio non sia. Non distratto da viste inferiori, egli ha le pupille del cuore ferme nello Splendore Ss. che è Dio e nel quale vede, poiché tutto è in Dio, agitarsi i fratelli e tendere le mani supplici. E senza staccare gli occhi da Dio, il santo si effonde ai fratelli supplicanti. Contro la carne, contro le ricchezze, contro le comodità, egli drizza il suo ideale: servire. Povero il santo? Menomato? No. E’ giunto a possedere la sapienza e la ricchezza vere. Possiede perciò tutto. Né sente fatica perché, se è vero che è un produttore continuo, è pur anche vero che è un nutrito di continuo. Perché, se è vero che comprende il dolore del mondo, è anche vero che si pasce della letizia del Cielo. Di Dio si nutre, in Dio si allieta. È la creatura che ha compreso il senso della vita.
   Come vedete, Io non muto e non mutilo la Legge, come non la corrompo con le sovrapposizioni di fermentanti teorie umane. Ma la completo. Essa è quello che è, e tale sarà fino all’estremo giorno, senza che se ne muti una parola o se ne levi un precetto. Ma è incoronata del perfetto. Per avere salute basta accettarla così come fu data. Per avere immediata unità con Dio occorre viverla come Io la consiglio. Ma poiché gli eroi sono l’eccezione, Io parlerò per le anime comuni, per la massa delle anime, acciò non si dica che per volere il perfetto rendo ignoto il necessario. Però di quanto dico ritenete bene questo: colui che si permette di violare uno fra i minimi di questi comandamenti sarà tenuto minimo nel Regno dei Cieli. E colui che indurrà altri a violarli sarà ritenuto minimo per lui e per colui che egli indusse alla violazione. Mentre colui che con la vita e le opere, più ancora che con la parola, avrà persuaso altri all’ubbidienza, costui grande sarà nel Regno dei Cieli, e la sua grandezza si aumenterà per ognuno di quelli che egli avrà portato ad ubbidire e a santificarsi così. 

 3 Io so che ciò che sto per dire sarà agro alla lingua di molti. Ma Io non posso mentire anche se la verità che sto per dire mi farà dei nemici.
   In verità vi dico che se la vostra giustizia non si ricreerà, distaccandosi completamente dalla povera e ingiustamente definita giustizia che vi hanno insegnata scribi e farisei; che se non sarete molto più, e veramente, giusti dei farisei e scribi, che credono esserlo con l’aumentare delle formule ma senza mutazione sostanziale degli spiriti, voi non entrerete nel Regno dei Cieli.
   Guardatevi dai falsi profeti e dai dottori d’errore. Essi vengono a voi in veste d’agnelli e lupi rapaci sono, vengono in veste di santità e sono derisori di Dio, dicono di amare la verità e si pascono di menzogne. Studiateli prima di seguirli.
   L’uomo ha la lingua e con questa parla, ha gli occhi e con questi guarda, ha le mani e con esse accenna. Ma ha un’altra cosa che testimonia con più verità del suo vero essere: ha i suoi atti. E che volete che sia un paio di mani congiunte in preghiera se poi l’uomo è ladro e fornicatore? E che due occhi che volendo fare gli ispirati si stravolgono in ogni senso, se poi, cessata l’ora della commedia, si sanno fissare ben avidi sulla femmina, o sul nemico, per lussuria o per omicidio? E che volete che sia la lingua che sa zufolare la bugiarda canzone delle lodi e sedurvi con i suoi detti melati, mentre poi alle vostre spalle vi calunnia ed è capace di spergiurare pur di farvi passare per gente spregevole? Che è la lingua che fa lunghe orazioni ipocrite e poi veloce uccide la stima del prossimo o seduce la sua buona fede? Schifo è! Schifo sono gli occhi e le mani menzognere.
   Ma gli atti dell’uomo, i veri atti, ossia il suo modo di comportarsi in famiglia, nel commercio, verso il prossimo ed i servi, ecco quello che testimoniano: “Costui è un servo del Signore”. Perché le azioni sante sono frutto di una vera religione. Un albero buono non dà frutti malvagi e un albero malvagio non dà frutti buoni. Questi pungenti roveti potranno mai darvi uva saporita? E quegli ancora più tribolanti cardi potranno mai maturarvi morbidi fichi? No, che in verità poche e aspre more coglierete dai primi e immangiabili frutti verranno da quei fiori, spinosi già pur essendo ancora fiori. L’uomo che non è giusto potrà incutere rispetto con l’aspetto, ma con quello solo. Anche quel piumoso cardo sembra un fiocco di sottili fili argentei che la rugiada ha decorato di diamanti. Ma se inavvertitamente lo toccate, vedete che fiocco non è, ma mazzo di aculei, penosi all’uomo, nocivi alle pecore, per cui i pastori lo sterpano dai loro pascoli e lo gettano a perire nel fuoco acceso nella notte perché neppure il seme si salvi. Giusta e previdente misura. Io non vi dico: “Uccidete i falsi profeti e gli ipocriti fedeli”. Anzi vi dico: “Lasciatene a Dio il compito”. Ma vi dico: “Fate attenzione, scostatevene per non intossicarvi dei loro succhi”.

 4 Come debba essere amato Dio, ieri l’ho detto. Insisto a come debba essere amato il prossimo.
   Un tempo era detto: “Amerai il tuo amico e odierai il tuo nemico” No. Non così. Questo è buono per i tempi in cui l’uomo non aveva il conforto del sorriso di Dio. Ma ora vengono i tempi nuovi, quelli in cui Dio tanto ama l’uomo da mandargli il suo Verbo per redimerlo. Ora il Verbo parla. Ed è già Grazia che si effonde. Poi il Verbo consumerà il sacrificio di pace e di redenzione e la Grazia non solo sarà effusa, ma sarà data ad ogni spirito credente nel Cristo. Perciò occorre innalzare l’amore di prossimo a perfezione che unifica l’amico al nemico.
   Siete calunniati? Amate e perdonate. Siete percossi? Amate e porgete l’altra guancia a chi vi schiaffeggia pensando che è meglio che l’ira si sfoghi su voi, che la sapete sopportare, anziché su un altro che si vendicherebbe dell’affronto. Siete derubati? Non pensate: “Questo mio prossimo è un avido”, ma pensate caritativamente: “Questo mio povero fratello è bisognoso” e dategli anche la tunica se già vi ha levato il mantello. Lo metterete nella impossibilità di fare un doppio furto perché non avrà più bisogno di derubare un altro della tunica.
   Voi dite: “Ma potrebbe essere vizio e non bisogno”. Ebbene, date ugualmente. Dio ve ne compenserà e l’iniquo ne sconterà. Ma molte volte, e ciò richiama quanto ho detto ieri sulla mansuetudine, vedendosi così trattato, cade dal cuore del peccatore il suo vizio, ed egli si redime giungendo a riparare il furto col rendere la preda.
   Siate generosi con coloro che, più onesti, vi chiedono, anziché derubarvi, ciò di cui abbisognano. Se i ricchi fossero realmente poveri di spirito come ho insegnato ieri, non vi sarebbero le penose disuguaglianze sociali, cause di tante sventure umane e sovrumane. Pensate sempre: “Ma se io fossi nel bisogno, che effetto mi farebbe la ripulsa di un aiuto?”, e in base alla risposta del vostro io agite. Fate agli altri ciò che vorreste vi fosse fatto e non fate agli altri ciò che non vorreste fatto a voi.
   L’antica parola: “Occhio per occhio, dente per dente”, che non è nei dieci comandi ma che è stata messa perché l’uomo privo della Grazia è tal belva che non può che comprendere la vendetta, è annullata, questa sì che è annullata, dalla nuova parola: “Ama chi ti odia, prega per chi ti perseguita, giustifica chi ti calunnia, benedici chi ti maledice, benefica chi ti fa danno, sii pacifico col rissoso, condiscendente con chi ti è molesto, soccorri di buon grado chi a te ricorre e non fare usura, non criticare, non giudicare”. Voi non sapete gli estremi delle azioni degli uomini. In tutti i generi di soccorso siate generosi, misericordiosi siate. Più darete più vi sarà dato, e una misura colma e premuta sarà versata da Dio in grembo a chi fu generoso. Dio non solo vi darà per quanto avete dato, ma più e più ancora. Cercate di amare e di farvi amare. Le liti costano più di un accomodamento amichevole e la buona grazia è come un miele che a lungo resta col suo sapore sulla lingua.

 5 Amate, amate! Amate amici e nemici per essere simili al Padre vostro che fa piovere sui buoni e sui cattivi e fa scendere il sole sui giusti e sugli ingiusti riservandosi di dare sole e rugiade eterne, e fuoco e grandine infernali, quando i buoni saranno scelti, come elette spighe, fra i covoni del raccolto. Non basta amare coloro che vi amano e dai quali sperate un contraccambio. Questo non è un merito, è una gioia, e anche gli uomini naturalmente onesti lo sanno fare. Anche i pubblicani lo fanno e anche i gentili. Ma voi amate a somiglianza di Dio e amate per rispetto a Dio, che è Creatore anche di quelli che vi sono nemici o poco amabili. Io voglio in voi la perfezione dell’amore e perciò vi dico: “Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro che è nei Cieli.
   Tanto è grande il precetto d’amore verso il prossimo, il perfezionamento del precetto d’amore verso il prossimo, che Io più non vi dico come era detto: “Non uccidete”, perché colui che uccide sarà condannato dagli uomini. Ma vi dico: “Non vi adirate” perché un più alto giudizio è su voi e calcola anche le azioni immateriali. Chi avrà insultato il fratello sarà condannato dal Sinedrio. Ma chi lo avrà trattato da pazzo, e perciò danneggiato, sarà condannato da Dio. Inutile fare offerte all’altare se prima non si è sacrificato nell’interno del cuore i propri rancori per amore di Dio e non si è compito il rito santissimo del saper perdonare. Perciò se quando stai per offrire a Dio tu ti sovvieni di avere mancato verso il tuo fratello o di avere in te rancore per una sua colpa, lascia la tua offerta davanti all’altare, fa’ prima l’immolazione del tuo amor proprio, riconciliandoti col tuo fratello, e poi vieni all’altare, e santo sarà allora, solo allora, il tuo sacrificio. Il buon accordo è sempre il migliore degli affari. Precario è il giudizio dell’uomo, e chi ostinato lo sfida potrebbe perdere la causa e dovere pagare all’avversario fino all’ultima moneta o languire in prigione. Alzate in tutte le cose lo sguardo a Dio. Interrogatevi dicendo: “Ho io il diritto di fare ciò che Dio non fa con me?”. Perché Dio non è così inesorabile e ostinato come voi siete. Guai a voi se lo fosse! Non uno si salverebbe. Questa riflessione vi induca a sentimenti miti, umili, pietosi. E allora non vi mancherà da parte di Dio, qui e oltre, la ricompensa.

 6 Qui, a Me davanti, è anche uno che mi odia e che non osa dirmi: “Guariscimi”, perché sa che Io so i suoi pensieri. Ma Io dico: “Sia fatto ciò che tu vuoi. E come ti cadono le scaglie dagli occhi così ti cadano dal cuore il rancore e le tenebre”.
   Andate tutti con la mia pace. Domani ancora vi parlerò». 
   La gente sfolla lentamente, forse in attesa di un grido di miracolo che non viene. Anche gli apostoli e i discepoli più antichi, che restano sul monte, chiedono: «Ma chi era? Non è guarito forse?» e insistono presso il Maestro che è rimasto in piedi, a braccia conserte, a veder scendere la gente. 
Ma Gesù sulle prime non risponde; poi dice: «Gli occhi sono guariti. L’anima no. Non può perché è carica di odio». 
   «Ma chi è? Quel romano forse?». 
   «No. Un disgraziato».
   «Ma perché lo hai guarito, allora? » chiede Pietro. 
   «Dovrei fulminare tutti i suoi simili?». 
   «Signore… io so che Tu non vuoi che dica: “sì “, e perciò non lo dico.. – ma lo penso.. – ed è lo stesso…»   
   «E’ lo stesso, Simone di Giona. Ma sappi che allora… Oh! quanti cuori pieni di scaglie d’odio intorno a Me! Vieni. Andiamo proprio là in cima, a guardare dall’alto il nostro bel mare di Galilea. Io e te soli».

Facoltativo (e dello stesso periodo della Vita di Gesù Cristo)

   Cap. CLXXXIII. La guarigione di un uomo ferito in casa di Maria di Magdala.

  12 agosto 1944.

 1 Il collegio apostolico al completo è intorno a Gesù. Seduti sull’erba, al fresco di un ciuffo d’alberi, presso un rio, tutti mangiano pane e formaggio e bevono dell’acqua del rio che è fresca e limpida. I sandali polverosi dicono che già molta strada è stata fatta e forse i discepoli non chiederebbero che di riposare nell’erba alta e fresca.
   Ma l’instancabile Camminatore non è di questo parere. Non appena giudica passata l’ora più calda, si alza in piedi e si fa sulla via e guarda… Poi si volge e dice:«Andiamo». Semplicemente.
   Giunti ad un bivio, anzi ad un quadrivio perché quattro vie polverose si uniscono in quel punto, Gesù prende risolutamente quella che va in direzione nord-est.
   «Torniamo a Cafarnao?» chiede Pietro.
   Gesù risponde: «No». Unicamente: no.
   «Allora a Tiberiade» insiste Pietro che vuole sapere.
   «Neppure». 
   «Ma questa via va al mar di Galilea… e lì vi è Tiberiade e Cafarnao…»
   «E vi è anche Magdala» dice Gesù con un volto semiserio per far calmare la curiosità di Pietro.
   «Magdala? Oh!… ». Pietro è un poco scandalizzato, il che mi fa pensare che questa città abbia cattiva fama.
   «A Magdala. Sì. A Magdala. Reputi di esser troppo onesto per entrarvi? Pietro, Pietro!… Per amor mio dovrai entrare non in città di diletto, ma in veri lupanari… – Non è venuto il Cristo per salvare i salvati ma per salvare i perduti… e tu… tu sarai Pietro o Cefa, e non Simone, per questo. Hai paura di contaminarti? No! Neppur questo, vedi? (e accenna al giovanissimo Giovanni) neppur questo ne avrà danno. Lui no perché non vuole. Come non vuoi tu, come non vuole tuo fratello e il fratello di Giovanni… come nessuno di voi, per ora, vuole. Finché non si vuole non avviene male. Ma occorre non volere fortemente e costantemente. Forza e costanza si acquistano dal Padre, pregando con sincerità di intenti. Non tutti saprete, in seguito, sempre pregare così… Che dici Giuda? Non ti fidare troppo di te stesso. Io, che sono il Cristo, prego costantemente per avere forza contro Satana. Sei tu da più di Me? L’orgoglio è fessura per cui Satana penetra. Sii vigilante e umile, Giuda. Matteo, tu che sei molto pratico del luogo, dimmi: è meglio entrare da questa via o ve ne è un’altra?».
   «Secondo, Maestro. Se vuoi andare nella Magdala dei pescatori e dei poveri questa è la via. Da qui si entra nel sobborgo popolare. Ma – non lo credo ma lo dico per darti ampia risposta – ma se vuoi andare dove sono i ricchi, allora bisogna lasciare fra qualche cento metri questa strada e prenderne un’altra, perché le case ricche sono quasi a quest’altezza e bisogna tornare indietro…»
   «Torneremo indietro perché è nella Magdala dei ricchi che voglio andare. Che hai detto, Giuda?».
   «Nulla, Maestro. E la seconda volta che me lo chiedi in poco tempo. Ma io non ho mai parlato».
   «Con le labbra no. Ma hai parlato, mormorando, col tuo cuore. Hai fatto della mormorazione col tuo ospite: il cuore. Non è necessario avere un’altra creatura per interlocutrice, per parlare. Molte parole le diciamo noi a noi… Ma non bisogna commettere mormorazione o calunnia neppure col proprio io». 

 2 Il gruppo cammina, in silenzio adesso. La strada, da maestra, si fa cittadina, con una pavimentazione a pietre larghe un palmo quadrato. Le case sono sempre più ricche e belle fra orti e giardini rigogliosi e fioriti. Ho l’impressione che la Magdala elegante fosse per i palestinesi una specie di luogo di piacere come certe cittadine dei nostri laghi lombardi: Stresa, Gardone, Pallanza, Bellagio, ecc. ecc. Ai ricchi palestinesi sono mescolati romani, certo venuti da altri luoghi come Tiberiade o Cesarea, dove intorno al Governatore saranno certo stati dei funzionari e dei negozianti per esportare a Roma le cose più belle prodotte dalla colonia palestinese.
   Gesù si inoltra, sicuro come sapesse dove andare. Costeggia il lago al cui limite si affacciano le case coi loro giardini. Un grande coro di pianti esce da una ricca dimora.
   Son voci di donne e bambini e, acutissima, una femminile che grida: « Figlio! Figlio!».
   Gesù si volge e guarda i suoi apostoli. Giuda si fa avanti. «Non tu» ordina Gesù.
   «Tu, Matteo. Va’ e domanda».
   Matteo va e torna: «Una rissa, Maestro. Un uomo è morente. Un giudeo. Il feritore è scappato, era romano. Sono corse la moglie e la madre e i piccoli bimbi… Ma muore».
   «Andiamo».
   «Maestro… Maestro… Il fatto è avvenuto in casa di una donna… che non è la moglie».
   «Andiamo».

 3 Entrano dalla porta aperta in un largo e lungo vestibolo che dà poi su un bel giardino. Pare che la casa sia divisa da questa specie di peristilio coperto e molto ricco di piante verdi in vasi e di statue e oggetti d’intarsio. Un misto fra la sala e la serra. In una stanza, la cui porta è spalancata sul vestibolo, sono donne piangenti. Gesù entra sicuro. Non dà però il suo solito saluto. Fra gli uomini che sono presenti vi è un mercante che deve conoscere Gesù, perché appena lo vede dice: «Il Rabbi di Nazareth!» e lo saluta con rispetto.
   «Giuseppe, che è stato?».
   «Maestro, un colpo di pugnale, al cuore… Muore».
   «Perché?».
   Una donna grigia e spettinata si alza – era a ginocchi presso il morente al quale sorreggeva una mano già inerte – e con occhi da pazza stride: «Per lei, per lei… Me lo ha insatanassato… Più madre, più moglie, più figli c’erano per lui! L’inferno ti deve avere, satana!».
   Gesù alza gli occhi, seguendo la mano che tremando accusa, e vede nell’angolo, contro la parete color rosso cupo, Maria di Magdala più procace che mai, direi vestita… di niente per metà corpo, perché è seminuda dalla vita in su, in una specie di reticella a maglie esagonali di cosine tonde che mi paiono perline. Ma è in penombra e non vedo bene.
   Gesù riabassa gli occhi. Maria, sferzata dall’indifferenza, si erge, mentre prima era come accasciata, e si dà un contegno.
   «Donna» dice Gesù alla madre. «Non imprecare. Rispondi. Perché tuo figlio era in questa casa?».
   «Te l’ho detto. Perché lei lo aveva reso pazzo. Lei».
   «Silenzio. Lui pure era dunque in peccato perché adultero e padre indegno di questi innocenti. Merita dunque il suo castigo. In questa e nell’altra vita non c’è misericordia per colui che non si pente. Ma ho pietà del tuo dolore, donna, e di questi innocenti.

 4 E’ lontana la tua casa?».
   «Un cento metri».
   «Sollevate l’uomo e portatelo là».
   «Non è possibile, Maestro» dice il mercante Giuseppe.
   «Sta per morire». 
   «Fai quanto dico». Passano una tavola sotto il corpo del moribondo e il corteo esce lentamente. Traversa la via e penetra in un giardino ombroso. Le donne continuano a piangere rumorosamente. Appena dentro al giardino, Gesù si volge alla madre.
   «Puoi perdonare? Se tu perdoni, Dio perdona. Bisogna farsi il cuore buono per ottenere grazia. Costui ha peccato e peccherà ancora. Meglio per lui sarebbe morire, perché vivendo ricadrà nel peccato e dovrà rispondere anche della irriconoscenza verso Dio che lo salva. Ma tu e questi innocenti (e segna la moglie e i bambini) cadreste in disperazione. Io sono venuto per salvare e non perdere. Uomo, Io te lo dico: sorgi e guarisci».
   L’uomo riprende vita e apre gli occhi, vede la madre, i figli, la moglie, china il capo vergognoso.
   «Figlio, figlio» dice la madre.
   «Eri morto se Egli non ti salvava. Torna in te. Non delirare per una…»
   Gesù interrompe la vecchia. «Donna, taci. Usa la misericordia che t’è stata usata. La tua casa è santificata dal miracolo, che è sempre prova della presenza di Dio. Per questo Io non l’ho potuto compiere dove era il peccato. Sappi, tu almeno, serbarla tale se anche costui non lo saprà. Curatelo ora. E’ giusto che soffra qualche poco. Sii buona, donna. E tu. E voi piccoli. Addio».
   Gesù ha posato la mano sul capo delle due donne e dei piccini.

 5 Poi esce passando davanti alla Maddalena, che ha seguito sino al limite della via il corteo ed è rimasta addossata contro un albero. Gesù rallenta come per attendere i discepoli, ma credo lo faccia per dar modo a Maria di fare un gesto. Ma ella non lo fa.
   I dicepoli raggiungono Gesù, e Pietro non può trattenersi da dire fra i denti un epiteto appropriato a Maria. Questa, che vuol darsi un contegno, scoppia in una risata di ben povero trionfo.
   Ma Gesù ha udito la parola di Pietro e si volta severo: «Pietro, Io non insulto. Non insultare. Prega per i peccatori. Null’altro».
   Maria spezza il trillo della sua risata, china il capo e fugge come una gazzella in direzione della sua casa.

Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, noi ci affidiamo a Te!