Santa Candida di Roma prega per noi – 3 ottobre

Faceva parte di un gruppo di martiri della Via Ostiense a Roma, la cui salma fu trasferita nella chiesa di Santa Práxedes a Roma, per ordine di Papa San Pasquale I. Forse è la stessa Santa Candida che viene celebrata a Milano come martire e vergine.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma nel cimitero di Ponziano sulla via Portuense, santa Candida martire.

Nome: Santa Candida di Roma
Titolo: Martire
Ricorrenza: 3 ottobre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione

Beato Antonio Chevrier prega per noi – 2 ottobre

Antonio Maria Chevrier, nato a Lione il 16 aprile 1826, fece la prima comunione all’età di undici anni, continuando in seguito a comunicarsi molto di frequente benché la cosa fosse inusuale al suo tempo. Studiò per il sacerdozio a Lione, dove si distinse per bravura, e fu ordinato nel 1850. Nominato curato nella parrocchia di S. Andrea, in una zona operaia alla periferia della città, tutti ne poterono apprezzare la santità, lo zelo e l’assennatezza.

Nella notte di Natale del 1856, mentre era in preghiera davanti al presepio, ricevette una rivelazione sul significato della divina povertà e questo fatto lo influenzò per il resto della vita, indicandogli una nuova vocazione: si votò «a seguire Gesù Cristo il più dappresso possibile, per diventare capace di operare efficacemente per la salvezza delle anime».

In occasione dello straripamento del Rodano lavorò strenuamente per salvare la popolazione minacciata dalle acque e, in seguito, quando due persone facoltose aprirono una casa di accoglienza —”La Città del Bambin Gesù” — per i reduci dall’inondazione, S. Giovanni Maria Vianney (4 ago.) lo incoraggiò a diventarne il direttore spirituale. Egli vi lavorò per tre anni, con un duplice scopo: preparare i bambini poveri a ricevere il sacramento della prima comunione e fornire un alloggio ai senzatetto e agli indigenti.

Nel 1859, rendendosi conto che il lavoro era molto impegnativo, decise di fondare un nuovo movimento finalizzato all’aiuto dell’infanzia abbandonata e dei poveri. L’anno seguente poté acquistare una sala da ballo in disuso chiamata “Il Prado” e ne fece la sede dell’opera “La Provvidenza del Prado”. Visse lì per oltre vent’anni, sorretto in quest’attività da molti sacerdoti, che alla fine riunì nella “Società dei Preti del Prado”.

I membri, davvero pochi al tempo della sua morte, conobbero un grande aumento subito dopo e raggiunsero il numero di quasi cento verso la metà del Novecento. Essi vivevano in comunità, pur rimanendo preti secolari, seguendo la Regola del Terz’ordine francescano. Si costituì anche una comunità di suore, che seguivano la stessa regola, insegnavano catechismo alle ragazze in molte parrocchie e accudivano i malati.

Antonio nutriva un interesse particolare per la formazione spirituale dei sacerdoti e su questo argomento scrisse un certo numero di libri. Nel suo pensiero, il prete ideale dovrebbe imitare Cristo sia nella vita spirituale sia in un attivo apostolato svolto in una modesta parrocchia. I preti secolari, a suo parere, hanno due strade tra cui scegliere: quella che egli chiamava «la via ordinaria» e quella invece dei consigli evangelici per la perfezione; la santità sacerdotale consiste dunque nel scegliere questa seconda via.

Egli riteneva anche che i preti dovrebbero il più possibile affidare l’amministrazione temporale di una parrocchia ai laici, così da poter essere più liberi di esercitare la propria funzione specifica, essenzialmente spirituale. Il loro modo di predicare dovrebbe essere semplice e diretto, «una conversazione tra il prete e l’assemblea», e dovrebbero vivere in comunità, per quanto egli stesso riconoscesse che la vita parrocchiale ne limiti molto la possibilità. Durante l’ultimo anno di vita, soffrì a causa di dolorose ulcere; morì il 2 ottobre 1879 e fu seppellito nella cappella del Prado. Fu beatificato nel 1986 in occasione di una visita di papa Giovanni Paolo II a Lione.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Lione in Francia, beato Antonio Chevrier, sacerdote, che fondò l’Opera della Provvidenza del Prado per preparare i sacerdoti ad insegnare ai giovani poveri la fede cristiana.

Nome: Beato Antonio Chevrier
Titolo: Sacerdote
Nome di battesimo: Antoine Chevrier
Nascita: 16 aprile 1826, Lione, Francia
Morte: 2 ottobre 1879, Lione, Francia
Ricorrenza: 2 ottobre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione

Beato Antonio Rewera prega per noi – 1 ottobre

È nato a Samborzec in Polonia. Entrò nel seminario di Sandomierz, passando nel 1889 all’Accademia di San Pietroburgo, dove si laureò in Teologia. Fu ordinato sacerdote nel 1893. Aveva appena iniziato la sua attività di vicario della parrocchia della cattedrale di Sandomierz, quando fu nominato professore del seminario e, subito dopo, vicerettore dello stesso.

Grazie alla sua cultura e al suo zelo religioso, fu nominato direttore spirituale dei seminaristi. Nel 1903 entrò nel capitolo della cattedrale, di cui divenne decano. Papa Benedetto XV lo nominò suo prelato domestico. Gli fu affidata la direzione spirituale del Terz’Ordine di San Francesco e organizzò per il Terziario un’Associazione della Casa del Popolo. In essa fondò la Congregazione delle Figlie di San Francesco Serafico, che diresse fino all’arresto.

Nel 1942 fu arrestato dalla Gestapo. Dopo due settimane di prigione, fu mandato al campo di concentramento di Owiecim e da lì a Dachau. Non sopportava le dure condizioni del campo e morì quello stesso anno. Il suo corpo fu cremato. Papa Giovanni Paolo II lo elevò agli altari il 13 giugno 1999 nell’ambito della beatificazione, in Polonia, di 108 martiri della persecuzione nazista.

MARTIROLOGIO ROMANO. Vicino a Monaco di Baviera in Germania, beato Antonio Rewera, sacerdote e martire, che deportato dalla Polonia nel campo di prigionia di Dachau per la sua fede cristiana, ottenne tra i tormenti la corona del martirio.

Nome: Beato Antonio Rewera
Titolo: Sacerdote e martire
Nome di battesimo: Antonio Rewera
Nascita: 6 gennaio 1869, Samborzec, Polonia
Morte: 1 ottobre 1942, Dachau, Germania
Ricorrenza: 1 ottobre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione

Santa Rachele prega per noi – 30 settembre

Nacque Rachele in Mesopotamia figlia minore di Labano e seconda moglie di Giacobbe che incontrò per la prima volta vicino ad un pozzo nella terra di Carran e tra i due vi fu un’immediata attrazione. Giacobbe, infatti, sin dal primo momento colpito da Rachele, la aiutò ad abbeverare il bestiame.

Giacobbe, che si era recato in Mesopotamia per prendere come sua sposa una donna appartenente alla sua famiglia, si innamorò di Rachele e per poterla avere decise di prestare sette lunghi anni di lavoro al padre Labano. Venne però indotto con l’inganno a contratte matrimonio con Lia, la sorella maggiore di Rachele, con la quale ebbe quattro figli e si ritrovò costretto a lavorare per ulteriori sette anni prima di sposarsi con la donna amata.

A differenza della sorella minore, però, Rachele era sterile. Un giorno disse al marito Giacobbe: “Dammi dei figli se no muoio”. Di fronte all’impossibilità di poter avere con lei dei figli Giacobbe reagì con tono molto duro e le rispose che la vita è un dono divino.

Dinanzi a tale situazione Dio si ricordò di Rachele e decise di renderla feconda. La donna rimase incinta una prima volta e diede alla luce Giuseppe che fu poi venduto come schiavo in Egitto, ed una seconda volta mettendo al mondo Beniamino. Rachele, però, morì dopo pochi minuti dalla nascita del suo secondogenito a causa del travaglio molto complicato.

Santa Rachele, è ad oggi venerata come patrona delle mamme che hanno perso un figlio.

PRATICA Apprezziamo quotidianamente il dono della vita

PREGHIERA O Dio fa che quotidianamente possiamo ringraziarti per la vita che ci hai donato

Nome: Santa Rachele
Titolo: Seconda moglie di Giacobbe
Nascita: Paddan, Mesopotamia
Morte: Efrata, Israele
Ricorrenza: 30 settembre
Tipologia: Commemorazione

Maria che sciogli i nodi prega per noi – 28 settembre

Maria che scioglie i nodi è rappresentata in un dipinto del 1600 di Georg Melchior Schmidtner conservato nella chiesa di San Pietro ad Augusta (Augsburg), tenuta dai gesuiti. È qui che è stato ammirato dal giovane Jorge Maria Bergoglio, l’attuale Papa Francesco, che allora, nel 1986, si trovava in Germania per un soggiorno di studio.

Affascinato dalla storia di questo dipinto, una volta tornato in Argentina diffuse il culto della Madonna rappresentata in America Latina e poi in tutto il mondo.

Il dipinto deve la sua devozione alla storia che lo lega ad un matrimonio, quello tra il nobile Wolfgang Langenmantel e Sophia Rentz, avvenuto nel 1612 ed entrato in crisi appena 3 anni dopo. L’uomo si recò così dal gesuita Jakob Rem per chiedere consiglio a questi il quale affidò la questione a Maria Santissima, pregandola assieme durante gli incontri.

Il 28 settembre, nell’ultimo dei loro quattro incontri, Wolfgang consegnò a padre Rem il nastro nuziale, quello che si usava durante la celebrazione del matrimonio per legare le mani degli sposi quale segno del vincolo indissolubile.

Ma il nastro bianco appariva pieno di nodi giacché Sophia dopo ogni litigio con il marito, ne aggiungeva uno. Il sacerdote offrì il nastro nuziale alla Vergine dicendo: “Con questo atto religioso innalzo il vincolo del matrimonio, sciolgo tutti i nodi e lo appiano” i nodi si sciolsero miracolosamente e il matrimonio fu salvo.

A ricordare il miracolo accorso ai nonni, decenni dopo il nipote commissionò il dipinto che tanto ha colpito Papa Francesco e del quale ha detto: “Tutti abbiamo nodi nel cuore, mancanze, e attraversiamo difficoltà. Il nostro Padre buono, che distribuisce la grazia a tutti i suoi figli, vuole che noi ci fidiamo di Lei, che le affidiamo i nodi dei nostri mali, i grovigli delle nostre miserie che ci impediscono di unirci a Dio, affinché Lei li sciolga e ci avvicini al suo figlio Gesù.”

Nome: Maria che scioglie i nodi
Titolo: Risolutrice delle avversità 
Ricorrenza: 28 settembre
Tipologia: Commemorazione

Sant’ Iltrude di Liessies prega per noi – 27 settembre

Iltrude figlia di Ada, una nobildonna franca, e di Wiberto, conte di Poitiers e sorella di Gundrad, primo abate di Liessies. Destinata moglie di Hugo, conte di Borgogna, preferì consacrarsi a Dio, ricevendo, nel 768, il velo delle vergini, con la benedizione del vescovo di Cambrai; fu accolta dal fratello, che la mise in una cella dietro la cappella del loro monastero a Liessies. In questo luogo visse da reclusa per 17 anni, partecipando alla vita liturgica dell’abbazia. Quando morì fu sepolto in detta abbazia.

MARTIROLOGIO ROMANO. Nel cenobio di Liesse nell’Hainault, nel territorio dell’odierna Francia, santa Iltrude, vergine, che visse piamente, ritiratasi presso suo fratello Guntardo abate.

Nome: Sant’ Iltrude di Liessies
Titolo: Vergine
Nascita: VIII secolo, Poitiers, Francia
Morte: 800 circa, Liessies, Belgio
Ricorrenza: 27 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione

San Sergio di Radonez prega per noi – 25 settembre

Nel 1940 la Santa Sede autorizzò un calendario liturgico per i cristiani cattolici in comunione con Roma, che includeva le feste di circa trenta santi russi, ventuno dei quali mai comparsi in un calendario latino, come il monaco S. Sergio di Radonezh, il più famoso e il più importante dei pustinniky, ovvero uomini della solitudine, che contribuirono a far respirare una nuova aria in Russia dopo le invasioni dei tartari nel XIII secolo, che avevano distrutto la cultura urbana nel meridione, indebolito i monasteri e lasciato il popolo demoralizzato e in disgrazia.

Questo santo, battezzato con il nome Bartolomeo, nacque nel 1315 circa in una ricca famiglia vicino a Rostov, sotto l’ultimo governante indipendente, di cui suo padre era segretario personale. Non sembra sia stato dotato intellettualmente; il fatto d’essere meno brillante dei due fratelli lo preoccupò per un periodo ma, anche se non aveva un vero entusiasmo per lo studio, riuscì a raggiungere la sua sola ambizione, apprendendo quel tanto che era necessario per studiare la Bibbia. I genitori, Kiril e Marya, furono vittime della politica espansionistica del principato di Mosca che includeva la distruzione del potere e l’influenza di Rostov. Quando Bartolomeo aveva di quindici anni circa, l’intera famiglia fu costretta a fuggire dalla zona, e a sistemarsi alla fine in un piccolo paese chiamato Radonezh, a circa ottanta chilometri a nord est di Mosca, dove vissero lavorando la terra. Nel 1335, alla morte dei genitori e all’età di vent’anni, Bartolomeo partì assieme a suo fratello vedovo Istvan, che era già monaco a Khotkhovo, per diventare eremita e realizzare l’ambizione che aveva da tempo.

Scelsero come eremo un luogo chiamato Makovka, attualmente noto come Troike-Sergievskaya Lavra, un tratto di terra collinare in una foresta, a diversi chilometri dal più vicino insediamento umano, dove predisposero il terreno e si accinsero subito alla costruzione di una capanna di legno e di una cappella. Al termine dei lavori, il vescovo metropolitano di Kiev, soddisfacendo la loro richiesta, inviò un sacerdote che dedicasse la cappella alla SS. Trinità (Svjataja Troica) una dedicazione insolita in Russia in quegli anni.

La vita eremitica non fu facile, tra le tentazioni, e in mezzo a branchi di lupi ed orsi. Un giorno l’anacoreta (l’eremita) nutrì un grande orso ponendo un pezzo di pane sul ceppo di un albero. L’orso ne mangiò, e da quel momento si affezionò a Sergio e visse nei pressi del suo rifugio.

Dopo non molto tempo, Istvan, dopo essersi accorto che probabilmente la vita d’eremita non cra ciò che desiderava, entrò in un monastero a Mosca, mentre Bartolomeo restò a vivere nell’eremo, e per un breve periodo, non si seppe più nulla di lui. Il suo biografo parla di tentazioni demoniache, di notti trascorse in preghiera, della minaccia delle bestie feroci, e di altri fenomeni che ricordano il Padri del Deserto, con un’ovvia differenza: Sergio, che aveva ricevuto l’abito e il nome religioso da Metrofano di Khotkhovo, probabilmente nell’ottobre 1337, non dovette affrontare le condizioni del deserto egiziano, ma quelle di un ambiente difficile caratterizzato principalmente da vento, pioggia e freddo.

Inevitabilmente, quando si diffuse la fama di Sergio, cominciarono a raccogliersi intorno a lui dei discepoli, che si costruivano ognuno la sua capanna, dando così origine al monastero della SS. Trinità: quando vi furono dodici membri, Sergio accettò di essere il loro abate e ricevette l’ordinazione sacerdotale a Pereyaslav Zalesky.

«Pregate per me,» disse loro «sono totalmente ignorante, e ho ricevuto un talento dall’alto di cui dover rendere conto, oltre al gregge che mi è stato affidato.» Con l’aumento del numero dei monaci, si cominciò a discutere che forma di vita monastica avrebbe condotto il monastero della SS. Trinità. In Oriente esistevano due correnti: quella eremitica e “idioritmica”, in base a cui ogni monaco possedeva la sua cella distinta sul suo lotto di terra ed era interamente responsabile della propria vita spirituale, e quella cenobitica, che prevedeva che la vita dei monaci fosse comunitaria.

Sergio preferì seguire la seconda, per motivi pratici oltre che religiosi. Il monastero aveva attratto molti contadini, e poiché presto si sviluppò una città, le provviste alimentari erano diventate scarse. Nel 1354, incoraggiato dal patriarca ecumenico di Costantinopoli, Sergio indirizzò il monastero definitivamente in q uest’ ultima direzione, scegliendo di osservare la Regola di S. Teodoro Studita (11 nov.).

Sfortunatamente ciò causò dei problemi, come spesso avviene in seguito ai cambiamenti, poiché alcuni monaci, risentiti di ciò che stava accadendo, desideravano che la direzione del convento passasse al fratello Istvan, che aveva fatto ritorno portando con sé l’altro fratello. La questione terminò nel 1358, con un incidente che coinvolse i due gruppi, un sabato dopo i Vespri. Sergio, preferendo non litigare con i suoi fratelli, si allontanò tacitamente, e si stabilì da solo lungo il fiume Kerzhach, vicino al monastero di Makrish. Alcuni suoi seguaci della SS. Trinità lo raggiunsero presto, causando il conseguente declino del monastero, perciò il vescovo metropolitano Alessio di Mosca, temendo la chiusura totale, inviò un messaggio a Sergio, assente già da quattro anni, chiedendogli di ritornare. Sergio accettò immediatamente, nominò un nuovo abate per il convento di Kerzhach e ritornò alla SS. Trinità, dove i monaci furono «così felici che alcuni baciarono le mani del padre, altri i piedi, altri ancora i lembi del suo abito».

Come nel caso di S. Bernardo di Clairvaux (20 ago.), S. Ugo di Lin coln (17 nov.), e di molti altri monaci santi prima e dopo di lui, Sergio era consultato da autorità ecclesiastiche e politiche. Fu fatto più di un tentativo di convincerlo a diventare patriarca di Mosca, ma rifiutò, preferendo svolgere il suo compito di mediatore e riconciliatore alla SS. Trinità.

Compì uno dei suoi interventi più famosi nelle fasi finali della disputa tra il principe di Mosca, Dmitri Ivanovich Donskoy, e il capo dei tartari, khan Mamai. Il primo, dovendo decidere se ritirarsi o sferrare un’offensiva, che in caso di fallimento avrebbe avuto conseguenze disastrose per la Russia, chiese consiglio a Sergio, che gli ricordò il dovere di difendere il popolo che Dio gli aveva affidato e lo congedò, facendolo accompagnare da due dei monaci che in precedenza erano stati soldati, con le parole «Dio sia con te». I tartari furono cacciati l’8 settembre 1380 nella battaglia di Kulikovo Pole, e Sergio che in quel momento stava pregando, si dice abbia comunicato alla congregazione la vittoria un’ora dopo che era stata conseguita («poiché era un veggente»).

Il suo incarico di mediatore lo costrinse ad allontanarsi frequentemente dal monastero, e si afferma che abbia sempre viaggiato a piedi nonostante dovesse percorrere lunghe distanze, senza curarsi della fatica.

Nel 1685 intervenne per l’ultima volta nel campo della politica, recandosi a Riazan per far riconciliare il principe Oleg di Riazan con Dmitri Donskoy. Al ritorno da questo viaggio, rinunciò al suo incarico d’abate in favore del successore prescelto, S. Nikon. Alcuni dei suoi discepoli sono tra i personaggi più venerati della Chiesa russa: S. Sava, S. Metodio di Pesnoche, S. Sergio di La Nouroma, S. Silvestro di Obnorsk e S. Abramo di Galitch.

I biografi di Sergio parlano dei suoi «diversi miracoli incomprensibili» e di una visione della Madre di Dio, la prima annotata dall’agiografia russa, ma danno poche informazioni sui fenomeni estatici e altri stati soprannaturali insoliti.

Sotto alcuni aspetti, deve essere sembrato una persona piuttosto normale: era appassionato e abile nel campo della carpenteria e del giardinaggio e, anche se non si opponeva per niente all’attività intellettuale, pensava che il lavoro manuale fosse necessario a creare l’equilibrio dell’individuo. Non era certamente erudito e la sua predicazione non era particolarmente eloquente, e sebbene qualcuno sostenesse di essere stato guarito dalle sue preghiere, non era un “guaritore”.

Il popolo era attratto da lui e lo cercava per qualcos’altro: per la presenza in lui dello Spirito Santo, che ardeva con un calore speciale, come modo di fissare tutta la sua attenzione sul suo interlocutore.

Nell’aprile 1392, sentendo prossima la fine, Sergio rinunciò all’incarico d’abate e nominò un successore, poi si ammalò per la prima volta nella sua vita. Circondato dai confratelli, ricevette gli ultimi sacramenti e morì in pace il 25 settembre. Fu seppellito nella chiesa principale del monastero (ora attrazione caratteristica della città di Sergicv Posad, precedentemente chiamata Zagorsk), che divenne importante nella storia della Russia, poiché vi fu battezzato l’erede dello zar, e che, subito dopo la morte di Sergio, diventò meta di pellegrinaggio popolare fino ai giorni nostri.

Alla chiusura forzata del monastero durante la rivoluzione nel 1917, le reliquie furono collocate nel “museo antireligioso” locale, ma riportate nel 1945, quando al monastero fu concessa la riapertura. Sergio, canonizzato prima del 1449, resta il santo russo più popolare, ed è menzionato durante la preparazione degli oggetti sacri nella liturgia ortodossa russa.

MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero della Santissima Trinità a Mosca in Russia, san Sergio di Radonez, che, dopo aver condotto vita eremitica in foreste selvagge, abbracciò la vita cenobitica e, eletto egúmeno, la propagò, mostrandosi uomo mite, consigliere di príncipi e consolatore dei fedeli.

Nome: San Sergio di Radonez
Titolo: Religioso ed eremita
Nome di battesimo: Sergij Radonežskij
Nascita: 1315 circa, Rostov, Russia
Morte: 25 settembre 1392, Sergiev Posad, Russia
Ricorrenza: 25 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione

Sant’ Antonio Gonzalez prega per noi – 24 settembre

Antonio GonzAlez Sacerdote e martire, santo (m. Nagasaki 1637). Religioso domenicano di origine spagnola, missionario prima nelle Filippine e poi in Giappone, martirizzato all’età di 45 anni sulla collina Nishizaka presso Nagasaki, durante la persecuzione ordinata da Tokugawa Yemitsu, shogun del Giappone, contro tutti i cristiani che non avessero pubblicamente abiurato dalla loro fede. È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 18 febbraio 1981, a Manila (Filippine), insieme ad altri quindici martiri trucidati in Giappone tra il 1633 e il 1637; con essi é stato canonizzato il 18 ottobre 1987.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Nagasaki in Giappone, sant’Antonio González, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori e martire, che, mandato in Giappone con cinque compagni e poco dopo arrestato, fu sottoposto per due volte al supplizio dell’acqua e, preso dalla febbre, precedette gli altri nella morte sotto il comandante supremo Tokugawa Yemitsu.

Nome: Sant’ Antonio Gonzalez
Titolo: Domenicano, martire
Nome di battesimo: Antonio Gonzalez
Nascita: 1592 circa, León, Spagna
Morte: 24 settembre 1637, Nagasaki, Giappone
Ricorrenza: 24 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione

Sant’ Ignazio da Santhià prega per noi – 22 settembre

Lorenzo Maurizio Belvisotti, figlio di Pierpaolo e Maria Elisabetta Balocco, nacque il 5 giugno 1686 a Santhià nella diocesi di Vercelli. Si sa poco della sua infanzia, a parte il fatto che il padre morì mentre Lorenzo era ancora molto giovane, e per il resto molto materiale antico è agiografia stereotipata che non rivela molti dettagli sulla sua identità. La semplice narrazione degli eventi della sua vita è più chiara: la madre ne affidò l’educazione, in particolare quella religiosa, a un sacerdote del luogo, e in breve il ragazzo decise di abbracciare la vita ecclesiastica. Frequentò il seminario locale, dove ricevette l’ordinazione, e subito dopo divenne canonico della chiesa collegiata a Santhià, con l’incarico di parroco.

Tra lo stupore e lo sgomento dei parenti, che si auguravano ascendesse rapidamente al successo ecclesiastico, Lorenzo rifiutò, ed entrò invece nei frati minori cappuccini, con il nome d’Ignazio, pronunciando i voti nel 1717.

Nei successivi venticinque anni dedicò gran parte del tempo alla guida spirituale, diventando un confessore molto richiesto dalla gente appartenente a ogni ceto sociale, poi per quattordici anni fu maestro dei novizi, assistendo anche i soldati ricoverati negli ospedali militari, durante la guerra che scoppiò in quella zona nel 1743. Nel 1756 circa, andò a vivere nel convento dei cappuccini, del Monte, a Torino, dove trascorse il resto della vita insegnando il catechismo e offrendo rifugio ai religiosi. Non si sa quante opere scrivesse sui propri insegnamenti, ma è stato tramandato un libro, Meditazioni per un corso di esercizi spirituali, infine pubblicato a Roma nel 1912.

Ignazio morì in pace a Torino il 22 settembre 1770, è stato beatificato da papa Paolo VI (1963-1978) il 17 aprile 1966. Proclamato santo il 19 maggio 2002.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Torino, sant’Ignazio da Santhià (Lorenzo Maurizio) Belvisotti, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, assiduo nell’ascolto dei penitenti e nell’assistenza ai malati.

Nome: Sant’ Ignazio da Santhià
Titolo: Sacerdote cappuccino
Nome di battesimo: Lorenzo Maurizio Belvisotti
Nascita: 5 giugno 1686, Santhià, Vercelli
Morte: 22 settembre 1770, Torino
Ricorrenza: 22 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione

Beato Marco da Modena prega per noi – 21 settembre

Marco, nato nella famiglia Scalabrini, probabilmente a Mocogno, vicino a Modena, durante la prima metà del xv secolo, entrò nei domenicani a Modena, e divenne famoso come predicatore in tutta l’Italia settentrionale.

Per molti anni fu priore del convento domenicano di Pesaro, e durante questo periodo gli furono attribuiti molti miracoli. Il più conosciuto fu la guarigione, attestata da numerosi testimoni attendibili, del figlio di un dottore del posto.

Alla morte di Marco a Pesaro il 21 settembre 1498, il corpo fu seppellito nella chiesa domenicana, ma successivamente trasferito nella cappella della Madonna del Rosario, dove era venerato ogni anno il lunedì di Pentecoste, distrutta in seguito alla soppressione degli ordini religiosi; il reliquiario perciò fu trasportato nella chiesa dei francescani, poi nella cattedrale, tra il 1912 e 1949, quando Modena lo reclamò, e attualmente si trova nella chiesa dei domenicani in questa città. Il culto del B. Marco fu approvato nel 1857.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Pesaro, beato Marco da Modena Scalabrini, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che riuscì a ricondurre molti fuorviati sulla via della giustizia.

Nome: Beato Marco da Modena
Titolo: Domenicano
Nome di battesimo: Marco Scalabrini
Nascita: Moncogno, Modena
Morte: 1498, Pesaro
Ricorrenza: 21 settembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione